Per non dimenticare le atrocità nazifasciste
La Giornata della Memoria è stata istituita dalla Risoluzione dell’assemblea generale delle Nazioni Unite sul ricordo dell’Olocausto, per richiamare gli Stati membri a sviluppare programmi educativi e di solidarietà, come già richiesto dall’UNESCO, per accrescere la consapevolezza delle future generazioni e prevenire così atti di tale atrocità. La scelta del 27 gennaio vuole ricordare il giorno in cui, nel 1945, le truppe sovietiche, arrivarono presso la città di Oswiecim, oggi nota con il nome tedesco di Auschwitz, e rivelarono così le atrocità del genocidio nazista degli ebrei. Il Parlamento italiano nel 2000 con la legge n. 211 del 20 luglio 2000 “Istituzione del Giorno della Memoria” afferma: “La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio e, a rischio della propria vita, hanno salvato altre vite e protetto i ‘perseguitati’. Il Giorno della Memoria deve coinvolgerci tutti, istituzioni e cittadini. Ci esorta a riflettere sul passato, per progettare meglio il nostro futuro. Non ci sarebbe progetto di vita comune senza la capacità di ricordare. Ogni male compiuto è un orrore di ora e di sempre. Purtroppo il fenomeno del male, tante azioni in contrasto con la dignità dell’uomo continuano a perpetrarsi nella vita di tutti i giorni, facendo spuntare di nuovo sentimenti di odio e di violenza nei confronti di tante persone, deboli o fragili.
C’è un meccanismo perverso che vediamo in atto nella realtà di tutti i giorni. Un comportamento illecito che viene reiterato silenziosamente, senza smascheramento, senza divenire pubblico, senza essere chiamato con il suo nome, “illecito”, diventa ordinario, quindi normale, quindi banale e in quanto tale più facile da compiere in modo automatico, come per abitudine. In Europa si avvertono segnali preoccupanti (ma anche in altre parti del mondo). Recentemente in America latina hanno ricominciato ad affermarsi governi autoritari e reazionari, anche attraverso la formazione di forze politiche di estrema destra. Si moltiplicano i vari movimenti trasnazionali d’ispirazione nazionalsocialista di Portogallo, Italia, Francia e Spagna. Di recente, in seguito alla nomina di Joe Biden, quale quarantaseiesimo presidente degli Stati Uniti, proprio nella patria della democrazia, in America, sono accaduti gravissimi episodi di violenza e di aggressione contro le istituzioni democratiche. Lo stesso presidente uscente, Trump, per non ammettere la sua sconfitta e di quella politica da lui praticata e predicata nei quattro anni della sua presidenza, ha minacciato e sbandierato la nascita di un Partito dei Patrioti, dimenticando anzitutto le sue radici repubblicane, di quel partito che, seppur nell’alternanza, insieme al partito democratico, ha sempre guardato e valorizzato gli ideali comuni di tutto il popolo, la libertà, la democrazia e la dignità dell’uomo.
In Italia, alcuni partiti di destra o dell’estrema destra, rivendicano un nazionalismo e sovranismo che contrasta con i cardini fondamentali della Comunità Europea, cardini condivisi dagli Stati membri e cioè: la libertà, la democrazia, l’uguaglianza, lo stato di diritto e i diritti umani. Questi obiettivi e valori, insieme all’inclusione, alla tolleranza, alla giustizia, alla solidarietà e alla non discriminazione, sono parte integrante del nostro modo di vivere. L’orientamento e le azioni di questi movimenti invece tendono a rimuovere quanto di buono è stato fatto da oltre mezzo secolo, garantendo pace, stabilità e prosperità. Leader di governi e partiti, dimenticando gli orrori di quel periodo storico, che ha causato milioni di vittime, invocano il sovranismo delle proprie nazioni e intendono con le loro azioni ribaltare e disconoscere i valori fondamentali dell’Europa Unita per raggiungere invece l’obiettivo di creare un’alleanza transnazionale tra i movimenti d’ispirazione nazionalsocialista (Portogallo, Italia, Francia, Spagna, Germania, Austria, ecc.). Compito di ognuno di noi, insieme a tanti uomini che hanno lottato e lottano ancora per la difesa della libertà e dei valori umani, è quello di riaffermare dunque, davanti ad ogni forma di male, di illegalità, di violenza alla dignità umana, la volontà ad una vita attiva, consapevole, e per questo forte, dove i cittadini, tutti noi, i nostri figli, possano esercitare quella preziosa capacità che è la libertà dal male dettata dal pensiero. E noi tutti sappiamo quanto oggi, nella nostra Nazione, nella nostra Regione e nella nostra Provincia, sia indispensabile esercitare il nostro pensiero per riconoscere e combattere, senza paura, ingiustizie ed illegalità per conservare a pieno la nostra dignità di uomini e di cittadini contro chi, con protervia e cattiveria nel proprio esclusivo interesse, nel buio dei loro covi o alla luce delle loro eleganti stanze, vuole appropriarsi, soprattutto a scapito dei più giovani, del presente e del futuro. Solo il dialogo, il confronto, la discussione, solo la vita attiva, l’identità creata nel rapporto dialettico con l’altro possono spezzare la catena, atroce perché silenziosa, di quella prigione che è il silenzio del male. La morte della democrazia risiede nel momento in cui i cittadini si trasformano in individui per i quali la distinzione fra realtà e finzione, fra vero e falso non esiste più. Dire la verità è ricordare, sollevare dal nascondimento. Ricordiamolo: da ciascuno di noi, singolarmente, ogni giorno, può arrivare quel gesto, quella parola, che rimarca il discrimine fra lecito ed illecito, giusto ed ingiusto, bene e male, fra l’umanità degradata e la cittadinanza responsabile.
