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Molti insegnanti in fuga dalla scuola

Giu 10, 2019 Scritto da 

 

Ben  quarantamila insegnanti vanno in pensione, di cui 25.000 grazie alla formula 62/38 (sessantadue anni di età e trentotto anni di contributi), e altri 15.000 con i requisiti ordinari. Un vero e proprio esodo. Un segnale evidente del malessere della categoria che si sente ormai priva di autorità e inascoltata. Ho sentito, in questi giorni, alcuni miei ex-alunni, diventati nel tempo insegnanti, dire con rammarico : "Le nostre competenze, oggi, sono inutili; non abbiamo più ragion d'essere; se gli alunni vanno male e non studiano, la colpa è sempre e soltanto nostra". E pensare che, fino a qualche anno fa, il lavoro dell'insegnante era tenuto in grande considerazione e godeva di stima e prestigio sociale. Eppure ancora oggi, attraverso un lungo e travagliato percorso (supplente, precario, concorso, liste di attesa, graduatorie di 1 e 2 fascia, graduatorie permanenti) si raggiunge la sospirata mèta del posto fisso. Il maestro o il professore si è reso conto, così, di essere diventato l'anello debole del triangolo docente-alunno-genitori. Anzi, molto spesso, è considerato eterno privilegiato con tre mesi di vacanze e ponti tutto l'anno. Con grande preoccupazione e sconforto ha imparato che la prima cosa da evitare sono i ricorsi, la culpa in vigilando, e una reputazione uguale a zero, ultimi in Europa. Eppure la Scuola è l'ultimo luogo dove gli italiani condividono una esperienza comune, dove hanno l'opportunità di conoscere ed istruirsi, di prepararsi alla vita futura; essa resta un baluardo per la crescita e la socializzazione dei ragazzi è una occasione di altissimo livello cognitivo, civico e sociale. E allora come è potuto accadere tutto ciò? Le riforme succedutesi negli anni, spesso inseguendo le mode più strampalate, hanno dato una impronta indelebile alla Scuola italiana. Le tre I (inglese, impresa, informatica) della Riforma Moratti hanno impresso alla Scuola il segno di una istituzione efficientistica e funzionale al mercato, affidata alle risorse dei singoli e alle scelte di un modello "confindustriale". In questo tipo di modello educativo, gli insegnanti non servono più.Tutto quello che essi sanno non conta. Vengono considerati portatori di un sapere vecchio e inutile, depositario di privilegi ingiustificati. Storia, filosofia, letteratura e matematica non contano più. Di conseguenza essi, prendendo forzatamente atto di ciò, hanno interiorizzato questa Scuola al ribasso e si sono disamorati di essa in attesa dei requisiti minimi per andare in pensione. Per fortuna che molti di loro ancora si dedicano con passione e dedizione al loro lavoro, nonostante tutto.  La considerazione di cui godono è direttamente proporzionale alla carenza delle materie prime: carta, carta igienica, fotocopiatrici, computer vecchi e inefficienti. Questa Scuola, oggi, ha bisogno di ridefinire i suoi obiettivi educativi e, soprattutto, di risorse per raggiungerli e attuarli. Non si tratta, la mia, della nostalgia del passato di un vecchio insegnante e preside, ma della necessità di recuperare i principi fondamentali educativi e cognitivi, in primis del principio di responsabilità degli alunni e delle famiglie e, poi, del principio di autorità dell'insegnante. Sarebbe auspicabile che qualcuno, nel rispetto dell'autonomia della scuola e della libertà dell'insegnamento, dicesse chi sono gli insegnanti, cosa devono essere, quali obiettivi devono conseguire.

Etichettato sotto insegnati in fuga dalla scuola   
Pubblicato in La Terza Pagina
Ultima modifica il Lunedì, 10 Giugno 2019 07:47 Letto 899 volte
Vincenzo Mattei

 

Dirigente scolastico e pubblica amministrazione

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