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L’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, in collaborazione con il Comune di Sezze e con l’autorizzazione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Frosinone e Latina svolgerà nei mesi di luglio-agosto nuove ricerche presso il sito di grotta Vittorio Vecchi. La grotta, una delle più importanti dei monti Lepini ed intitolata ad un importante speleologo romano, è stata oggetto di ricerche archeologiche tra il 1988 e 1989 dirette dal Prof. A. Guidi in collaborazione con il CAI di Latina e dall'Associazione Romana 86. Lo scavo ha messo in luce un importante livello di frequentazione datato al II millennio avanti, uno dei contesti funerari più importanti dell’Italia centrale. Furono recuperati i resti scheletrici di circa 40 individui. Grazie a studi antropologici i resti umani recuperati “tornarono in vita” per raccontare chi erano, come vivevano e fosa mangiavano, il tutto conservato all’interno del Museo Archeologico di Largo Buozzi. Le nuove ricerche, che stanno per prendere il via, saranno impostate secondo le più avanzate tecnologie applicate agli scavi archeologici e vedono la partecipazione di una equipe interdisciplinare coordinata dal Prof. M.F. Rolfo dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Scopo delle ricerche sarà di indagare il deposito della grotta in profondità, per mettere in luce eventuali frequentazioni preistoriche più antiche, relative alla iena pleistocenica e ai gruppi umani paleolitici, nell’ambito del progetto di ricostruzione paleo-ambientale pleistocenica dell’area pontina. “Si tratta di un’altra importante azione che stiamo mettendo in campo sin dal nostro insediamento. Grotta Vittorio Vecchi rappresenta un sito di inestimabile valore e le ricerche precedenti hanno già portato alla luce reperti di grande interesse, che testimoniano la presenza umana e le attività svolte in questa area in epoche antiche. Ora, grazie alla collaborazione con esperti archeologi e istituzioni accademiche, ci apprestiamo a intraprendere una nuova campagna di scavi che promette di rivelare ulteriori preziosi segreti nascosti nel cuore della grotta. L'importanza di questi scavi – ha spiegato ancora il primo cittadino di Sezze – non risiede solo nella scoperta di nuovi reperti, ma anche nella possibilità di comprendere meglio la storia del nostro territorio, le abitudini e le culture dei nostri antenati. Ogni frammento, ogni manufatto che emergerà dalla grotta Vittorio Vecchi ci aiuterà a ricostruire con maggiore precisione il passato remoto di Sezze e di questa area dei Lepini, arricchendo il nostro patrimonio culturale e offrendoci nuove opportunità di valorizzazione turistica. Vorrei esprimere il mio più sentito ringraziamento a tutti coloro che stanno contribuendo a questo progetto: dagli archeologi ai ricercatori, dalle istituzioni, in primis l’università di Roma Tor Vergata, che supportano l'iniziativa ai cittadini che con il loro interesse e supporto ci ricordano quanto sia importante preservare e valorizzare la nostra storia”.

Pubblicato in Attualità
Domenica, 07 Luglio 2024 07:10

Il lusso di pensare

 

 

Nessuno può alienare a favore d'altri il proprio diritto naturale, inteso qui come facoltà di pensare liberamente”. (Baruch Spinoza)
 
Le nostre giornate sono talmente avvolte in un trambusto di suoni e voci da essere convinti che il silenzio sia anormalità, lo viviamo come fonte di ansia e disagio e lo rifuggiamo. Televisori ronzanti, radio gracchianti, brani musicali ascoltati in cuffia o in sottofondo, smartphone connessi compulsivamente sui social, computer sempre in funzione, luoghi di lavoro o svago traboccanti presenze ci rassicurano, ci scampano dal rischio di ritrovarci in silenzio e soli con noi stessi, ci permettono di schivare quanto non vogliamo vedere, di non misurarci con un pensare cosciente e profondo.
 
Oggi tutto orbita intorno all’estetica, all’apparire, all’appagare bramosie istintuali e immediate. Per leggerezza o trascuratezza abbiamo dismesso la capacità di indagare, di interrogarci, di cogliere l’ulteriore, di sviluppare idee originali, di interessi e progetti non indotti, di impiegare il tempo liberi da imposizioni. Domina un conformismo anestetizzante, un modaiolo standardizzarsi e quanti si arrischiano a pensare, a offrire simboli antagonisti, alternativi e dissonanti creano scompiglio, rompono equilibri, aprono prospettive e innescano dialoghi dagli esiti imprevedibili, suscitano conflitti, arroccamenti e reazioni dispotiche e intolleranti.
 
