Riceviamo e pubblichiamo integralmente la lettera aperta al sindaco di Sezze e alla cittadinanza da parte del Comitato murodellatèra
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Siamo giunti ormai a Natale, si sono già accese anche le luminarie nel paese e sono iniziate le celebrazioni liturgiche dell’Avvento, oltre alle prime manifestazioni culturali, teatrali e musicali previste nel programma del Natale Setino 2019. Ma il cantiere al “murodellatèra” sta ancora lì, bloccato e invasivo. Il Sindaco, al “question time” del 15 Novembre scorso, aveva annunciato la volontà politica di proseguire i lavori per il posizionamento della statua di S. Lidano al centro del Belvedere, dichiarando risolte le problematiche tecnico-amministrative che avevano portato l’Ufficio Tecnico Comunale all’ordinanza di blocco dei lavori al cantiere il 21 maggio 2019, prospettando l’imminente coinvolgimento del Consiglio Comunale sulla dichiarata soluzione alla problematica. Qualche giorno dopo, nel corso di un incontro pubblico presso l’Auditorium S. Michele Arcangelo, lo stesso Sindaco, di fronte alle criticità sollevate da più parti sul nebuloso iter del procedimento seguito fino a quel momento rispetto alle chiare normative nazionali e locali sulla tutela urbanistica e paesaggistica di Piazza Duomo, si era impegnato a verificare la possibilità di esplorare una diversa soluzione che potesse portare al posizionamento della statua in un luogo diverso rispetto a quello originale, come auspicato anche da questo Comitato. Visto che ad oggi non ci sono state comunicazioni e/o nuove iniziative ufficiali sulla problematica né da parte del Sindaco, né da altre Autorità né da altri soggetti interessati in prima persona al progetto, lo scrivente Comitato, come segno tangibile di rispetto per le dovute rinnovate riflessioni e/o decisioni dell’Autorità pubblica, si impegna a mettere in atto unilateralmente un periodo di attesa silenziosa, evitando di organizzare manifestazioni pubbliche di protesta e per il ripristino del “murodellatèra” libero, con il possibile coinvolgimento della stampa, locale e nazionale. Ci impegniamo però fin d’ora, passato il periodo delle festività, e in caso di perdurante silenzio di proposte solutive da parte del Sindaco e della politica tutta, a pianificare ogni utile iniziativa, finanche di carattere legale, a difesa e tutela di un’area pubblica che da ben 7 mesi di fatto è occupata abusivamente da un cantiere che, oltre ad imbruttire indegnamente la bella Piazza Duomo con la Cattedrale, limita l’accesso delle persone (anche turisti e compaesani di ritorno in questo periodo festivo) all’affaccio del Belvedere, privandole di fatto del suggestivo personalissimo infinito mirare su tramonti, panorami notturni e pianura Pontina fino alle isole Pontine.
Lo stato attuale del cantiere sospeso al belvedere di Sezze
Il pallone tensostatico di via Roccagora di Sezze sarà intitolato a Linda Grassucci, la grande campionessa di karate che ci ha lasciati prematuramente poche settimane fa dopo una lunga lotta contro un male incurabile. Nella mattinata di oggi la conferenza dei Capigruppo di Sezze, convocata dal presidente del consiglio comunale Enzo Eramo, ha deciso all’unanimità di dare mandato al sindaco Sergio Di Raimo e alla Giunta comunale di deliberare e avviare le procedure per l’intitolazione della struttura sportiva alla cara Linda. Proprio nel tensostatico di via Roccagorga Linda aveva disputato numerose gare e aveva praticato l’arte del karate trasmettendola ad altri ragazzi e ragazze. Tutti i gruppi consiliari di Sezze hanno espresso parere favorevole riconoscendo a Linda il grande valore sportivo ed umano. Linda, oltre ad essere stata una grandissima atleta, era riuscita con naturalezza a conquistarsi la stima, la fiducia e l’affetto dell’intera comunità: la grande partecipazione emotiva legata alla sua prematura scomparsa ne è stato umile esempio. Alla riunione dei capigruppo di oggi, oltre al sindaco Di Raimo e al presidente Eramo, hanno partecipato i consiglieri comunali Eleonora Contento, Rita Palombi, Armando Uscimenti, Alessandro Ferrazzoli, Ernesto Di Pastina, Giovanni Moraldo, Serafino Di Palma, Mauro Calvano e Senibaldo Roscioli.
Il Natale è alle porte, evviva la tradizione!
