Lunedì, 27 Maggio 2019 06:38
Luigi Di Rosa, una ferita insanabile a 43 anni dalla morte
A 43 anni dalla sua tragica morte, il tempo non riesce a spegnere il dolore e il rimpianto per la sua perdita. Lo voglio ricordare non solo per commemorare (doverosamente) un triste anniversario ma per rivivere, in maniera familiare, alcuni momenti vissuti con lui, come con un fratello minore. Ho conosciuto Luigi Di Rosa nella falegnameria di Giuseppe Orlandi, detto Mbaro, in via Valerio Flacco, dove spesso, di pomeriggio, mi recavo per passare un pò di tempo. Lui, allora, era uno studente -operaio che, dopo aver fatto i compiti, si guadagnava qualche lira facendo l'apprendista-aiutante. Un ragazzo semplice, non certo un aspirante eroe. Preoccupato per il suo avvenire, aspirava a una vita migliore e a un lavoro diverso da quello di suo padre Guido, muratore. Sapeva di dover fare un percorso in salita ma non gli mancava né il coraggio né la volontà. La politica, come molti di noi, ce l'aveva nel sangue, gliela aveva trasmessa suo nonno Costantino Luccone, capolega dei contadini. Il Partito comunista veniva subito dopo, come strumento per imparare a conoscere il mondo e per non sentirsi solo, perché da soli si perde. Luigi era iscritto alla FGCI, perché allora nella federazione giovanile comunista si stava bene, e perché era una scuola di vita. Una scelta naturale, coerente, quasi istintiva. Era iscritto alla FGCI per seguire una tradizione di famiglia, perché la tradizione non si doveva interrompere, perché rappresentava un patrimonio e una eredità di sentimenti e di conquiste sociali. Quella sera del 28 Maggio 1976 era là, a Ferro di Cavallo, quasi per caso. Aveva solo 21 anni quando un maledetto e vile colpo di pistola lo colpì e lo uccise. Una morte che ha segnato profondamente la mia esistenza e quella dei giovani della mia generazione. Quel ragazzo, dallo sguardo dolce e malinconico, non c'è più. Ma non si può dimenticare. Non si deve dimenticare!
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La Terza Pagina