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Lunedì, 02 Dicembre 2019 07:03

Il presepe a scuola

 

 

È Dicembre; è ora di fare il presepe come fece, per la prima volta, San Francesco a Greccio (Rieti) nel 1223 per celebrare la notte di Natale con la ricostruzione della nascita di Cristo. Con la festa dell’Immacolata, insieme all'addobbo delle vetrine e delle luminarie, simbolo di una società sempre più consumistica, si prepara il presepe nelle strade e nei vicoli di ogni paese e città. In ogni casa. E a scuola? L'atmosfera del Natale, fino a qualche anno fa, si collegava con le vacanze. Una gara a farlo più bello e originale, un laboratorio didattico, una collezione di idee e proposte, una fucina di lavoretti con l'impiego dei materiali più disparati, dalla plastica ai tappi di bottiglia, dalla pasta alimentare al muschio. Ogni alunno si incaricava di portare una statuetta per adornare la grotta e la mangiatoia. La celebrazione della Natività cominciava l'otto dicembre, giorno dell'Immacolata, quando si faceva in classe anche l’albero. Adesso invece il Natale parte in tromba ai primi di novembre, dopo Halloween. Le città si trasformano in tanti mercatini. Il nocciolo religioso della notte Santa resta sempre più evanescente, trasformando la solennità religiosa in una campagna commerciale e pubblicitaria.  Frammenti che rivelano i cambiamenti in atto della nostra società e delle nostre abitudini. Negli ultimi anni, infatti, questa tradizione si sta affievolendo, sta venendo meno. Sono sempre di più le scuole che mettono al bando l'allestimento del presepe, vuoi per pigrizia o in nome di una presunta laicità. Senza dimenticare, poi, alcuni Presidi iperlaicisti che lo vietano per non offendere i non-cristiani, i musulmani, gli ortodossi, gli ebrei. Nel 2011 la Corte di Giustizia Europea ha dichiarato "che la presenza del presepe corrisponde a una tradizione che si ritiene importante trasmettere e perpetuare". Perché, allora, vietarlo? Il Natale rappresenta un momento magico, un simbolo di pace e di fratellanza: non ha mai fatto male a nessuno. È il trionfo della infanzia nella sua purezza e semplicità. Vuole ricordare ai bambini e ai ragazzi (e forse agli adulti!) che lo scambio e il dialogo con "gli altri" è un bene che si promuove per far conoscere e rispettare le proprie tradizioni e quelle altrui, e questo soprattutto a coloro che vivono in un Paese diverso dal loro. I musulmani, in verità, non dovrebbero offendersi affatto. Il Corano parla ampiamente della nascita di Gesù. L'Islam lo venera con Maria e riconosce il dogma dell'Immacolata Concezione. La scuola, dunque, ha il compito di saper gestire le differenze, l’integrazione, il confronto senza imporre nulla ma senza farsi condizionare dai pregiudizi e dai proibizionismi religiosi. Questo vale anche per i veri laici, rispettosi di ogni diversità e cultura. Non è detto che per rispettare le idee altrui bisogna rinunciare alle proprie. Il divieto del presepe a scuola è solo una discriminazione al contrario che non aiuta il dialogo e l'integrazione. Noi adulti siamo spesso vittime di un pensiero debole che confonde la tolleranza religiosa con l'indifferenza e la noncuranza. Papa Francesco, a tal proposito, parla di un Dio unico in tutto l'Universo. L'epoca degli dei è tramontata duemila e diciannove anni fa. Non ci può essere una divinità suprema per un solo gruppo di persone, per una sola nazione, per un solo continente, per una sola etnia. Pur nelle differenze di costumi e di tradizioni, di riti liturgici e di religioni, Dio è uno solo sia per i cristiani che per i musulmani, per gli ebrei e i protestanti. E anche per gli atei e gli agnostici!

Pubblicato in La Terza Pagina

 

 

 

"Chi dorme di più, impara meglio!". Così titolava il giornale la Repubblica martedì 12 Novembre scorso. Non ci voleva molto a capire che quando si è riposati si lavora e si studia di più e meglio. Adesso, comunque, grazie alla ricerca e alla rilevazione di dati compiuti dall'Università "La Sapienza " di Roma, è scientificamente accertato che le cose stanno effettivamente così. Questo studio è servito all'ex sottosegretario alla P.I. Salvatore Giuliano, preside a Brindisi, a sostenere con forza l'ingresso posticipato di un'ora nelle scuole, alle ore 9 anziché alle ore 8. La sperimentazione che lui ha adottato in alcune classi della scuola che dirige ha dato buoni frutti. E' emerso, infatti, che gli studenti che hanno iniziato le lezioni alle ore 9 hanno conseguito nell'arco dell'anno scolastico un netto miglioramento nel rendimento, migliori prestazioni, maggiore attenzione e tempi di reazione più veloci. L'ex sottosegretario avvalora la sua opinione con motivazioni di carattere sociale e psicologico. L'inizio posticipato di un'ora sarebbe un valido strumento contro l'abbandono e contro la dispersione scolastica, diminuirebbe lo stress e farebbe stancare di meno gli studenti. Ritengo che ogni tipo di sperimentazione nella scuola vada incentivato affinché essa stia al passo dei tempi e risponda sempre meglio ai bisogni e alle aspettative dei ragazzi. Ma a me sembra che l'innovazione sperimentata dall'ex sottosegretario presenti alcune grosse difficoltà tanto da renderla inapplicabile. Le scuole, quasi sempre, sono collegate agli orari degli scuolabus, degli autobus, dei treni; gli orari degli uffici e delle aziende coincidono quasi sempre con l'entrata e l'uscita degli studenti. Il posticipo dell'ingresso scolastico comporterebbe necessariamente un diverso coordinamento e uno stravolgimento degli attuali orari. Infatti la scuola non è un servizio a se stante, avulso dal contesto sociale in cui vive. Ciò comporterebbe una modifica profonda delle abitudini e dei tempi di vita di un intero quartiere, di un intera città. Non sarebbe impossibile ma non è certamente facile, date le consuetudini e gli stili di vita ai quali siamo abituati. E allora? Non voglio semplificare troppo la questione che è all'attenzione del CNPI (consiglio nazionale della pubblica istruzione). Ma a mio modesto parere basterebbe che i genitori si adoperassero a mandare a letto i ragazzi un'ora prima. Basterebbe che i locali frequentati dai ragazzi anticipassero di un'ora la chiusura, almeno durante il periodo scolastico. Anche così i ragazzi avrebbero più tempo per dormire e per raggiungere migliori risultati. Vorrei comunque ricordare che per ottenere maggiore profitto a scuola non conta soltanto l'orario di ingresso ma soprattutto il tipo di insegnamento offerto. E' arrivata l'ora di non ripiegare sempre e soltanto sulla lezione frontale! E' arrivata l'ora di dare il giusto valore all'impegno e allo studio! E' arrivata l'ora di offrire pari opportunità a tutti i ragazzi meritevoli, anche se non abbienti e in precarie condizioni economiche!

Pubblicato in La Terza Pagina