Scritto da Vincenzo Mattei
E' partito il conto alla rovescia per il Natale 2019, la festa più gioiosa e calda dell'anno. Per i più piccoli che amano gli addobbi e aspettano con trepidazione i regali di Babbo Natale, ma anche per gli adulti che in questa atmosfera di luci e di colori tornano un pò bambini e riscoprono il calore umano e il piacere di stare insieme. E' una tradizione, anzi un insieme di tradizioni che variano da nazione a nazione, da città a città, da famiglia a famiglia. L'albero, le luminarie, il presepe, il pranzo, il cenone, i dolci tipici, la tombola: ognuno ha le sue varianti sul tema. Per convenzione gli addobbi si mettono l'8 Dicembre e si tolgono il 6 Gennaio. Ma c'è chi non rispetta questa regola non scritta iniziando a decorare la casa molto prima. E fa bene! Infatti, secondo alcuni studiosi, le persone che fanno l'albero di Natale in anticipo sono felici. In un mondo pieno di stress e di ansia, la gente associa ciò che è collegato con il Natale alla felicità, evocando forti sentimenti legati all'infanzia. Le decorazioni sono semplicemente un'ancora alle emozioni e all'eccitamento di quando eravamo bambini. Insomma l'atmosfera natalizia ci permette di alleviare il peso della responsabilità di adulti e trascorrere questo periodo in maniera più leggera. Ognuno può e deve vivere il Natale come più gli piace, facendo quello che lo fa stare bene, rispettando le tradizioni oppure creandosene delle nuove, uniche ed esclusive, da ripetere ogni anno e tramandare all'interno della propria famiglia, per rendere questo momento ancora più speciale. Le tradizioni sono quei momenti straordinari che nascono per caso ma che scegliamo di ripetere perchè ci accomunano e ci avvicinano. Una sorte di eterno ritorno di cotechini e tortellini, di torroni e baccalà, di mandorlati e panettoni. Il nostro modo di mangiare, infatti, cambia continuamente ma i cibi delle feste natalizie restano sempre gli stessi. A tal proposito c'è un lungo dibattito tra la voglia di qualcosa di nuovo e la fedeltà alla mensa tradizionale: a spuntarla è sempre quest'ultima. La ripetitività dei pranzi e dei cenoni dipende da un insieme di ragioni. E' come se ogni anno il cibo diventasse il ricostituente del legame familiare e comunitario, un modo per rafforzare la propria appartenenza mangiando insieme le cose di sempre. Ecco perchè ancora oggi le tavole sono all'insegna della opulenza. Perchè l'abbondanza, prima dell èra dei consumi, era un simbolo di prosperità. E rinnovarla, almeno nei giorni di festa, era un rito propiziatorio, uno scongiuro contro l'indigenza quotidiana e la povertà.
Piazza Fontana 1969-2019: fu strage di stato
Scritto da Luigi De Angelis
12 dicembre 1969. Un giorno apparentemente come tanti altri. Natale è vicino.
Milano
Piazza Fontana – Banca Nazionale dell’Agricoltura
Ore 16:37. Un ordigno di sette chili di tritolo esplode nel salone delle contrattazioni, affollato di clienti. Lo scenario che si presenta alle forze dell’ordine e ai soccorritori è apocalittico: un buco si è aperto al centro della stanza, corpi dilaniati e sangue dappertutto. I feriti sono 88, i morti 18. 13 muoiono sul colpo, la diciottesima vittima dopo un anno per le conseguenze dell’esplosione.
Piazza della Scala – Banca Commerciale Italiana
Viene ritrovato un ordigno esplosivo. La borsa che lo contiene viene recuperata e acquisita agli atti del processo. La bomba, che poteva fornire preziosi elementi per identificare gli attentatori,viene fatta brillare nel cortile interno dell’edificio.
Roma
Ore 16:55. Una bomba esplode nel passaggio sotterraneo che collega la Banca Nazionale del Lavoro di via Veneto con quella di via San Basilio.
Ore 17:20 – 17:30. Due ordigni esplodono davanti all’Altare della Patria e all’ingresso del Museo del Risorgimento in Piazza Venezia. I feriti sono 16.
“Alla fine degli anni ’60 alcuni settori dello Stato, e mi riferisco ai servizi segreti, al SID, ai vertici militari e ad alcune forze politiche, pianificarono l’uso di giovani terroristi di estrema destra per fermare l’avanzata elettorale della sinistra, che allora sembrava inarrestabile. Le bombe servivano a spaventare i moderati e l’effetto politico veniva amplificato infiltrando e accusando falsamente i gruppi di estrema sinistra” (Gerardo D’Ambrosio, magistrato).
È la strategia della tensione che per oltre 20 anni insanguina l’Italia. L’obiettivo è sovvertire le istituzioni democratiche ed imporre una svolta autoritaria.
