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Un brutto risveglio per la comunità di Bassiano, che si è alzata con un atto vandalico in una delle piazze principali. Il sindaco Domenico Guidi questa mattina infatti ha trovata imbrattata la targa dedicata a Bettino Craxi. Guidi si sente offeso e bolla la bravata come un gesto di inciviltà, invita i responsabili a farsi avanti. “Un atto di Inciviltà di vandalismo e di offesa al decoro pubblico - afferma - di chi imbratta  e contro una personalità che oggi non abbiamo  universalmente riconosciuto come Statista di cui in questo momento avremmo estremo bisogno che offende una popolazione socialista e  democratica  aperta e solidale e che ha riconosciuto in Craxi un leader indiscusso. Invito i colpevoli a farsi avanti presso il Comune per ammettere le loro colpe e provvedere alla pulizia e ripristino della targa, visto che con le  telecamere presenti in piazza Verrà individuato o individuati dal comando di Polizia Locale onde evitare di peggiorare la loro situazione di fronte alla legge. Bassiano non ha, mai visto simili comportamenti”.

 

Maggioranza consiliare in crisi? Non è dato sapere. Al momento però qualche problema è emerso dato che la seduta di oggi è saltata per mancanza di numero legale. Assenti nella maggioranza l’avvocato indipendente Mauro Calvano, il consigliere Ernesto Di Pastina ed il consigliere Senibaldo Roscioli. Le assenze in aula hanno condizionato la maggioranza che sostiene il sindaco di Sezze Sergio Di Raimo su un punto all’ordine del giorno di fondamentale importanza, senza la cui approvazione si va tutti a casa. Sul tavolo, infatti, l’approvazione di rendiconto di gestione 2019. Su quanto deciso pare non esserci una convergenza in maggioranza. Giovedì si torna in aula in seconda convocazione e in quel caso vedremo se i mal di pancia sono sintomi passeggeri o cause di una crisi politica.

 

 

Storia e fantasia, cronaca e immaginazione. Così come in altri suoi libri, Roberto Campagna, in Le storie non volano (edizionicroce, pagg. 160, euro 15.00)  ricorre alla metanarrazione.  In pratica, racconta fatti realmente accaduti mischiandoli con altri creati artatamente da lui stesso. Ciò per rendere gli stessi fatti accaduti più credibili e quelli inventati più veritieri. Il racconto inizia nel 1985 e finisce nel 2010. Quattro i principali protagonisti: tre maschi e una femmina. Più che amici, sono compagni di gioco a carte. Le loro vite sono segnate dalla sfiga e le partite interminabili  a briscola e tressette, che spesso non vedono né vinti né vincitori, sono la metafora delle loro stesse vite. Nel quadro narrativo, a fare in qualche modo da cornice, ci sono altre partite: gli scontri elettorali di Borgomanuzio. È qui, in questo borgo medievale, che è incentrato il romanzo di Campagna. “Sembrerà strano, ma l’idea iniziale – afferma l’autore – era quella di raccontare questi scontri elettorali, in particolare quello del rinnovo del Consiglio comunale dell’85, quando avvenne un incomprensibile ‘compromesso storico casereccio’. Ma rendendomi conto che, al di là delle lotte di partito, delle fazioni facinorose e dei tentativi di alleanze, il racconto sarebbe stato, oltre che striminzito, troppo asettico, pieno di numeri, liste e nomi, ho inventato le storie di questi quattro sfortunati personaggi. Quella degli scontri politici, dei canditati, dei rapporti fra i partiti, dei risultati elettorali e degli amministratori locali è diventata così la parte secondaria e storica del libro, a tratti romanzata”. Questo di Campagna è un romanzo esistenzialista. “È un romanzo – scrive Maurizio Valtieri nella prefazione – che ci mostra e ci racconta, ancora una volta, una realtà locale, che abbandona la dimensione minimalista per farsi paradigma dell’intera umanità. Ma questa volta si va oltre e l’indagine diventa filosofico-antropologica”. Nelle sue pagine, oltre alla sfortuna, ci sono la depressione, la follia, il tradimento, la prostituzione, l’emarginazione,  l’aborto e la morte . Ma anche l’amore, la solidarietà e la comprensione. In tali pagine, così riconoscibili nello stile, l’autore va oltre ciò a cui ha abituato i suoi lettori e lentamente, quasi senza rendersene conto, si viene spinti dentro i colori più cupi dell’animo umano, in un continuo oscillare tra basso e alto, aridità dello spirito e poetica della vita. Ne Le storie non volano non è prevista redenzione per coloro che ne popolano il racconto. Le vite dei personaggi principali sembrano marchiate da un fato ineluttabile, pronto a stroncare sul nascere ogni velleità di riscatto o di fuga. I quattro amici seguiranno il destino che per loro è stato tracciato, vittime di una tragica catena di cause ed effetti, iniziata prima della loro nascita. Ognuno di loro ha lo stigma del perdente e tali li si considererebbe, se l’autore, attraverso emozionanti flashback, non ce li mostrasse in tutta la loro purezza di angeli caduti. In Le storie non volano, per la prima volta, le parole, le frasi, le volute ripetizioni, che Campagna solitamente utilizza nei suoi scritti per costringere il lettore sul sentiero da lui mirabilmente tracciato, si trasformano in messaggio metalinguistico che travalica la nostra razionalità.

