Sabato, 08 Febbraio 2025 19:22
Bugie, latinorum e azzeccagarbugli
“Potrete ingannare tutti per un po’, potrete ingannare qualcuno per sempre, ma non potrete ingannare tutti per sempre”.
Abramo Lincoln
Mercoledì scorso, in diretta televisiva, nelle aule di Montecitorio e Palazzo Madama si è consumata una commedia stucchevole. I banchi del governo e dei sottosegretari erano stracolmi, così come gli scranni dei parlamentari, ma ad essere vuota era la poltrona della (del) Presidente del Consiglio.
Giorgia Meloni ha scelto di non assumersi la responsabilità di spiegare al Parlamento e ai cittadini la scelta di liberare e far riaccompagnare a Tripoli con un volo di Stato il torturatore e stupratore di bambini Almasri, anziché consegnarlo alla Corte Penale Internazionale. Ha mandato avanti i ministri Nordio e Piantedosi, i quali hanno fornito una ricostruzione inverosimile dei fatti e raccontato bugie, contraddicendosi tra loro, smentendo quanto dichiarato nei giorni precedenti e riproponendo con querula insistenza la litania di un assurdo quanto inesistente grande complotto, ordito dalla Corte Penale Internazionale, dalla sinistra e dalle toghe rosse e finalizzato a colpire Giorgia Meloni e il suo governo. Uno spettacolo ridicolo, uno schiaffo alla giustizia e un ulteriore oltraggio alle vittime del torturatore libico.
Carlo Nordio si è presentato in Parlamento e, anziché spiegare le ragioni dell’omessa trasmissione degli atti alla Procura Generale di Roma ai fini dell’applicazione della misura cautelare ad Almasri, si è comportato come l’avvocato che cerca di sottrarre il proprio assistito alla giustizia, dimenticandosi di essere invece il rappresentante di uno Stato che ha ceduto, al pari degli altri che hanno aderito allo Statuto di Roma, una sia pur ridotta quota di giurisdizione penale alla Corte dell’Aja.
Nel tentativo di giustificare le proprie scelte il Ministro della Giustizia ha riempito la sua informativa di errori grossolani, che l’opposizione non ha avuto l’accortezza e la prontezza di rilevare e contestargli.
Il Guardasigilli è partito dall’assunto che lui e gli altri ministri avrebbero un margine di discrezionalità politica nel dare esecuzione a un mandato d’arresto e a una richiesta di consegna della Corte Penale Internazionale. Affermazione destituita di fondamento giuridico. L’articolo 2 comma 2 dello Statuto della CPI prevede la possibilità che il Ministro della Giustizia possa concertarsi con gli altri ministri al solo fine di eseguire il mandato di arresto e consegnare l’imputato, non per sindacare nel merito la richiesta e tantomeno per qualificarla “nulla” e “completamente sballata”. Sotto questo profilo Carlo Nordio ha travalicato i limiti delle proprie competenze, ergendosi d’ufficio a giudice d’appello di un atto giudiziario, violando una legge della Repubblica, la n. 237 del 2012, che gli imponeva di eseguire l’ordine di arresto senza sindacarlo, in ragione dell’obbligo assunto dal nostro Paese con la ratifica dello Statuto della Corte Penale dell’Aja.
Il Ministro della Giustizia ha poi lamentato che il mandato era scritto in lingua inglese e senza traduzione. Una doglianza che non trova appigli normativi né nella legge di esecuzione dello Statuto della CPI, né nella legge di adeguamento n. 237 del 2012, il cui art. 16 contiene un riferimento all’uso della lingua italiana solo nell’eventualità di una sentenza della Corte che disponga l’espiazione della pena nel nostro Paese. Pertanto l’atto redatto in inglese non contrasta con i principi fondamentali dell’ordinamento italiano, basta leggere l’art. 3 par. 2 della citata legge.
Ad ogni buon conto il Guardasigilli come pensa che dovrebbe comunicare la Corte dell’Aja, in dialetto trevigiano? La prossima volta, prima di trasmettere qualsiasi atto, questi giudici screanzati dovrebbero forse avere l’accortezza di chiedergli in quale lingua vuole riceverne la copia?
Carlo Nordio ha poi lamentato la presunta incompletezza del mandato di arresto, in quanto mancante del riferimento al periodo in cui Almasri avrebbe commesso i reati contestategli. Niente di più falso, visto che nel mandato era espressamente indicato il lasso temporale di commissione dei crimini. Tuttavia, ammesso pure che ci fosse, la lamentata lacuna poteva e doveva essere colmata mediante l’interlocuzione con la Corte dell’Aja, secondo quanto previsto dall’art. 91 comma 4 dello Statuto, che non lascia al riguardo margini di discrezionalità.
Relativamente poi alla censura di "illogicità" del mandato sostenuta dal Guardasigilli, la stessa ove esistente avrebbe dovuto essere sollevata e fatta valere da Almasry innanzi alla Corte Penale Internazionale nel processo, come stabilito dall’art. 81 dello Statuto. Dunque tale valutazione non compete allo Stato richiesto, e nello specifico al suo Ministro della Giustizia, e tantomeno può essere usata come motivo per sottrarsi all’obbligo di consegnare il ricercato.
Carlo Nordio cita poi gli articoli dello Statuto della Corte in modo parziale e unicamente funzionale a dimostrare la fondatezza giuridica del suo ragionamento, omettendo ogni riferimento a quelle norme o parti di esse che sconfessano e demoliscono la sua artificiosa ricostruzione. Un esempio lampante è quando il Ministro della Giustizia richiama l’art. 91 comma 2 in forza del quale i mandati devono avere requisiti formali equiparabili a quelli richiesti per le estradizioni, ma poi dimentica di citare il comma 4, che lo obbliga a interloquire con la CPI ove sussistano tali difetti al fine di sanarli.
Il governo e nello specifico il Guardasigilli fingono di non sapere che nel momento in cui il nostro Paese ha ratificato lo Statuto, gli ha dato esecuzione e ha dettato le norme di attuazione, si è vincolato a cedere una quota della propria potestà punitiva alla Corte dell’Aja, relativamente a limitate e specifiche fattispecie criminose. Ne consegue che non è possibile ragionare come se la Corte non fosse sovraordinata rispetto allo Stato, come se fosse insomma un altro Stato che avanza una domanda di estradizione, in una relazione orizzontale. Non è così, lo dice la legge! Lo Stato italiano si è subordinato liberamente alla CPI e oggi il governo scegliendo di depotenziarne il ruolo di fatto se ne mette fuori e viola il diritto internazionale e le leggi della Repubblica italiana.
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Riflessioni