Il Questore di Milano, Marcello Guida, direttore sotto il fascismo del confino politico sull’isola di Ventotene, dove vennero detenuti Pertini, Spinelli, Terracini e altri antifascisti, e l’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno intervengono immediatamente per condizionare le indagini su Piazza Fontana, depistarle, indirizzarle verso anarchici ed estrema sinistra e coprire i veri responsabili. Vengono eseguiti numerosi arresti. Giuseppe Pinelli, uomo mite e contrario alla violenza, viene fermato il 12 dicembre dal vicecommissario Luigi Calabresi e interrogato nella Questura di Milano per 72 ore nel tentativo di fargli confessare di aver aiutato Pietro Valpreda a compiere l’attentato. Valpreda, un anarchico da tempo trasferitosi a Roma e in quei giorni a Milano perché convocato per essere ascoltato dal Giudice Istruttore Amati in quanto indagato per un volantino contro il Papa, è il principale sospettato, la polizia sa dove si trova, ma viene arrestato solo quando si presenta in Tribunale il lunedì successivo. Il 16 dicembre Giuseppe Pinelli muore precipitando da una finestra del quarto piano della Questura.
Le indagini sugli anarchici e l’estremismo di sinistra non producono alcun risultato. Giuseppe Pinelli, Pietro Valpreda e tutti gli altri arrestati sono estranei agli attentati. Solo quando la magistratura rivolge l’attenzione ai neofascisti veneti di Ordine Nuovo emergono riscontri e prove vere, vengono rinvenuti arsenali di armi ed esplosivi. Il neonazista Franco Giorgio Freda e il suo complice Giovanni Ventura sono riconosciuti colpevoli di 17 attentati, ma assolti in appello per insufficienza di prove per la strage di Piazza Fontana, grazie anche ai depistaggi che costano una condanna per favoreggiamento a due ufficiali del SID, risultati poi affiliati alla P2. I processi celebrati negli anni sono stati a lungo una parodia della giustizia, un fare e disfare sentenze che hanno garantito l’impunità a burattinai e manovalanza. La sentenza della Cassazione del 2005, pur riconoscendo la colpevolezza di Freda e Ventura in quanto ideatori dell’attentato, li manda assolti per essere non più punibili in quanto processati e prosciolti con sentenza definitiva nel 1987 per i medesimi reati, in ossequio al principio giuridico del “ne bis in idem”. L’autore materiale, la persona che lasciò la bomba all’interno della banca non è mai stata identificata.
La strage di Piazza Fontana è l’archetipo del tradimento dello Stato nei confronti dei cittadini, un tassello di un progetto di destabilizzazione più ampio, ma racconta anche la risposta forte e democratica alla strategia violenta e autoritaria degli apparati deviati e della loro complice manovalanza, l’estremismo neofascista. A Milano la mattina dei funerali delle vittime piazza Duomo e le strade adiacenti, gremite di cittadini, mostrano un’Italia che non si piega, non accetta la prospettiva antidemocratica e golpista e difende la Costituzione, i diritti e le libertà.
La Repubblica si dimostra più forte degli apparati deviati, dei politici imbelli e complici, dei militari felloni che hanno tradito la Costituzione su cui hanno giurato. La storia dell’Italia è disseminata di stragi, che hanno preannunciato e seguito quella di Piazza Fontana, rimaste per lo più impunite grazie alle complicità di cui hanno goduto i responsabili e ai depistaggi. Tuttavia quello che sappiamo, quanto accertato nel corso degli anni è frutto dell’impegno e del sacrificio di uomini e donne delle forze dell’ordine, della politica, di magistrati, giornalisti, esponenti della cultura, cittadini che hanno lottato per difendere la democrazia ed ottenere verità e giustizia.
Un pensiero doveroso va a Giuseppe Pinelli, ascritto a ragione tra le vittime di Piazza Fontana, un innocente detenuto illegalmente, dato che l’arresto non è mai stato autorizzato da nessun magistrato, vittima di pesantissime e infondate accuse e di una assurda e mai chiarita fine. L’inchiesta sulla sua morte è archiviata cinque mesi dopo dal Giudice Istruttore Amati come “suicidio accidentale”. Cosa è successo veramente nell’ufficio al quarto piano della Questura di Milano? Chi sono le persone presenti? Perché nella stanza dell’ospedale dove Pinelli è agonizzante possono entrare solo i poliziotti e ai familiari è consentito unicamente dopo la sua morte? La verità non è mai emersa. Sicuramente i funzionari di polizia hanno mentito.
Sono trascorsi cinquanta anni.
