Scuola è vita
Mi piace guardare i ragazzi nei momenti non strutturati, quando non si sentono osservati: l’ingresso e l’uscita da scuola, la ricreazione, il cambio dell’ora… Li guardo anche con interesse durante le conferenze, gli incontri in plenaria, mentre assistono ad uno spettacolo teatrale o guardano un film. Un vero caleidoscopio di immagini e sentimenti: talvolta ancora assonnati, impegnati in discussioni dai gesti e dai toni concitati, spesso sorridenti, talora persino sguaiati nelle risate, annoiati, confusionari, catturati dai loro smartphone, partecipi ed interessati, quasi sempre impegnati in conversazioni anche quando non dovrebbero… Quanti esperti si affannano a definire l’adolescenza! Quanti laudatores temporis acti tuonano contro l’irresponsabilità e la fragilità di queste nuove generazioni! Quanti “zitto! Girati! Basta parlare! Sta’ attento!” da parte dei loro docenti! Ma. Quando vivi nella scuola sai che dietro quegli atteggiamenti, sì, talvolta sfrontati e snervanti, si cela un mondo intero. E in questo mondo variegato la vita fa irruzione spesso con violenza. Assume la forma di un maresciallo dei carabinieri che ti chiama e ti dice che il papà dell’alunna che nella tua scuola frequenta il secondo anno ha perso il papà per una tragica fatalità e stanno arrivando i parenti a prenderla. E le risate inconsapevoli della tua studentessa, la sua gioiosa “irresponsabilità” subiranno una battuta d’arresto. E tu sei travolta da quel dolore. Come sarà il suo rientro a scuola? Speri con tutte le forze che l’impegno sarà la medicina migliore che deciderà di assumere. Speri davvero che sia così. Come si prepareranno i docenti a gestire questo dolore? Un giorno, poi, chiede di colloquiare con te una mamma, che parla dei risultati deludenti della figlia e ti dice che sono state sfrattate da una casa occupata abusivamente ed hanno anche dormito in auto. E tu sei lì, con i docenti, a sostenere il valore dell’impegno e dello studio, ma dentro di te sai che quell’innocenza è forse perduta per sempre e che il pensiero di un tetto sulla testa è più urgente della terza declinazione. E quando si sono presentati i genitori di un ragazzo che non voleva più uscire di casa e non riusciva nemmeno più ad alzarsi dal letto per venire a scuola? La sua anima si era spezzata da quando alla mamma avevano diagnosticato un tumore e passava da un ciclo di chemio all’altro. Da quando vivo nella scuola, sono consapevole che dietro ogni risata, ogni atteggiamento provocatorio spesso si nascondono ferite vere. E fai appello a tutta la pazienza di cui sei capace per farti prossimo e cercare di portare aiuto nelle loro vite complicate. E al tempo stesso speri con tutto il cuore che sia sfrontatezza vera, quella malattia generazionale che si cura con l’età…