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Il tempo scorre con i suoi ritmi incalzanti ed ineluttabili.

Gli eventi, piccoli e grandi, personali e collettivi, si inseguono e fatichiamo a comprenderne portata e conseguenze nello spicchio di storia che ci appartiene.

Le magnifiche sorti e progressive del mondo sono soprattutto nelle mani di coloro che rivestono autorità ed esercitano poteri, ma nessuno può considerarsi dispensato da responsabilità e partecipazione, poiché con le scelte influenziamo le dinamiche degli accadimenti.

Rinunciare alla libertà di essere noi stessi, ridurci a semplici comparse sulla scena, marionette di cui altri tirano i fili, svuotarci della facoltà e del dovere di pensare in autonomia, arruolarci nella massa acritica che si limita a inseguire le mode, fare nostri linguaggi sprezzanti e incattiviti, come è abitudine sui social, assumere atteggiamenti deplorevoli perché così fan tutti, pur di non correre il rischio di sentirci “diversi”, sono sempre e comunque nostre determinazioni.

In definitiva non siamo condannati a soggiacere passivamente all’accadere del tempo e degli eventi. La coscienza di noi, il pensare e il pensarci, il patrimonio di idee, sentimenti e relazioni sono strumenti formidabili e preziosi che ci consentono di appartenerci integralmente, di sottrarci ai condizionamenti e di contribuire al cammino comune.    

Questi giorni, ultimi spiccioli di un anno che ormai volge al termine possono rappresentare un’ottima occasione per fermarci, per riappropriarci del nostro tempo, per liberarci da impegni e assilli e tentare di tirare le somme, di tracciare un bilancio della nostra vita, degli effetti delle nostre scelte e delle nostre dimenticanze, di come abbiamo inciso su quanti ci sono accanto.

Dobbiamo ritagliarci un angolo di silenzio nel fracasso assordante che ci circonda, nel bombardamento mediatico incessante, metterci davanti alla nostra coscienza, a Dio per chi ha il dono della fede, e vagliarci attentamente.

È più semplice indirizzare lo sguardo verso gli altri, puntare il dito accusatore su quanto di sbagliato, a nostro avviso, è riscontrabile nel loro agire, indossare le vesti di giudici inflessibili dei loro errori, compiacerci di poterli bacchettare severamente, mentre invece siamo disabituati alle verifiche personali, a passare sotto la lente d’ingrandimento le nostre vite, ad esaminarci con occhio critico. Tuttavia tale esercizio è indispensabile se vogliamo migliorare, partendo certamente dal bene compiuto, ed evitare di ripercorrere ottusamente strade fuorvianti, ingannevoli e fallaci.

Dopo un anno, fatto di giorni colmi di vissuto, di esperienze e persone incontrate è impensabile che nulla si sia mosso e sia cambiato in noi. Decisioni futili e scelte rilevanti ci hanno riguardato e trasformato nel profondo.

Sicuramente siamo stati capaci di gesti di bontà, generosità e altruismo, ma anche di azioni spregevoli, spinti da egoismo e cattiveria.

Abbiamo pronunciato parole con leggerezza, non riflettendo sulle conseguenze che avrebbero prodotto, e abbiamo taciuto per paura o per convenienza.

I nostri errori sono stati causati da ingenuità e faciloneria, ma anche da orgoglio e presunzione che ci hanno accecati.

Il nostro amore e la nostra amicizia hanno inondato le persone, ma abbiamo inflitto anche freddezze ingiustificate e distacchi dolorosi, ci siamo rinchiusi in noi stessi in compagnia dei nostri progetti e spesso del nostro egoismo.  

Nel lavoro abbiamo operato lealmente, assumendoci oneri e responsabilità e non ricercando solo gratificazioni e riconoscimenti, ma è capitato anche di mettere in cattiva luce il compagno di reparto, il collega che occupa la scrivania vicina alla nostra.

Ci siamo resi responsabili o quantomeno abbiamo tollerato illegalità e ingiuste, ma abbiamo anche rifiutato di esserne complici e di fingere di non vederle. 

Il timore di restare schiacciati sotto il peso di paure lungamente ci ha gravato l’anima, ma siamo stati capaci di sorrisi per aver compreso che aver paura è profondamente umano, fa parte della normalità.

Abbiamo scoperto di possedere fragilità più consistenti di quelle che ci sarebbe piaciuto riconoscere, ma ci siamo accorti che ci rendono più vivi, costituiscono paradossalmente una opportunità.

Siamo luce e ombra in definitiva.

Scoprire se il nostro bilancio è in deficit o in attivo non deve spaventarci.

Il nostro valore va commisurato sui limiti che siamo in grado di superare, sui difetti che cerchiamo con fatica di correggere, sul bene che facciamo in maniera libera e disinteressata, non sull’arte di ingannare e mascherare quanto di noi non va o per i soldi che riempiono il nostro portafoglio con i quali pensiamo di comprare amicizia, lealtà e stima.      

Pubblicato in Riflessioni