Domenica, 11 Febbraio 2024 08:29
Stranizza d'amuri. Per capire cosa siamo e dove andiamo
C'erano una volta due giovani innamorati.
Purtroppo non è il preambolo di una bella favola, una storia d'amore tra due adolescenti, ma un racconto ispirato ad un delitto consumato in un paesino della provincia siciliana all'inizio degli anni '80 del secolo scorso. Antonio e Giorgio, da tutto il paese soprannominati gli ziti , in senso spregiativo, vengono trovati morti, mano nella mano, uccisi con un colpo di pistola alla testa: una storia d'amore adolescenziale stroncata da ignoranza, violenza e mascolinità tossica.
L'atto criminale resta impunito, insabbiato in modo ignobile dall'omertà dei concittadini e dalla vergogna delle famiglie. Potremmo considerarlo solo un fatto di cronaca risalente a quattro decenni fa, ma in realtà non è estraneo al nostro tempo, potrebbe essere accaduto qualche giorno fa, in qualunque città, piccola o grande, del nostro Paese.
Da questa vicenda prende ispirazione l'esordio cinematografico di Beppe Fiorello.
I protagonisti del film, Gianni e Nino, si incontrano per caso e subito tra loro scatta una forte attrazione. I due ragazzi provengono da mondi vicini e insieme distanti, a cominciare dal contesto famigliare. In entrambe le famiglie maschi e femmine rispettano in modo ortodosso e rigido i ruoli di padri-padroni e madri-serve. Nino vive in campagna, in una sorta di famiglia allargata, amorevole e colorata . È un adolescente allegro e spensierato. Aiuta il padre che ha una ditta di fuochi d'artificio e ha una dote particolare nell'inventarne di nuovi. Gianni invece vive un'esperienza familiare e affettiva opposta, triste e angosciante. Abita con la madre, abbandonata dal marito, e il patrigno, un uomo violento e dispotico, che gli ha concesso di lavorare nella sua officina e non perde occasione per manifestargli tutto il proprio disprezzo. I ragazzi del paese, oziosi nella loro goliardia che maschera anche accenni di ambiguità sessuale, frequentano il bar di fronte all'officina e si divertono a prenderlo in giro, additandolo come omosessuale. Il ragazzo è costretto a sopportare una condizione di grande difficoltà umana e relazionale, è privato di ogni spazio intimo e sentimentale e schiacciato in un triangolo opprimente costituito da casa, officina e bar. L'incontro casuale con Nino, l'incidente con il motorino in cui restano coinvolti, per fortuna senza conseguenze, ne sconvolge l'esistenza, diventa un'occasione di libertà, di conquista dell'indipendenza economica e l'evento che fa esplodere l'esistenza. 'amore.
Beppe Fiorello tratteggia la realtà della Sicilia profonda, dove la vita delle persone del paese girare sembra intorno al bar, alla spiaggia, alle feste patronali e ai Mondiali di calcio del 1982, si concentra sulla caratterizzazione psicologica dei personaggi, dai carusi omofobi e intolleranti ai genitori dei due protagonisti, fa emergere un'umanità ruvida di lavoro, bruciata dal sole, dai vestiti sgualciti e il feroce patriarcato che caratterizza i rapporti familiari ed affettivi, anche della famiglia di Nino, soltanto in apparenza più aperta e tollerante, con le conseguenti dinamiche di oppressione maschile e di violenza. In questa storia lo sviluppo sociale e le aperture culturali delle città appaiono lontane dalla concretezza delle relazioni che si vivono ordinariamente , domina la mentalità del piccolo paese, chiusa, gretta e retriva, che crede di potersi proteggere dall'amore puro dell'adolescenza deridendolo, osteggiandolo e ricorrendo alla violenza.
Emblematicamente il film si apre con una battuta di caccia al coniglio cui accompagna Nino, il fratello più piccolo e lo zio. Il significato è evidente, vuole rappresentare il passaggio di testimone tra gli uomini della famiglia, tra una generazione e l'altra. Il “Non ti scantare” , ripetuto a Nino dallo zio armato di lupara, è una frase tutt'altro che rassicurante, possiede l'aspetto di una minaccia non tanto velata, costituisce una sollecitazione rivolta a Nino, che considera il proprio successore, perché si mantenga sulla retta via. Sgarrare, violare il codice d'onore della famiglia è impensabile. Qualora dovesse accadere, è immediato l'intervento implacabile dell'uomo di casa per ristabilire l'ordine violato. È quanto accade in occasione del processo inscenato contro Nino dal padre e dallo zio per il semplice sospetto di una sua omosessualità e soprattutto, con una sequenza assai più forte e icastica, nel pestaggio di Gianni davanti all'officina, che avviene nell'indifferenza degli avventori del bar ad eccezione di una ragazza che cerca di fermarli e con il sottofondo musicale di Dammi solo un minuto dei Pooh.
Beppe Fiorello racconta molto dell'omofobia di quegli anni e anche di quella di oggi, della discriminazione quotidiana e violenta nei confronti di quanti sono fuori dagli stereotipi stratificati, ma non cede alla tentazione di un film a tesi. La sua è un'opera poetica e vera, una rappresentazione senza giudizi e pregiudizi di un sentimento, un inno alla libertà di amarsi. I Mondiali di calcio, l'estate, gli anni '80, gli scenari incantevoli della Sicilia, la musica di Franco Battiato (una sua canzone dà il titolo al film) sono lo scenario della storia di un primo amore, di quella stranizza , della sorpresa che prende chiunque di fronte a un sentimento inesplorato e della difficoltà di crescere e farlo crescere nella cultura patriarcale del nostro paese.
Il film è costellato di momenti indugianti, in sospeso, intercapedini da cui affiorano e poi erompono barlumi emotivi, spiragli, vertigini sentimentali, immagini che ne custodiscono e ne contengono altre. L'adolescenza è uno spasimo delicatamente trattato, è attesa che qualcosa deflagri, in un quadro rigido, la Sicilia anni '80, che è refrattaria ai tumulti e fa secolare resistenza ad ogni più piccolo cambiamento.
Il carnefice vero dei ragazzi è il contesto dove vivono, l'universo culturale che assorbono e manifestano a loro insaputa. Tuttavia il giudizio a Fiorello non interessa, tanto che chiudendo il film bruscamente, rivelandone la verità soltanto allo scoccare dell'ultima inquadratura. Quando il mondo finisce non c'è null'altro da sentire. Nel momento preciso in cui l'Italia calcistica trionfa ed alza la coppa del mondo, l'Italia civile e sociale muore, crolla, viene annientata, fallisce di fronte alla morte insensata di due adolescenti innamorati, progenie e futuro delle rispettive famiglie . L'omicidio, nel film come nella realtà, è figlio di tradizioni antiquate, del pettegolezzo che diventa l'arma principale per annichilire la vittima, chi gli sta intorno e gli è caro, prima di infliggere il colpo finale, e dell'ipocrisia che condanna, emargina e sopprime l'omosessualità, ma ritiene normale una gravidanza a quindici anni o il totale abbandono di moglie e figlio per fuggire chissà dove.
Un film importante per capire cosa siamo e dove andiamo.
Pubblicato in
Riflessioni