Una cittadinanza non ordinaria, una cittadinanza libera, perché attiva. La storia ci ha insegnato che questa giornata non è, e non deve essere, solo una ricorrenza istituita per ricordare e non dimenticare i 15 milioni di persone rimaste vittime dell’Olocausto, ma piuttosto, deve essere monito e motivazione, insegnamento e ispirazione per non reiterare atti di bassa umanità. Perché se è vero che il passato è passato, è altrettanto vero che, purtroppo passano gli anni, ma il presente continua a non migliorare. È un presente che ci obbliga a fare i conti con quello che siamo! Il presente è una ragazza di diciannove anni che viene insultata, beffeggiata e riempita di sputi perché è cinese. È un bambino bullizzato di dieci anni che si toglie la vita. Forse perché gay, forse perché obeso, forse solo perché introverso. È una barca improvvisata di rifugiati che scappano dalla guerra e muoiono in mare. Subiscono anche il nostro odio, se sopravvivono. È il pregiudizio costante! Gli occhi puntati su chi è diverso da noi! Il dovere e la responsabilità della memoria hanno un peso ancestrale che noi tutti dobbiamo portare e che va compreso e condiviso per spezzare questa catena d’odio. Partendo dalla considerazione che “chi non conosce il passato è condannato a ripeterlo”, il ricordo dell’Olocausto rappresenta un monito per il presente e il futuro, in un periodo in cui si diffondono tentativi di “revisionismo” e addirittura di “negazionismo” che tendono a falsificare la drammatica storia che caratterizzò il periodo antecedente la II guerra mondiale, la Shoah, la Resistenza in Italia e in Europa. Mai come oggi il fenomeno del negazionismo si sta inserendo a tutti i livelli del vivere civile e sociale. Negazionismo sulla pandemia che tutto il mondo sta soffrendo, a causa del Covid 19, negazionismo sull’importanza dei vaccini per combattere questo virus così letale, e la cosa più grave è che questa pseudoscuola di pensiero è propria anche di una, seppur minima, classe medica. Ciò a discapito di una sana e buona informazione sui comportamenti che invece tutti dovremmo avere per combattere questa pandemia. E’ di pochi giorni anche la pubblicazione di un libro, dal titolo “L’ossessione della memoria” di Marco e Stefano Pivato, dove i due autori sostengono che non esistono prove dell’opera di salvataggio degli ebrei da parte del ciclista Gino Bartali. “E’ senz’altro questa, da parte di questi due scrittori, una rappresentazione distorta delle vicende che hanno visto Gino Bartali tra i protagonisti dell’impegno umanitario e solidale nei confronti dei perseguitati del nazifascismo” (nota da parte della famiglia Bartali). Non si possono negare le tante onorificenze ricevute dal grande ciclista, tra cui il riconoscimento di Giusto tra le Nazioni dallo Yad Vashem nel 2013, la medaglia d’oro al Valor Civile, ricevuta postuma, nel 2006 da parte dell’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, e la cittadinanza onoraria dello Stato di Israele nel 2018. Per fare in modo quindi che situazioni come queste non prendano il sopravvento, soprattutto tra i giovani, bisogna ribadire l’importanza dello studio della storia per permettere di far maturare nei giovani, e in tutte le persone della società civile, un’etica della responsabilità individuale e collettiva, dando un contributo alla promozione di una cittadinanza attiva e consapevole e alla realizzazione di una pacifica convivenza, al fine di non far prevalere il lato disumano del progresso che può essere utilizzato, dai più forti e potenti, per l’umiliazione e l’annientamento dell’individuo. Non dimenticare mai che alla base di ogni politica di sterminio ci sono sempre: l’assenza di democrazia, la deriva ideologica, nazionalista e razziale innalzate a misura dell’agire politico. Occorre ricordarlo, bisogna ricordare e …non dimenticare!