Siamo convinti di esercitare il pensare, quando invece ci siamo rintanati in un mondo artificioso, in cui il compito di cercare le risposte a paure, dubbi e incertezze l’abbiamo delegato ad altri, ai paladini di slogan e idee semplicistiche, emotivamente coinvolgenti e apparentemente di buon senso ma non stimolanti la nostra capacità analitica e percettiva del vero e del reale. Confondiamo il pensare con l’appropriarci di idee preconfezionate, riempiamo le nostre giornate di attività funzionali a non sentire il richiamo della razionalità, non cresciamo nella coscienza di quanto siamo e accade e non evolviamo culturalmente.
 
Pensare è un lusso che pochi si permettono. Potrà sembrare un’affermazione assurda e abnorme. Siamo iperconnessi, sappiamo tutto di tutti con un click e non sappiamo nulla, se non quello che gli altri vogliono farci conoscere. Prendiamo spunto da internet, dai social media e non ci domandiamo se quanto vediamo, leggiamo e pensiamo è una nostra elaborazione, dipende dalle nostre esperienze e relazioni, quali effetti produce il ragionamento altrui in noi, articolato e offerto in modo da colpirci. Le affermazioni urlate e ripetute ossessivamente, gli slogan semplificatori di problemi complessi, i tecnicismi astrusi producono la fatica di elaborare un giudizio ponderato. Enfatizzare ritardi, negatività e criticità, demonizzare le scelte a prescindere se siano giuste o sbagliate, assolutizzare il dettaglio e il relativo significa creare una narrazione falsata, condizionare la percezione del reale, che diviene irrilevante rispetto alla convinzione indotta. Non abbiamo bisogno di vedere amplificate e rese incontrollabili le paure, finalizzate all’incondizionata affermazione di interessi particolari, di farci irretire da promesse irrealizzabili, ma di tornare a credere e sperare in una società più giusta, non guardando con sospetto il vicino, vivendo in armonia tra diversi e perseguendo lo sviluppo possibile.
 
Pensare non si concilia con la superficialità perché significa dissodare pazientemente i campi della nostra umanità, cercare ciò che ha valore e muove i processi in cui siamo immersi. Il pensiero non è un sistema precostituito di idee, ma è desiderio di capire, è porre domande senza dubitare di ogni cosa divenendo prigionieri dello scetticismo, è non lasciare che intorno a noi tutto fluisca via senza toccarci, è rifuggire l’immobilismo.
 
Pensare non è una analisi asettica e sterile, ma è piegarsi sulla realtà, farla propria, discernere le priorità, riconoscere il valore e dare senso a quanto diciamo e facciamo, avendo un punto di partenza e uno di approdo, è assunzione di responsabilità perché conoscere non è mai fine a se stesso e sganciato dall’agire.
 
Pensare non è esercizio solitario, ma relazionarci con l’altro da noi. Solo attraverso il confronto, che è prioritariamente ascolto, possiamo capire, scoprire il giusto e il vero e imparare ad operare. La verità è una scoperta che nasce dal dialogo e dalla condivisione di prospettive e sguardi diversi.
 
Amano il pensare quanti non si accontentano di inabissarsi nel materialismo e nella massificazione, considerano il pensiero critico il motore della storia, la via per il suo perenne rinnovamento, per guardare oltre, stabilire nuovi legami e promuovere integralmente l’uomo, aprendo le porte ad un vivere umanamente più bello e stabile e lo osteggiano quanti temono la sua forza di emancipare da subalternità e inquisizioni, di orientare la cultura e connotare regole e comportamenti, da quanti detengono il potere e vorrebbero controllare menti e sentimenti, gestire e asservire le persone ai propri fini autoconservativi.    
 
Dobbiamo diffidare fortemente di quanti vogliono convincerci, inculcarci le loro idee, impedire la nostra libertà di espressione e riappropriarci del ragionare creativo e trasformativo, metterci davanti ai nostri pensieri, domandarci qual è la loro origine, da dove sorgono, da dove ci giungono, da quando ne siamo persuasi e quali prove abbiamo della loro validità. Tempo e silenzio sono indispensabili per approfondire e ricercare e non dobbiamo temere di inoltrarci per strade ignote e dalla meta indefinita. Così quando giungerà il momento delle scelte non saremo impreparati, marionette nelle mani di altri, a quali abbiamo delegato la nostra facoltà primaria e il nostro agire sarà veramente nostro, espressione di una libertà che affonda le radici in una coscienza formata ed educata.
 
Pubblicato in Riflessioni