 

Il comitato acqua pubblica di Sezze, per bocca del suo portavoce Paolo Di Capua, interviene nuovamente sulla vicenda del nuovo depuratore per chiedere all’attuale amministrazione comunale di Sezze di sottoscrivere un protocollo d'intesa specifico con Acqualatina per dare l'avvio alla procedura di scorporazione e compensazione a favore degli utenti setini. Di Capua, dopo aver ripercorso tutte le tappe che hanno portato il Comune di Sezze alla definitiva consegna dell’impianto, intende “intraprendere a difesa del cittadino/utente, come lo è stato sulle partite pregresse a tutela dei suoi diritti  la battaglia per continuare a detrarre e cancellare la voce depurazione dalle bollette” ma anche per “vedere se Acqualatina scorpora attraverso la tariffa i 5,4 milioni di euro costo dell'opera per almeno 5 anni”. Insomma “vogliamo comprendere - afferma - l'intenzione che ha Acqualatina e l'Amministrazione Comunale, Ente attuatore dell'opera”. Se andasse importo la cosiddetta scorporazione e compensazione “i cittadini allacciati alla rete fognante non pagheranno la depurazione per 5 anni”. Il portavoce sostiene che “agli utenti di Sezze Acqualatina dovrebbe applicare la tariffa in vigore nel 2014, ovvero € 0,2844 a m/c e non a € 0,6817 alle abitazioni e € 1,9324 al commercio. A parole - aggiunge Di Capua - i nostri amministratori di ieri e di oggi, sono rivoluzionari, si rifanno a chi veramente ha difeso l'interesse pubblico e il cittadino dalle ingiustizie, disuguaglianze sociali ma poi, nei fatti, pur essendo rappresentanti pubblici, appaiono peggio dei cosiddetti conservatori”.

 

Paolo Di Capua

 

 

Un cappio al collo al milite ignoto del Parco della Rimembranza di Sezze passa inosservato e dal mese di maggio nessuno ha pensato di rimuoverlo. Capita anche che alla fine del cordino qualcuno per divertirsi, ignorando il valore di questa statua, un giorno sì e l’altro pure, si diverta a legarci una bottiglia di birra vuota, segno di sballo e degrado del terzo millennio. Quel cappio al collo però non è passato inosservato a chi ha vissuto direttamente o indirettamente il sacrificio dei nostri soldati al fronte, a chi ha perso un padre, un nonno o un caro in guerra, nella Grande Guerra del '15 '18.  “Di tanti problemi che ci sono a Sezze adesso stai a guardare anche il capello...”. Questa una delle risposte e critiche che potrebbero pioverci addosso. Certo... per qualcuno questi potrebbero essere discorsi di lana caprina, ma chi non considera il valore simbolico della nostra e delle altre statue dedicate al Milite Ignoto, non sa che così si cancella la storia della nostra gente, della nostra comunità, dell'Italia, così si disprezza il passato e si distrugge la memoria. Il vilipendo, inoltre, è un reato, e pertanto andrebbe punito. Speriamo che presto questa offesa gratuita venga cancellata, pur sapendo che si tratta solo una bravata, una delle tante bravate da parte di chi ostenta degrado e inciviltà, disinteresse, vuoto a perdere, da parte di chi non rispetta la storia della nostra città e della Nazione, oppure, ancora peggio, non la conosce proprio perché nessuno ha avuto la passione di insegnargliela. Così però si rischia di distruggere una comunità che giorno dopo giorno sta perdendo identità e cultura. 

