Riceviamo e pubblichiamo integralmente la lettera J'accuse scritta da Franco Abbenda indirizzata al sindaco di Sezze Sergio Di Raimo
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Gentile Signor Sindaco di Sezze,
permettetemi - grato per la benevola accoglienza con la quale qualche giorno fa mi avete omaggiato - di preoccuparmi per la Vostra giusta gloria e dirvi che la Vostra buona stella, se felice fino ad ora, è minacciata da una macchia che rischia di travolgerVi. Avete conquistato i cuori degli elettori, i voti della coalizione e vinto le elezioni amministrative del 2017 al primo turno, diventando Sindaco di Sezze alla testa di una giunta di centro-sinistra. Da qualche mese però siete alle prese con diverse grane politico-amministrative che costituiscono una prova nel vostro percorso di governo, a dire il vero – permettetemi - non ancora brillante e illuminato come da molti auspicato. Corre voce che Vi stiate preparando a presiedere al trionfo solenne della vostra esposizione politica più recente: la realizzazione di un progetto che vedrebbe una statua di San Lidano occupare l’area pubblica prospicente l’affaccio del Belvedere di Piazza Duomo – il murodellatèra per noi -, operazione che appare a molti spericolata, ricolma di ombre procedurali e non partecipata. È finita, Sezze ha ormai sulla guancia questa macchia, la storia scriverà che sotto il Vostro mandato è stato possibile commettere questo vero e proprio disonore culturale ed urbanistico. E poiché è stato osato, oserò anche io. La verità, la dirò io, poiché ho promesso di dirla, se la giustizia, regolarmente osservata non la proclamasse interamente. Il mio dovere è di parlare, non voglio essere complice. Le mie notti sarebbero abitate dallo spirito dell’uomo innocente che espia laggiù nella più spaventosa delle torture un crimine che non ha commesso. Non so in nome di chi Voi avete deciso di battervi per quel progetto, forse in nome della religiosità popolare o di quella che avete ritenuto un’offerta troppo a buon mercato per non accettarla.
Not in my name!! Ed è a Voi signor Sindaco, che io griderò questa verità, con tutta la forza della mia rivolta di uomo onesto e tenace. In nome del Vostro onore, sono convinto che la ignoriate, seppur non del tutto. E a chi dunque denuncerò se non a Voi, prima Autorità del paese?
Un privato cittadino, ad Aprile 2018 Vi ha proposto un regalo per il paese, dichiarandosi disponibile a finanziare tutti i costi per l’installazione della statua e la collegata progettazione. Il 1° Giugno dello stesso anno, la Giunta da Voi presieduta ha preso atto della suddetta donazione plaudendo al gesto magnanimo. Però, appena dopo una settimana (8 Giugno) vi è stata necessità di rettificarla: infatti avete precisato (con altra delibera di Giunta) che la statua, seppur rivestita come pacco dono, sarebbe rimasta comunque di proprietà del donatore e non acquisita al patrimonio dell’Ente comunale. Questo è stato il primo vero vulnus, la ferita mortale alla democrazia e alla delega pro tempore che avete ricevuto dal Popolo indossando la fascia tricolore, quella che Vi onorate di portare.
Voi avete giurato di essere l’esecutore principale e il responsabile della gestione degli interessi della res pubblica, quelli di tutta la cittadinanza, compresi quelli relativi alla tutela dei suoi beni storici, culturali, paesaggistici ed urbanistici. Con il secondo passaggio in Giunta, invece, Voi avete sancito, ahimè, che l’interesse – più o meno legittimo – di UNO fosse riconosciuto superiore ai diritti di TUTTA SEZZE, a difesa delle ricchezze che c’erano già.