Il buco nel salone delle contrattazioni della Banca Nazionale dell’Agricoltura, i morti e i feriti non sono solo una pagina tragica della storia del nostro paese, ma ci interrogano e ci sollecitano a lottare per la verità e la giustizia, contro impunità e silenzi che hanno contrassegnato tante altre vicende dolorose in questi anni.
Abbiamo il dovere di ricordare, di coltivare la memoria perché non succeda più.
Un paese senza memoria non ha futuro.
In occasione della Giornata Mondiale dei Diritti Umani, l'amministrazione comunale di Sezze ha invitato tutti gli istituti scolastici a partecipare ad una manifestazione che si terrà proprio martedì 10 dicembre in città. L'assessore alla Scuola e alla Politiche Giovanili, Giulia Mattei, ha inviato una lettera alle dirigenti scolastiche di Sezze per chiedere la partecipazione degli alunni alla bella iniziativa nella quale saranno coinvolti direttamente gli alunni setini attraverso la lettura degli articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. L'appuntamento è per il 10 dicembre alle ore 10 presso Piazza Ferro di Cavallo e da qui partirà un corteo con tutti i partecipanti sino a Piazza De Magistris dove avrà luogo la manifestazione in tutto il suo programma. L'assessore Mattei chiede partecipazione e condivisione dell'intera comunità ad una giornata importante che ha segnato una svolta nella storia dei diritti umani.
Il sindaco e l'assessore Mattei
198 giorni senza il Belvedere. Tra sondaggi farlocchi e clamorose assenze istituzionali
Scritto da Alessandro Mattei
Nihil sub sole novum, recita un antico passo biblico, nulla di nuovo sotto il sole. In prossimità del Natale, e precisamente il 21 dicembre, il cantiere sospeso del Monumento che si vuole edificare a San Lidano spegne le sue prime 7 candeline. Sette mesi di impasse politico e amministrativo, sette mesi di attesa nella speranza che il buonsenso prevalesse su logiche ad oggi ancora incomprensibili. Sette mesi di impegni disattesi, nonostante ci sia stata ampia volontà a trovare un compromesso per condividere una scelta che, di fatto, ha diviso l’opinione pubblica. Tutto inutile ad oggi, come il cantiere fermo sul Belvedere, diventato ricettacolo di immondizia, degrado, fotografica a colori di una politica che non c'è e, soprattutto, muro di scontro tra correnti politiche, partitiche e addirittura personali. In tempi in cui si festeggia la caduta dei muri e si auspica la costruzione di ponti come non si stanca di dire Papa Francesco, a Sezze si va controcorrente e le divisioni, le lacerazioni vanno oltre la politica, passando per le sacrestie e sconfinando in ambiti famigliari e personali. Fatto sta che tra sondaggi farlocchi, polemiche social, messaggini e post boriosi e autoreferenziali, la comunità di Sezze da 198 giorni non gode più di un’area meravigliosa, di un luogo magico, uno spazio storico e favoloso qual è il Muro della Tèra di Sezze. La battaglia pacifica e trasparente del comitato spontaneo ha acceso i riflettori su un nuovo scempio perpetrato ai danni della nostra città, su un modo di amministrare la città che allunga le distanze con i cittadini e li piega alle sole scelte di palazzo. Evidentemente si vuole così, si vuole educare al brutto, alla non partecipazione, all’assenza di comunità. A proposito di assenza, delude molto una certa politica e alti rappresentanti istituzionali per la loro clamorosa assenza nel dialogo e nella compartecipazione nella vicenda del Belvedere. Come se non fossero di Sezze, costoro, si sono eclissati dietro ruoli apparentemente super-partes, offendendo una città.