 

 

Il cinema è per molti svago, sogno collettivo, un fuggire contrarietà e ansie riparando nell’immaginario. Tuttavia se pensato e realizzato come espressione artistica, non è semplice evasione. Il cinema di qualità, d’autore sprona alla riflessione, offre chiavi interpretative del vissuto e del contesto sociale in cui siamo immersi. Certamente è più facile guardare senza riflettere, fruire di un vedere che afferra e coinvolge superficialmente, anziché sforzarsi di leggere le immagini, di cogliere il significato che l’autore, mediante la complessità di un’opera fatta di figure, luoghi, luci, ombre, parole, silenzi e musica, vuole comunicare.

Favolacce, film di Damiano e Fabio D’Innocenzo, sperimentando un linguaggio audiovisivo estremo ed originale e giocando sui toni della favola nera, sull’emersione e immersione nel fantastico, ci conduce in un viaggio senza filtri nelle dinamiche dell’incomunicabilità relazionale e dell’incapacità genitoriale, dove rabbia e disperazione, celate dietro una fragile cortina di perbenismo e normalità, sono pronte in ogni momento ad esplodere.         

Quanto segue è ispirato a una storia vera. La storia vera è ispirata a una storia falsa. La storia falsa non è molto ispirata”. È l’incipit del film. Versi strampalati appartenenti a un diario intimo, scritto con una biro verde e ritrovato con numerose pagine strappate nella spazzatura, scanditi da una voce adulta sebbene, come emergerà, appartenga a una bambina di 11 o 12 anni.

Spinaceto, quartiere di Roma Sud. Famiglie della piccola e media borghesia abitano villette mono familiari ben curate, si conoscono e si frequentano. Cene, barbecue, piscine gonfiabili. I figli sono educati e ben vestiti. Una serena normalità in cui però i conti non tornano. Una famiglia ascolta impassibile dalla televisione la notizia che una coppia ha ucciso il proprio neonato prima di suicidarsi. Vilma è incinta, fuma e davanti casa si prostituisce. La tavolata tra amici è avvolta in un silenzio irreale. La lettura delle pagelle scolastiche perfette trasforma i figli in trofei da esibire. Fisicità tese, dialoghi inconsistenti, smorfie, strappi umorali. Famiglie sospese in un limbo esistenziale insoddisfacente, fragile e artefatta apparenza cui esse stesse non credono. Le madri sono evanescenti, concentrate su loro stesse, incapaci di amare, di capire il valore delle cose, di avere un ruolo nella vita dei figli. Gli uomini dirigono tutto, si trattano con educazione e rispetto quando sono tra loro e alle spalle sparlano l’uno dell’altro, condividono sottovoce fantasie da stupratori, velleità machiste e sfogano senza remore i propri istinti sessuali e la propria brutalità, rivelando una immaturità intellettuale e caratteriale spaventosa. Bruno Placido si lamenta per ogni cosa, perfino delle pagelle perfette dei figli, distrugge la piscina gonfiabile montata in giardino per non ostentare il benessere, per paura di distinguersi dal piattume in cui è rintanato, picchia i figli violentemente in un parcheggio. Amelio, padre di Geremia, è la figura più autentica, tratta alla pari il figlio con tutti i pro e i contro, a differenza degli altri vive in campagna, si masturba all’aria aperta, non si nasconde dietro una facciata pulita. A modo suo si prende cura del figlio, è l’unico a intuirne il malessere, pur non riuscendo a capirlo in pieno e ad affrontarlo. Le mura di casa sono una prigione soffocante, luogo di continue aggressioni verbali, fisiche e psicologiche.      

Finisce l’anno scolastico, inizia l’estate. Gli insegnanti chiedono ai ragazzi di leggere Il fantasma di Canterville di Oscar Wilde. Il protagonista, Sir Simon, un fantasma si aggira nel suo castello senza riuscire a spaventare i nuovi proprietari americani e non può raggiungere l’Aldilà a meno che qualcuno con l’animo puro non versi lacrime di pietà per lui. I ragazzi sono anch’essi fantasmi, si aggirano e cercano di comunicare agli adulti il loro disagio, senza trovare attenzione e ascolto. La loro felicità si riduce a piccoli momenti, singoli gesti, regali ricevuti. Vivono in un limbo: non sono morti e neppure vivi. Stanchi di tale condizione cercano di uscirne, a costo di morire. Fabbricano ognuno una bomba che tengono sulla scrivania della cameretta e quasi ci riescono, se non fosse per la cugina di Geremia che scopre tutto. I genitori non se ne sono resi conto. Il mal di vivere li spinge a portare a termine il piano, a suicidarsi tutti insieme con il malatione, un antiparassitario usato da Viola, una dei ragazzi, contro i pidocchi che si è preso e per cui è stata rapata a zero. Inquietante è il parallelo tra l’antiparassitario e i bambini e ancor più la reazione di Bruno Placido che, quando la mattina scopre i cadaveri dei figli, non si prende la responsabilità nemmeno di svegliare la moglie. Torna a letto, finge di dormire, la lascia sola con il suo dolore.