Non è un fatto da poco. Se infatti la statua (con relativo progetto) fosse stata davvero donata al Comune, sarebbe stata poi l’Amministrazione a dover avviare un iter procedurale completo, prevedendo necessariamente un bando di gara pubblica per l’aggiudicazione dei lavori di posizionamento della statua o meglio identificare un altro spazio pubblico più idoneo ad ospitare la statua in luogo del Belvedere. Invece, accettando di accontentare la richiesta del donatore-non donatore con la seconda delibera, avete scolpito su carta la sua volontà di rimanere comunque proprietario della statua.
In questo modo il cantiere - aperto dal privato nel successivo maggio 2019 -, è stato da subito caratterizzato dall’anomalia di essere un cantiere privato ma aperto in area pubblica; io lo riterrei abusivo, perché privo di uno specifico atto che ne avesse stabilito la concessione ad occuparla con una statua privata.
A nulla sono valse le voci allarmate delle novelle Cassandre (50 circa, non di più) che Vi hanno chiesto di fare marcia indietro e riconsiderare il tutto, anche alla luce delle normative nazionali vigenti sulla difesa dei beni paesaggistici del centro storico, tutelate anche dal Piano Regolatore. Poi sappiamo tutti com’è andata: Ordinanza di blocco lavori e otto mesi passati senza atti ufficiali.
Adesso il Consiglio Comunale – mai coinvolto prima nel progetto - dovrebbe sancire, benedicendola, la vostra più volte dichiarata volontà di far ripartire i lavori ad ogni costo, magari in seguito all’acquisizione della statua al Patrimonio pubblico (prima sì, poi no, poi di nuovo sì).
Timeo danaos et dona ferentes. A volte gli “amici” che portano doni sarebbero da temere, non da assecondare acriticamente. Ma tant’è, nessuno ascoltò Laocoonte davanti al cavallo di legno nel mito di Omero (e Troia fu conquistata), così Voi non avete ascoltato le voci adirate di chi ama il Murodellatera bello così, senza statue com’era. Ma non è più tempo di cavalli e di profezie.
FermateVi, Signor Sindaco, prima che sia troppo tardi. Io Vi accuso (J’accuse, figurato ma non troppo) di una colpa che sarebbe indifendibile e Vi chiedo di cambiar rotta anche ora, non per me ma a difesa di un bene collettivo, immateriale: il senso dell’orgoglio setino che ci pervade dal Belvedere di Santa Maria nel maestoso affaccio sulla pianura, lo stesso che rischia di essere irrimediabilmente compromesso da un’opera e un’operazione di cui non si sono capiti ancora la necessità e il fine ultimo. E se proprio non sarete Voi ad invertire la direzione che sembrerebbe intrapresa, spero vivamente che saranno i consiglieri comunali, anche quelli della Vostra maggioranza - muti testimoni delle Vostre e altrui mire-, in un impeto di orgogliosa responsabilità civica ed indipendenza morale, a farVi cambiare idea bocciando la soluzione che Voi state per proporre.
L’atto che io compio non è che l’ultimo disperato mezzo utopistico (quindi illusorio) per accelerare l’esplosione della verità e della giustizia. Ho soltanto una passione, quella della luce, in nome dei concittadini – lo scomparso amico Sergio Bracaglia in primis - che hanno tanto sofferto l’occupazione del murodellatèra e che hanno diritto alla felicità dell’anima che scaturisce in ognuno, anche in Voi immagino, da quel luogo, quando era libero e quando sarà liberato con il ripristino integrale che auspichiamo. La mia protesta infiammata non è che il grido della mia anima. Vogliate gradire, signor Sindaco, l’assicurazione del mio profondo rispetto da concittadino.
Franco Abbenda
P.S. In questo appello alcune frasi sono tratte dal celeberrimo J’accuse di Emile Zola, indirizzato all’allora Presidente della Repubblica francese Felix Faure, in difesa del capitano Dreyfus, pubblicato sul giornale l’Aurore. Io ho provato a rubarne alcuni passaggi adattandoli al contesto locale che in cuor ci sta.