“La determinazione n. 604 è contraddittoria e incompatibile con il precedente orientamento della Commissione “Lavori Pubblici” e con la deliberazione n. 100 della Giunta Comunale che aveva emesso indirizzi politici di un parcheggio con custodia”. I consiglieri comunali del Biancoleone non ci stanno a quanto deciso dal dirigente della Polizia Locale di Sezze Lidano Caldarozzi, relativamente alla determina di affidamento in concessione del servizio di gestione dei parcheggi pubblici a pagamento del Comune di Sezze presso la stazione ferroviaria di Sezze Scalo. “Caldarozzi al contrario degli indirizzi politici della Commissione e della Giunta Comunale -affermano i consiglieri di opposizione - con determinazione n. 604 del 27/11/2019 asserisce “che è volontà di questa Amministrazione attivare una procedura di gara per l’affidamento della gestione di parcheggi pubblici a pagamento, senza custodia in concessione per il periodo di dieci anni naturali successivi e continuativi, relativi al parcheggio adiacente alla stazione ferroviaria di Sezze Scalo sito in via Archi”. Il gruppo Biancoleone fa presente “la contraddittorietà tra gli atti del procedimento” rilevando un “eccesso di potere” in quanto “sussiste un contrasto inconciliabile tra gli atti di indirizzo degli organi politici e la determinazione n. 604 sottoscritta dal Dott. Caldarozzi, tale da far sorgere dubbi su quale sia l’effettiva volontà dell’amministrazione Comunale di Sezze”. I consiglieri comunali Giovanni Moraldo, Serafino Di Palma e Paride Martella, in mancanza del prospetto sugli incassi presunti, si chiedono inoltre “come può essere stabilito un importo massimo presunto del servizio per la durata di 10 anni di Euro 300.000,00 da riconoscere al Comune”, così come “appare eccessiva” una durata così lunga della concessione relativa alla gestione di un parcheggio pubblico. “La durata della concessione di 10 appare eccessivo e da comparazioni con altre amministrazioni non trova alcun riscontro. Perché non è stata prevista la durata della concessione in parola di 3 anni coincidenti con la scadenza del mandato del Sindaco? Perché con la scelta della concessione di 10 anni si vuole vincolare le future amministrazioni del nostro Ente ?Perché non è stata presa in esame l’ipotesi della gestione in proprio o con la SPL del parcheggio ferroviario di Sezze Scalo?”. Queste ed altre domande rimaste ad oggi sospese. Il Biancoleone chiede per queste ed altre ragioni la revoca in autotutela della determinazione, risultante “palesemente illegittima per eccesso di potere”.
Il sindaco Di Raimo con Lidano Caldarozzi
Con un frizzante e partecipato spettacolo-dibattito sul tema della condizione della donna, si è concluso il primo ciclo di eventi che il Comune di Roccagorga ha voluto dedicare al tema del contrasto alla violenza di genere. Una serie di iniziative di carattere culturale, artistico, sociale che hanno coinvolto diverse realtà locali e non, per tutto il mese di novembre. Il progetto rientra in quel filone di promozione della cultura del rispetto per cui il Comune di Roccagorga è stato anche finanziato nel 2017 da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Pari opportunità, progetto che sarà sviluppato e ampliato con diverse altre iniziative. “Sono molto soddisfatta delle attività che stiamo realizzando – afferma il sindaco di Roccagorga Nancy Piccaro – La nostra amministrazione è impegnata nel contrasto ad ogni forma di violenza, un tema di assoluto interesse che intendiamo promuovere anche nei prossimi mesi inviando dei messaggi forti attraverso iniziative di carattere sociale e culturale, con sensibilizzazione dei più giovani e delle scuole. Il filo conduttore del nostro mandato amministrativo è rispettare l’impegno preso con i nostri cittadini, cioè promuovere la cultura del rispetto in tutti gli ambiti e in tutte le Forme”.
Il 6 dicembre alle 18:30, presso l’Auditorium Mario Costa in via Piagge Marine, a Sezze, sarà presentato il libro di Daniele Nardi “La via perfetta. Nanga Parbat: sperone Mummery”. All’iniziativa, che ha ottenuto il patrocinio del Comune, saranno presenti il giornalista Andrea Giansanti, lo scalatore Stefano Milani e Remo Grenga, amico di Daniele. A coordinare il dibattito, al quale parteciperà anche la coautrice del libro, Alessandra Carati, sarà il giornalista Gianluca Campagna. Alessandra ha lavorato con Daniele a questo libro per quasi un anno, seguendolo al campo base del Nanga Parbat, e, dopo essere rientrata in Italia, rimanendo in contatto telefonico con lui fino all’ultimo giorno. A lei, Daniele ha affidato il compito di portare a termine l’opera, qualunque cosa fosse accaduta nell’ultima sfida che lo ha visto, purtroppo, non fare più ritorno dalla nona montagna più alta della Terra. Nella sua posta elettronica, la scrittrice aveva un’email che era un impegno: terminare il racconto. on si tratta solo di un libro, ma di una storia dove passione, avventura ed emozioni si fondono per lasciare un segno nella storia. L’evento, organizzato dalle associazioni Panathlon Club Latina, Mountain Freedom e Araba Fenice Sezze, sarà gratuito e, nell’occasione, sarà possibile acquistare il volume.
