Sangue infetto a Sezze. Indennizzo dopo 37 anni
Dopo 37 anni dalla dialisi e dalle trasfusioni infette del virus dell'epatite B del 1982, arriva finalmente il diritto ad un primo ristoro economico di circa 175mila euro di arretrati e un'assegno mensile di 800 euro per tutta la vita. A vincere la causa contro il Ministero della Salute è un 71enne di Sezze che a soli 34 anni era stato sottoposto a trasfusioni di sangue e diversi cicli di dialisi negli ospedali di Sezze e Latina. Oltre al calvario dell'infezione epatica iniziata nel 1982 per l'uomo è iniziato nel 2002 quello del ripetuto rigetto della sua domanda di indennizzo previsto dalla legge n. 210/1992 proprio in favore dei soggetti danneggiati o infettati da trattamenti sanitari obbligatori o necessitati come le emotrasfusioni. L'Asl di Latina prima e il Ministero della Salute dopo, avevano infatti rigettato la domanda del 71enne. Successivemente anche il Tribunale di Latina aveva rigettato il ricorso. L'uomo si era rivolto allora all'Avv. Renato Mattarelli che ha impugnato la sentenza di primo grado. Finalmente, la vittoria sperata con la Corte di Appello di Roma che ha cancellato la sentenza del Tribunale di Latina che aveva rigettato la domanda di indennizzo del 71enne di Sezze. La sentenza di oggi ha dichiarato che sono state le trasfusioni di sangue somministrate presso l'ospedale di Sezze e il Goretti di Latina nel 1982 ad infettare l'uomo l'allora 34enne di Sezze. La Corte di Appello ha accolto il ricorso sulla nullità per vizio di motivazione e violazione del diritto di difesa del Tribuna di Latina, che aveva negato il diritto del 71enne setino perché dai controlli effettuati sulle sacche di sangue non erano emersi anomalie virali. L'Avv. Mattarelli ha invece dimostrato l'inefficacia di detti controlli sul sangue trasfuso poiché sono stati effettuati solo prima e non anche dopo le trasfusioni. Infatti, è scientificamente noto che i pericolosi virus trasmissibili con il sangue, fra cui quello delle epatite B che ha contagiato l'uomo, non sono rilevabili nel cd “periodo finestra” in cui il donatore benché portatore del virus non sia rilevabile se non fino a qualche mese dopo. La causa iniziata nel 2005 davanti al Tribunale di Latina e terminata con la sentenza della Corte di Appello di oggi, ha presentato diversi problemi tra cui quello della decadenza dal diritto essendo trascorsi molti anni dalle trasfusioni; ma anche il problema dell'esistenza di fattori concorrenti al contagio dell'uomo di Sezze che, nel periodo delle trasfusioni dell''82, è stato sottoposto anche a diversi cicli di dialisi. L'avvocato ha così dovuto dimostrare (attraverso le conoscenze scientifiche del tempo e con l'ausilio del proprio consulente medico-legale, la Prof.ssa Carla Vecchiotti della Sapienza di Roma), che anche la dialisi somministrata all'allora 34enne doveva considerasi a tutti gli effetti come un'autotrasfusione e che quindi, a prescindere se il contagio era avvenuto da emotrasfusioni o da emodialisi, sussisteva il diritto all'indennizzo. All'uomo andranno finalmente circa 175mila euro di arretrati e un'assegno mensile di circa 800 euro per tutta la vita.