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Sabato, 01 Febbraio 2025 20:06

Il torturatore liberato

 

 

Dopo il tragico naufragio di un barcone di migranti, in cui persero la vita cento persone il 26 febbraio 2023, di fronte alle coste di Cutro e di cui ancora non sono state chiarite le responsabilità, la (o il?) Presidente Giorgia Meloni assunse il solenne impegno, al termine del Consiglio dei Ministri convocato nella cittadina calabra, di perseguire i trafficanti di esseri umani su tutto l’orbe terraqueo.
 
Parole al vento e vuota retorica, utili a lucrare vantaggi elettorali e nulla più.
 
Forti con i deboli e deboli con i forti, Giorgia Meloni e il suo governo hanno varato norme restrittive contro quanti fuggono da carestie, guerre e povertà e garantiscono l’impunità a scafisti e torturatori. Lo prova in maniera eclatante il rilascio di Osama Njeem Elamsry detto Almasri, il capo della polizia giudiziaria di Tripoli, arrestato a Torino su mandato spiccato dalla Corte Penale Internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità e non solo rimesso in libertà per un errore procedurale, ma riaccompagnato in Libia a bordo di un aereo di Stato dell’Aereonautica Militare, dove è stato accolto da una folla festante.
 
Il silenzio del governo e l’inerzia del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, hanno impedito la convalida dell’arresto e la consegna di questo feroce criminale, trafficante di esseri umani e torturatore del lager di Mitiga, alla Corte Penale dell’Aja.   
 
Almasri era giunto in Italia dalla Germania per assistere al match Juventus - Milan. La Corte Penale Internazionale aveva inoltrato una richiesta di arresto del libico a sei Stati, tra cui il nostro Paese, il suo personale aveva preso contatti con l’ambasciata italiana in Olanda per comunicare l’arrivo di Almasri ed inoltre aveva attivato il canale dell’Interpol, chiedendo di arrestarlo. La Digos di Torino aveva eseguito il fermo e inviato la richiesta di convalida dell’arresto alla Corte d’Appello di Roma, competente in questi casi, e al Guardasigilli il quale peraltro aveva ricevuto la copia del mandato di arresto emanato dalla Corte dell’Aja. Considerato che il ministro non aveva dato alcun seguito alle istanze ricevute, il Procuratore Generale di Roma gli aveva inviato una comunicazione urgente, a cui Carlo Nordio ha continuato a non rispondere, contravvenendo ad un suo preciso obbligo di legge.
 
Il giorno dell’udienza di convalida dell’arresto un Falcon 900 della Presidenza del Consiglio, in uso ai servizi segreti, è partito da Roma alla volta di Torino, dove ha aspettato sette ore prima di decollare di nuovo. Tuttavia l’intento del governo non era di tradurre il generale libico a Roma e assicurarlo in carcere, ma di non dare seguito alla richiesta di arresto e lasciarlo libero di tornare a Tripoli. Il silenzio e l’inerzia di Carlo Nordio hanno costretto la Procura Generale a chiedere alla Corte d’Appello di Roma di dichiarare l’irritualità dell’arresto, in quanto non preceduto dalle interlocuzioni con il Ministro della Giustizia, titolare dei rapporti con la Corte Penale, e ad ordinare l’immediato rilascio di Almasri.
 
Incredibilmente dopo essere rimasto per giorni indifferente ad ogni richiesta, due ore prima dell’udienza innanzi alla Corte di Appello, il Ministero della Giustizia ha emanato una nota in cui si affermava che era stata ricevuta la richiesta di arresto di Najeem Osema Almasri Habish da parte della Corte Penale Internazionale, ma considerato il complesso carteggio, il Ministro stava valutando la sua trasmissione formale al Procuratore Generale di Roma. Due giorni dunque non erano bastati al ministro per valutare le carte, salvo che dopo due ore dall’emissione di questo comunicato il Falcon 900 si è alzato in volo con Almasri a bordo diretto a Tripoli, in esecuzione di un decreto d’espulsione firmato dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, con la motivazione che il generale libico è “soggetto pericoloso” per la sicurezza dello stato e gli viene vietato di rientrare in Italia per i prossimi 15 anni.
 
Paradossale e assurdo, se poi si considera che Almasri avrebbe potuto essere arrestato con l’accusa di tortura, reato ancora vigente nel nostro Paese, tanto più che le prove trasmesse dalla Corte Penale Internazionale erano consistenti, ma non è stato fatto.
 
Giorgia Meloni e i suoi ministri, per evitare contrasti con i fidi alleati libici che danno copertura alle milizie che violano i diritti umani, proseguire i rapporti privilegiati sui dossier economici e la collaborazione sul contenimento delle traversate del Mediterraneo con il governo di Tripoli, hanno garantito l’impunità ad Almasri, infischandosene dello stato di diritto, delle Convenzioni internazionali a tutela dei diritti umani ratificate dall’Italia, delle regole di cooperazione giudiziaria stabilite nello Statuto della Corte dell’Aja e nella legge di attuazione del 20 dicembre 2012 n. 237. Pensavano di nascondersi dietro un “cavillo” giuridico, l’ordinanza della Corte d’Appello e l’“irritualità dell’arresto” ma il giochino non è riuscito anche a causa dell’esposto presentato dall’Avv. Luigi Li Gotti, storico esponente del Movimento Sociale Italiano prima e di Alleanza Nazionale poi, la stessa matrice politica da cui vengono la premier e i suoi più fedeli sodali, altro che di sinistra e vicino a Prodi.
 
Giorgia Meloni, Matteo Piantedosi, Carlo Nordio e Alfredo Mantovani non hanno ricevuto alcun avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato, ma una semplice comunicazione di iscrizione, atto imposto dalla legge al Procuratore della Repubblica, qualora riceva denunce nei confronti di esponenti del governo per presunti reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, il quale omessa ogni indagine, deve limitarsi a trasmettere entro 15 giorni gli atti al Tribunale dei Ministri, dandone notizia all’interessato. Spetterà al Tribunale dei Ministri, nel termine di 90 giorni, verificare la fondatezza delle accuse o se tutto debba essere archiviato.    
 
La gazzarra messa su dalla (o dal) Presidente del Consiglio e dagli esponenti della maggioranza è indegna di un paese democratico. Parlare di complotti poi è ridicolo. Spiegassero piuttosto ai cittadini perché hanno protetto e liberato il criminale Almasri, raccontassero la verità e smettessero di gettare fango sui servitori dello Stato che rispettano la legge e adempiono ai propri doveri istituzionali.
Pubblicato in Riflessioni