È Dicembre; è ora di fare il presepe come fece, per la prima volta, San Francesco a Greccio (Rieti) nel 1223 per celebrare la notte di Natale con la ricostruzione della nascita di Cristo. Con la festa dell’Immacolata, insieme all'addobbo delle vetrine e delle luminarie, simbolo di una società sempre più consumistica, si prepara il presepe nelle strade e nei vicoli di ogni paese e città. In ogni casa. E a scuola? L'atmosfera del Natale, fino a qualche anno fa, si collegava con le vacanze. Una gara a farlo più bello e originale, un laboratorio didattico, una collezione di idee e proposte, una fucina di lavoretti con l'impiego dei materiali più disparati, dalla plastica ai tappi di bottiglia, dalla pasta alimentare al muschio. Ogni alunno si incaricava di portare una statuetta per adornare la grotta e la mangiatoia. La celebrazione della Natività cominciava l'otto dicembre, giorno dell'Immacolata, quando si faceva in classe anche l’albero. Adesso invece il Natale parte in tromba ai primi di novembre, dopo Halloween. Le città si trasformano in tanti mercatini. Il nocciolo religioso della notte Santa resta sempre più evanescente, trasformando la solennità religiosa in una campagna commerciale e pubblicitaria. Frammenti che rivelano i cambiamenti in atto della nostra società e delle nostre abitudini. Negli ultimi anni, infatti, questa tradizione si sta affievolendo, sta venendo meno. Sono sempre di più le scuole che mettono al bando l'allestimento del presepe, vuoi per pigrizia o in nome di una presunta laicità. Senza dimenticare, poi, alcuni Presidi iperlaicisti che lo vietano per non offendere i non-cristiani, i musulmani, gli ortodossi, gli ebrei. Nel 2011 la Corte di Giustizia Europea ha dichiarato "che la presenza del presepe corrisponde a una tradizione che si ritiene importante trasmettere e perpetuare". Perché, allora, vietarlo? Il Natale rappresenta un momento magico, un simbolo di pace e di fratellanza: non ha mai fatto male a nessuno. È il trionfo della infanzia nella sua purezza e semplicità. Vuole ricordare ai bambini e ai ragazzi (e forse agli adulti!) che lo scambio e il dialogo con "gli altri" è un bene che si promuove per far conoscere e rispettare le proprie tradizioni e quelle altrui, e questo soprattutto a coloro che vivono in un Paese diverso dal loro. I musulmani, in verità, non dovrebbero offendersi affatto. Il Corano parla ampiamente della nascita di Gesù. L'Islam lo venera con Maria e riconosce il dogma dell'Immacolata Concezione. La scuola, dunque, ha il compito di saper gestire le differenze, l’integrazione, il confronto senza imporre nulla ma senza farsi condizionare dai pregiudizi e dai proibizionismi religiosi. Questo vale anche per i veri laici, rispettosi di ogni diversità e cultura. Non è detto che per rispettare le idee altrui bisogna rinunciare alle proprie. Il divieto del presepe a scuola è solo una discriminazione al contrario che non aiuta il dialogo e l'integrazione. Noi adulti siamo spesso vittime di un pensiero debole che confonde la tolleranza religiosa con l'indifferenza e la noncuranza. Papa Francesco, a tal proposito, parla di un Dio unico in tutto l'Universo. L'epoca degli dei è tramontata duemila e diciannove anni fa. Non ci può essere una divinità suprema per un solo gruppo di persone, per una sola nazione, per un solo continente, per una sola etnia. Pur nelle differenze di costumi e di tradizioni, di riti liturgici e di religioni, Dio è uno solo sia per i cristiani che per i musulmani, per gli ebrei e i protestanti. E anche per gli atei e gli agnostici!
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Ci sono parole necessarie.
Ci sono parole che se dette restituiscono onore e dignità.
Ci sono parole che sono verità e se scolpite in una sentenza fanno giustizia.
La verità non cancella la perdita ma allevia la sofferenza, la rende più sopportabile.
Stefano Cucchi fu ucciso da chi indossava l’uniforme e il camice bianco del medico: è la verità sancita dalla Corte d’Assise di Roma che arriva dopo dieci anni dalla morte, nell’ottobre del 2009, di un 33enne arrestato per droga e restituito cadavere alla famiglia una settimana dopo. Una vita spenta non per gli esiti imprevedibili di una caduta per le scale, per l’assunzione di stupefacenti visto che era un “drogato di merda”, per un problema cardiaco, per un attacco di epilessia, come qualcuno ha cercato di far credere mistificando i fatti, ma in seguito ad un pestaggio brutale e disumano, opera dei carabinieri che lo avevano arrestato e lo tenevano in custodia, alla cinica negligenza e indifferenza di chi avrebbe potuto e dovuto curarlo e invece lo lasciò morire di fame, di sete e di dolore. È stato trattato come materiale di scarto di una umanità dolente, indegno di considerazione.