Il film si conclude con Vilma e il suo ragazzo ad una stazione di servizio. Sono andati via dal quartiere per iniziare una nuova vita insieme con la loro bambina, lontano dai genitori. Tuttavia nel loro DNA c’è qualcosa dei padri e il ragazzo, quando Vilma confonde il pianto della figlia con il latrare di un cane, dice: “Già è cagna”. Poi inizia a fantasticare in modo infantile sul loro futuro, del quale però la figlia non è parte, è un incidente di percorso, un peso e un intralcio.

Favolacce è un film antinarrativo, allucinato e insieme un ritratto realistico e impietoso di un quotidiano senza senso, di esistenze trascinate in periferie alienanti, simbolo di tutto quello da cui fuggire. I ragazzi vivono un rapporto rassegnato con genitori senza qualità, frustrati, imprigionati in un eterno presente, incapaci di amare, che vorrebbero plasmarli a propria immagine e non si accorgono di essere dei mostri. L’incomunicabilità non è solo una difficoltà generazionale, ma è conseguente all’assenza di contenuti e valori, ad una povertà che non è materiale, dato che hanno tutto quanto desiderano. Morire per i ragazzi significa sottrarsi all’atrocità di questa mediocrità insanabile, è rifiutare gli adulti di cui sperimentano mancanza di cure, fobie, perversioni e continua sordità alle loro disperate grida di aiuto.

Favolacce è un film disturbante, spietato e raggelante, un interrogativo sul marcio delle nostre vite, sul disagio esistenziale che troppo spesso fingiamo di non vedere, sull’egoismo che strumentalizza, deforma, annichilisce e distrugge simbolicamente e realmente gli affetti, anche i più intimi come quelli tra genitori e figli, sull’incapacità di ascoltare e dialogare, di ricercare e trovare un significato non contingente al vivere. 

Soprattutto Favolacce è una opportunità da cogliere per riflettere. 

 

 

Non se ne esce vivi senza controlli e sanzioni. Gli operatori della SPL sono degli eroi in una battaglia di inciviltà e degrado. Le foto pubblicate dall’avvocato Alessandro Manzi, passeggiando stamattina per i vicoli della città, sono una ulteriore conferma che l’amministrazione comunale deve cambiare rotta e capire che anche il problema della gestione dei rifiuti e della raccolta differenziata è un problema serio, che va affrontato seriamente, e che a nessuno piace fotografare questa situazione di totale degrado. A quelle dell’avvocato Manzi potremmo aggiungere altre foto scattate e pubblicate ogni giorno dai cittadini di Sezze. La situazione non cambia perché è sempre la stessa. Tutti vorremmo vedere una città diversa, pulita, dove si rispettano le regole e dove i cittadini virtuosi sono la maggioranza. Ma non è così, non si può andare avanti facendo finta di nulla. C’è chi continua a fregarsene e a non rispettare i regolamenti perché impuniti. Sezze, con il suo centro storico, con la sua periferia sta diventando una discarica a cielo aperto, ed è purtroppo del tutto evidente. Non ci stancheremo mai di dire che la strategia del Comune di Sezze è stata fallimentare, che il progetto di raccolta differenziata Porta a Porta non funziona così, o meglio andrebbe rivista per molti aspetti. Ci sono dei residenti, probabilmente in nero e non censiti, che non fanno mai la raccolta differenziata. Il sindaco Sergio Di Raimo e il presidente della SPL Gian Battista Rosella devono cambiare rotta e definire un piano di raccolta dei rifiuti dove il controllo sia al primo punto. Dove le sanzioni esemplari siano il miglior deterrente. Nascondere la testa sotto la sabbia non serve a nessuno. Al degrado, soprattutto durante la stagione estiva, si aggiunge poi il problema igienico. Sezze, così come la viviamo oggi, andrebbe sanificata ogni giorno per quanta immondizia viene raccolta per strada e per i vicoli.

 

Come sempre per smentite o repliche siamo a completa disposizione.

