Molti insegnanti in fuga dalla scuola
Ben quarantamila insegnanti vanno in pensione, di cui 25.000 grazie alla formula 62/38 (sessantadue anni di età e trentotto anni di contributi), e altri 15.000 con i requisiti ordinari. Un vero e proprio esodo. Un segnale evidente del malessere della categoria che si sente ormai priva di autorità e inascoltata. Ho sentito, in questi giorni, alcuni miei ex-alunni, diventati nel tempo insegnanti, dire con rammarico : "Le nostre competenze, oggi, sono inutili; non abbiamo più ragion d'essere; se gli alunni vanno male e non studiano, la colpa è sempre e soltanto nostra". E pensare che, fino a qualche anno fa, il lavoro dell'insegnante era tenuto in grande considerazione e godeva di stima e prestigio sociale. Eppure ancora oggi, attraverso un lungo e travagliato percorso (supplente, precario, concorso, liste di attesa, graduatorie di 1 e 2 fascia, graduatorie permanenti) si raggiunge la sospirata mèta del posto fisso. Il maestro o il professore si è reso conto, così, di essere diventato l'anello debole del triangolo docente-alunno-genitori. Anzi, molto spesso, è considerato eterno privilegiato con tre mesi di vacanze e ponti tutto l'anno. Con grande preoccupazione e sconforto ha imparato che la prima cosa da evitare sono i ricorsi, la culpa in vigilando, e una reputazione uguale a zero, ultimi in Europa. Eppure la Scuola è l'ultimo luogo dove gli italiani condividono una esperienza comune, dove hanno l'opportunità di conoscere ed istruirsi, di prepararsi alla vita futura; essa resta un baluardo per la crescita e la socializzazione dei ragazzi è una occasione di altissimo livello cognitivo, civico e sociale. E allora come è potuto accadere tutto ciò? Le riforme succedutesi negli anni, spesso inseguendo le mode più strampalate, hanno dato una impronta indelebile alla Scuola italiana. Le tre I (inglese, impresa, informatica) della Riforma Moratti hanno impresso alla Scuola il segno di una istituzione efficientistica e funzionale al mercato, affidata alle risorse dei singoli e alle scelte di un modello "confindustriale". In questo tipo di modello educativo, gli insegnanti non servono più.Tutto quello che essi sanno non conta. Vengono considerati portatori di un sapere vecchio e inutile, depositario di privilegi ingiustificati. Storia, filosofia, letteratura e matematica non contano più. Di conseguenza essi, prendendo forzatamente atto di ciò, hanno interiorizzato questa Scuola al ribasso e si sono disamorati di essa in attesa dei requisiti minimi per andare in pensione. Per fortuna che molti di loro ancora si dedicano con passione e dedizione al loro lavoro, nonostante tutto. La considerazione di cui godono è direttamente proporzionale alla carenza delle materie prime: carta, carta igienica, fotocopiatrici, computer vecchi e inefficienti. Questa Scuola, oggi, ha bisogno di ridefinire i suoi obiettivi educativi e, soprattutto, di risorse per raggiungerli e attuarli. Non si tratta, la mia, della nostalgia del passato di un vecchio insegnante e preside, ma della necessità di recuperare i principi fondamentali educativi e cognitivi, in primis del principio di responsabilità degli alunni e delle famiglie e, poi, del principio di autorità dell'insegnante. Sarebbe auspicabile che qualcuno, nel rispetto dell'autonomia della scuola e della libertà dell'insegnamento, dicesse chi sono gli insegnanti, cosa devono essere, quali obiettivi devono conseguire.