Lo Stato ha la sua legittimazione giuridica e morale nella volontà libera dei cittadini, nel patto democratico con il quale questi si spogliano della prerogativa di tutelare da sé la propria integrità e la conferiscono ad un ordinamento sovraordinato, cui affidano il compito regolativo del vivere sociale mediante norme comuni e condivise, alle quali tutti sono assoggettati comprese le istituzioni e quanti sono chiamati a garantirne l’applicazione. Se lo Stato disattende a tale funzione e addirittura attenta all’integrità delle persone, cessando di essere presidio e garanzia dei diritti e delle libertà, della tutela integrale di tutti e di ognuno senza distinzioni, viene meno alla sua stessa ragion d’essere, crolla lo stato di diritto.
La sentenza sulla morte di Stefano Cucchi ha aperto uno squarcio nella cortina di silenzi, menzogne, depistaggi sistematici e continuativi messi in atto da personalità di vertice dei Carabinieri, finalizzate ad occultare le responsabilità, a coprire i soprusi e impedire l’accertamento della verità in ragione della presunta necessità di tutelare il buon nome delle istituzioni, dell’Arma. Tale argomento è assurdo e falso. Invero questi personaggi hanno cercato unicamente di garantire loro stessi e le proprie carriere, di assicurarsi salvacondotti e impunità e con il proprio agire hanno infangato e devastato le istituzioni incrinandone la credibilità. La responsabilità penale è personale e dei reati ne risponde l’autore non una categoria.
Abbattere la vischiosa rete degli apparati non è stato agevole, ha richiesto la fermezza di una sorella, di una famiglia, di un avvocato e il coraggio dei magistrati che non si sono lasciati intimorire dalla prospettiva di dover sfidare poteri consolidati e inviolabili, animati dalla convinzione che solo uno Stato in grado di processare se stesso, di correggere i propri errori e condannare l’infedeltà dei propri servitori è uno Stato forte, capace di dare concreta attuazione al principio di uguaglianza sostanziale di tutti i cittadini davanti alla legge.
Le considerazioni sulla persona di Stefano Cucchi, sui suoi comportamenti, le sue scelte, le sue fragilità, i suoi trascorsi giudiziari, la sua tossicodipendenza non hanno nulla a che fare con la sentenza. Nessuno, a cominciare dalla famiglia, ha mai contestato la legittimità di quell’arresto, o ha sostenuto che spacciare è legittimo o che la droga fa bene. In questi anni tanti hanno fatto distinzioni inesistenti, si sono improvvisati fini giuristi e hanno dato voce ad un legalitarismo d’accatto, magari hanno anche ammesso che i carabinieri avevano un po’ esagerato con le botte ma lui se l’era cercata, in fondo era colpa sua visto che girava con la droga in tasca e non si sono accorti che quel corpo distrutto, di trentasette chili, era l’emblema dello stupro perpetrato ai danni delle garanzie costituzionali, le quali debbono valere per chiunque compreso chi finisce sotto tutela dello Stato. Quanti commettono reati, anche i più abominevoli, sono persone, un tossico è una persona, per giunta debole che ha bisogno di essere difeso anche da se stesso e lo Stato non può e non deve ammazzarli di botte.
Stefano Cucchi per anni è sembrato essere accusato della sua stessa morte, quando invece è stato vittima di gravissime violazioni dei diritti umani.
La speranza è che questa sentenza accenda una luce nelle coscienze nostre e di quanti, ad ogni livello, assolvono funzioni ed esercitano responsabilità a tutela della legalità, dei diritti e delle libertà delle persone. C’è bisogno di parole di verità per i tanti, troppi casi, uguali a quello di Stefano Cucchi, per le tante vittime che ancora non hanno ottenuto giustizia, per Giuseppe Uva morto nel 2008, per Michele Ferrulli morto nel 2011, per Roberto Mogherini morto nel 2014 e tanti altri ancora.
In uno Stato democratico e di diritto il perseguimento di questi obiettivi dovrebbe essere compito ordinario delle istituzioni per garantire non solo chi ha la stessa forza e determinazione dei familiari di Stefano Cucchi nel portare avanti la battaglia, ma soprattutto chi è più fragile, debole e meno attrezzato.