 

 

 

 

Continuano ad arrivarci sulla posta Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. foto e segnalazioni di degrado e mancata manutenzione delle strade sul territorio comunale. Oggi ci occupiamo di via Bassiano, arteria che collega i quartieri Madonna della Pace, Crocevecchia e Zoccolanti. Nel tratto iniziale la visibilità è ormai ridotta a causa dell’inesistente sfalcio dell’erba in banchina. Molto pericoloso risulta essere il tratto in curva in prossimità della Chiesa Madonna della Pace. Già segnalata dai residenti, il taglio dell’erba non è stato ancora effettuato dai responsabili del procedimento o da chi ha il dovere di segnalarlo. La presenza degli amministratori sul territorio è valutata anche da quelli che dovrebbero essere interventi di ordinaria amministrazione ma che sono diventati un optional. Alla fine basterebbe una mezza giornata di lavoro, forse anche un paio di ore. Inviateci le vostre foto sempre all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

Restiamo a disposizione per smentite o repliche di quanto viene pubblicato su questo quotidiano on line.

 

 

 

 

Sono due le persone aggredite ieri e Sezze e una delle due è ancora ricoverata al Pronto Soccorso dell’Ospedale Santa Maria Goretti. Padre e figlio, lui noto commerciante, presi a botte da tre persone a quanto sembra per questioni personali anche se, al di là di qualunque motivazione, il fatto di un'aggressione a botte per un diverbio, è indice incontestabile di una decadenza sociale e culturale di cui non si può non tener conto. I tre aggressori sono stati tutti e tre denunciati ai Carabinieri della Locale Stazione che stanno conducendo gli approfondimenti sulla vicenda. Riguardo i due che hanno avuto la peggio, il figlio ha due dita di una mano rotte e in attesa che il gonfiore diminuisca per permettere ai medici di decidere riguardo un eventuale intervento. Il padre è in attesa dell’esito del tampone anticovid per essere sottoposto a TAC e poi ricoverato. Si teme per le fratture alle costole e forse ad una vertebra. Solo l'esito dell'esame strumentale permetterà di determinare la prognosi. 

Domenica, 19 Luglio 2020 07:48

Chi salva una vita salva il mondo intero

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Il relitto di un’imbarcazione, il corpo di un uomo alla deriva nell’infinita distesa blu cobalto del Mediterraneo. Intrappolato tra i rottami galleggianti di un gommone, il volto rivolto verso gli abissi, un uomo vaga come un vascello fantasma solcando senza meta il mare della nostra indifferenza. Un corpo straziato, violato dai pesci, dalla brutalità del sole, dal gelo delle notti, rivestito con pantaloncini imbrattati del miscuglio micidiale di gasolio e acqua salata e una maglietta scura alzata sul torace nudo, è un grido di dolore inascoltato. Nessuno conosce il suo nome, la sua storia, non sappiamo se da qualche parte una madre, un padre, una moglie, un fratello, una sorella, un figlio, una figlia, un amico, un’amica attendono con angoscia crescente una sua telefonata, che spezzi un silenzio insopportabile e lacerante. Morto di stenti, di sete, probabilmente ultimo ad arrendersi, a lasciarsi sfuggire la vita come sabbia tra le dita, in compagnia di disperazione e solitudine se n’è andato con impressi negli occhi gli sguardi e nella mente le grida di disperazione di quanti hanno condiviso con lui la traversata fallita e si sono inabissati nelle profondità del mare.

Un corpo in mare da due settimane. Quattro avvistamenti, quattro segnalazioni e nessun intervento. La guardia costiera libica, italiana e maltese sono state allertate, ma nessuno ha raccolto quel corpo in un ultimo gesto di pietà e gli ha dato degna sepoltura. “Le guardie costiere sanno e fanno finta di niente. Sono mortificato e incredulo. Lo andrei a recuperare io se potessi… Ma sì, se mi ci portano lo prendo io con le mie mani, non ho paura. È un essere umano ed è morto, non viene a rubare il lavoro a nessuno, non ci porta le malattie, non mette a rischio la sicurezza del Paese. È disumano lasciarlo così, in mezzo al mare e in pasto ai pesci. Abbiamo superato ogni limite, posso capire tutto ma questo no” (Pietro Bartolo, medico ed europarlamentare – La Repubblica 17/07/2020). L’indignazione delle parole di un medico da sempre in prima linea sul fronte dell’accoglienza nell’isola di Lampedusa, dovrebbero risvegliare in noi il senso di umana pietà sepolto sotto le macerie di una propaganda distorta e becera, che istiga al rifiuto dell’altro, identifica nello straniero il nemico presentandolo come un pericolo, un potenziale criminale e perciò da respingere, arrestare e scaricare come un rifiuto oltre le nostre frontiere, da rispedire nelle mani delle bande criminali che gestiscono i lager libici o nei campi di raccolta e detenzione di regimi autoritari come la Turchia, voltandoci dall’altra parte di fronte alla violazione dei diritti umani, alle brutalità, alle torture, agli stupri, agli omicidi che vi si consumano quotidianamente. È falso che i migranti portino il Covid-19 e che gli sbarchi dipendano dalla presenza in mare delle ONG. Durante la fase acuta della pandemia non c’erano navi delle organizzazioni umanitarie nel Mediterraneo e gli arrivi sono aumentati rispetto al periodo precedente. Il rifinanziamento votato dal Parlamento italiano del regime libico è una vergogna. Infamie di cui tutti, non solo quanti hanno responsabilità politiche e di governo, saremo chiamati a rispondere di fronte al tribunale delle nostre coscienze e della storia: il nostro silenzio complice, la nostra emorragia di umanità saranno motivo di condanna senza appello.

È giunto il momento di denunciare l’ipocrisia di una narrazione securitaria e criminalizzante dell’immigrazione e della solidarietà, la violenza verbale usata dagli impresari dell’odio per manipolare le coscienze e rastrellare consensi facendo leva su paure e incertezze comprensibili in questi tempi di crisi economica, valoriale e sociale. Essere definiti buonisti non è un demerito, un’accusa di cui vergognarsi, un attestato di disvalore, casomai lo è cattivisti, concentrato di insensibilità e disumanità, di odio e rancore.

Le migrazioni sono da sempre parte della storia, non un fenomeno inedito proprio del nostro tempo. Se negli ultimi anni hanno toccato punte notevoli la causa va ricercata in un sistema economico che, anziché ridistribuire il benessere, ha accentuato diseguaglianze e squilibri sociali, ha concentrato le ricchezze nelle mani di pochi, ha fomentato le guerre, spingendo milioni di persone a fuggire dalla violenza e dalla morte e ad abbandonare case, affetti familiari e legami personali.

Muri, filo spinato, fossati, barriere, navi da guerra che pattugliano le coste sono solo espedienti propagandistici che confondono, illudono e nascondono l’incapacità a misurarsi con una realtà complessa, non arrestano l’immigrazione e anzi favoriscono gli ingressi illegali, consegnando masse di disperati ai trafficanti di uomini, a lavoro nero e sfruttamento. Il corso della storia non si ferma. Il movimento dei popoli è inarrestabile, ma è possibile governarlo, regolamentando i flussi mediante norme rispettose dei diritti umani, garantendo lavoro, dignità, casa, istruzione e assistenza sanitaria a tutti. Politiche che promuovano sviluppo economico e benessere nel rispetto dei diritti, sia all’interno dei singoli Paesi che nelle relazioni internazionali, non sono un’utopia ma una necessità, nella assoluta consapevolezza che il perdurare delle diseguaglianze e la chiusura delle frontiere condurranno sicuramente l’umanità ad un conflitto bellico su ampia scala che opporrà paesi ricchi e paesi poveri. 

Se governata l’immigrazione non è solo un’opportunità, ma una necessità. In generale l’Europa e in particolare il nostro Paese manifestano una diffusa denatalità e un progressivo innalzamento dell’età media della popolazione. Il rischio in prospettiva è la condanna all’irrilevanza politica ed economica e all’estinzione. Abbiamo bisogno di una iniezione di umanità giovane e diversa, di rivitalizzare il nostro patrimonio storico e culturale altrimenti incapace di reggere il confronto con i paesi emergenti, di leggere e interpretare i cambiamenti mediante una visione politica intelligente e aperta al futuro. Sotto questo profilo lo jus soli costituisce una legge indispensabile per dare a migliaia di bambini, figli di genitori stranieri ma nati in Italia, il diritto, la responsabilità e l’orgoglio di sentirsi italiani, parte integrante di una comunità che è convivialità armonica di differenze.

L’accoglienza seria, attenta, responsabile, rispettosa dell’altro e delle regole investe la nostra dimensione etica e morale prima ancora che politica e sociale e rappresenta la condizione imprescindibile per costruire insieme un futuro di pace, giustizia e benessere solidale per noi e i nostri figli.

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