Il murales che rende viva la scuola del quartiere Crocevecchia
Scritto da Alessandro Mattei
Un progetto molto interessante ed esteticamente straordinario. Un gruppo di artisti ha quasi completato dei murales presso il plesso scolastico di Crocevecchia a Sezze, rendendo l’ingresso della scuola più accogliente, allegro e vivo. Ne saranno realizzati altri in altre scuole della città. Si tratta indubbiamente di una iniziativa brillante, giovanile che, oltre a mettere in mostra una vera e propria arte, regala alla scuola e agli studenti quel senso di gioia e spensieratezza necessaria per la crescita sana di un bambino. Gli artisti che hanno realizzato il murales sono due ragazzi di Latina, Otaf e Zoto. Non sappiamo chi ci sia dietro questo progetto, un hashtag ce lo suggerisce (#amosetia) ma è davvero bello e utile, ma sappiamo con certezza che all'ombra ci sono ragazzi che amano veramente la nostra città. Ovviamente l'idea è stata sposata, condivisa e sviluppata dall'amministrazione comunale di Sezze, dal presidente della commissione consigliare cultura Federica Fiorini e dall'ex assessore alla Scuola Paola Di Veroli. Il tema su cui molti studenti hanno lavorato è "La Sezze che vorrei". Molti alunni hanno lavorato in classe e poi realizzato dei disegni diventati oggi dei murales. La scuola resta l’unico luogo deputato alla formazione della persona, del suo carattere e della sua identità. Accogliere un alunno così non può che essere utile al suo sviluppo. Chi ha vissuto questi quartieri sa quanto è difficile organizzarsi e condividere spazi e idee. Il popoloso quartiere di Casali-Crocevecchia ne è un esempio. La periferia, pur nel miglioramento generale rispetto al passato, resta ancora isolata da quelle che sono le diverse opportunità che offre un centro cittadino, seppur modesto come Sezze. Complimenti.
Il presidente della sezione ANPI di Sezze, prof. Giancarlo Loffarelli, tramite una lettera inviata ai rappresentati istituzionali di Sezze, in occasione della Giornata della memoria del prossimo 27 gennaio, ha proposto formalmente di conferire la cittadinanza onoraria a Sami Modiano e Piero Terracina, sopravvissuti ai lager nazisti di Auschwitz. “Entrambi in passato – si legge nella lettera indirizzata al sindaco e al presidente del consiglio comunale di Sezze- hanno avuto occasione di incontrare nella nostra città cittadini e studenti per portare la propria preziosa testimonianza e sempre è stata forte l’emozione che il racconto della loro esperienza di deportati ha lasciato in tutti”. L’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia spera che questa proposta venga accolta da ognuno “al di là delle proprie appartenenze politiche come forte segnale di unità della nostra città nella volontà di far memoria di quanto accaduto affinché esso non si ripeta più”.
Il portavoce del Comitato Acqua Pubblica di Sezze, Paolo Di Capua, si inserisce nell’acceso dibattito del monumento di San Lidano che l’amministrazione comunale Di Raimo intende realizzare al centro del Belvedere di Santa Maria. Di Capua taglia la testa al toro e propone di posizionarla all’ingresso della città, e cioè a Sant’Andrea o in un quartiere periferico. La proposta di Sant’Andrea è stata già comunicata al sindaco. “ll luogo dove posizionare la Statua di San Lidano secondo il mio modesto parere, era in un quartiere, zona, rione o piazza di forte necessità – afferma Di Capua - attraverso una decisione coinvolgente, partecipata. Dispiace, ma la Comunità è senza anima, i confronti, i dibattiti sulle grosse questioni che hanno stravolto il paese, sono zero, perché gli amministratori sono inadeguati. E' accaduto per l'epigrafe ai Caduti della Grande Guerra. Aspetteremo fino al prossimo bilancio di previsione, poi pronti ad agire. Nel ricordare i Caduti – aggiunge - basta solo sentire ed apprezzare l'operato di altre amministrazioni. Vedi Bassiano, con la commovente presentazione del libro "l soldati di Bassiano nella Grande Guerra" di Massimo Porcelli, con una sala stracolma di cittadini, tutti emozionati nel ricordare i sacrifici e lutti di quella Comunità. L'iniziativa, la partecipazione al ricordo epistolare è la prova di un popolo riconoscente. Qui invece accade che per la sicurezza, si direbbe "tutto qua", iniziative zero, ma tanta pedagogia; per il cimitero come se non fosse accaduto nulla; per la consegna del depuratore, non sono soldi pubblici; per l'ingente somma spesa per la difesa dell'Ente causa con A&G, il male causato da loro stessi; per la differenziata che non decolla, fa che qualcuno Rida; per le strade sconnesse e del centro storico irriconoscibile, palazzi pubblici in stato pietoso; una ZTL improponibile per mancanza di aree a parcheggio. Per le grandi questioni, meglio il silenzio, perché già hanno tanto depresso il paese. Un male oscuro ci attanaglia, iniziano le cose, le attività, le strutture con le trombe e poi finiscono nel totale silenzio per mancanza di anima. E‘ probabile che ci salverà la congiunzione astrale, quella di una giunta con 3 sindaci, imprendibile, irripetibile. Vedremo se riusciranno a ri-sollevare il paese, se riescono saneranno la Comunità e se stessi. Mai arrendersi alzando la bandiera bianca, con tenacia andremo avanti.