Caro Sindaco ti scrivo...
Caro Sindaco, ti scrivo …
perché sono un po' preoccupato per il futuro della nostra città di Sezze. Sento, in giro, un po' di sfiducia e di malessere. È certo il dramma del covid-19 ad abbattere gli animi, ma anche l’insoddisfazione verso l’operato della Giunta comunale che hai l’onore di guidare. So bene che, amministrando, non si può soddisfare tutti. Che i sezzesi non si accontentano mai e vogliono sempre di più. Però il clima che si respira è pesante e siccome l’anno prossimo si tornerà a votare per il rinnovo dell’Amministrazione, sarebbe un errore lasciare la città in mano ai rappresentanti del Centro Destra, brave persone, per carità, ma sicuramente ostaggio e allineate con Salvini e con la Meloni. Da te i cittadini non si aspettano miracoli né opere faraoniche che richiederebbero somme ingenti di denaro. In questo periodo le priorità sono ben altre: l’assistenza ai poveri e ai disoccupati, ai cassintegrati, alle ragazze e ai ragazzi in cerca di lavoro, alle famiglie colpite dai contagi del virus, a chi non riesce a sbarcare il lunario. Le grandi opere possono attendere ancora un po', fermo restando che bisogna avere sempre lo sguardo in alto e verso il futuro, se vogliamo far progredire questa nostra città. Mi riferisco, in particolare, alla riapertura dell’Ospedale di prossimità, alla realizzazione di parcheggi, alla sistemazione dell’Anfiteatro, al riordino del Centro storico, alla riapertura del bosco dei Cappuccini, alla ristrutturazione e all’utilizzo dei Palazzi storici del Centro, alla manutenzione straordinaria delle strade, alla cura del verde e delle cunette, alla raccolta dei rifiuti fatta in maniera più accurata, al Tempo pieno nelle scuole, all’asilo nido per tutti, al riordino delle zone di Suso e dello Scalo, a una attenzione maggiore verso le ragazze e i ragazzi etc. In questo drammatico periodo di pandemia, ti dicevo, i cittadini si accontenterebbero di poco, consapevoli delle difficoltà che attraversano tutte le Amministrazioni pubbliche e dei pochi soldi disponibili nel Bilancio. Due cose, in particolare, che non costano niente, o costano pochissimo, apprezzerebbero moltissimo: l’Informazione e il confronto. I cittadini vogliono sapere, giorno per giorno, quello che fa la Giunta comunale, vogliono ascoltare ed essere ascoltati su cosa hai realizzato in questi quattro anni di legislatura, su cosa non hai potuto realizzare, perché, come e quando. Il confronto è il sale della democrazia, non bastano i numeri se sono soltanto cifre fredde e anonime, frutto di operazioni matematiche. I cittadini non sono numeri; vogliono incontrare gli assessori, porre questioni, e possibilmente avere risposte non solo a parole ma con i fatti. Molto spesso si tratta di piccole richieste di chiarimento o di piccoli interventi di manutenzione ordinaria che denoterebbero, da parte degli uffici preposti, attenzione, interesse, partecipazione e amore per la città. La seconda cosa che i cittadini ti chiedono, a costo zero, è un programma puntuale e realistico per il prossimo quinquennio. Le sfide della città di Sezze non sono affrontabili con una maggioranza risicata e raffazzonata all’ultimo momento. Ciò diventerebbe avvilente e riprodurrebbe i difetti del passato. C’è un grande vuoto da riempire: la politica. Intesa non solo come accordi e formule, ma promotrice di valori democratici e antifascisti, di idee e progetti riformisti che possano giustificare la prosecuzione della tua esperienza di governo. Occorre un quadro condiviso sulle linee principali, non buoni propositi e generiche dichiarazioni. Bisogna coinvolgere altri movimenti politici e associazioni presenti in città, saperli coinvolgere e organizzare affinché non si giri a vuoto e non manchi una visione del futuro. La città di Sezze non può progredire senza la prospettiva di dare risposte sui grandi temi da troppo tempo inevasi e rimossi per ignavia o per interessi personali. La capacità del leader non dipende solo dal numero di preferenze e di voti che riesce a raccogliere. I voti sono necessari ma non sufficienti per assicurare il buon governo della città. La mia lunga militanza nella Sinistra mi ha insegnato ad essere leale ma non conformista e ad esercitare la critica costruttiva. In bocca al lupo!
Attenzione ai sovranisti e ai disfattisti di casa nostra!
Chi non ricorda l’on Salvini con la scritta di Trump sul cappello e sulla mascherina, in segno di amicizia e fedeltà al capo dei sovranisti di tutto il mondo, salvo poi, dopo il drammatico assalto al Campidoglio USA. ripensarci e farfugliare qualche mezza parola di pentimento? Non ho alcun desiderio di ironizzare su quella immagine del leader leghista perché si tratta dell’ennesimo tentativo di coloro che sono pronti e intenzionati a cavalcare la rabbia dei nostri concittadini. Un fenomeno eversivo, questo, che si sta allargando a macchia d’olio, anche in Italia, e soprattutto nelle periferie urbane e tra le fasce più deboli e povere. Si tratta di gruppi organizzati, pronti a gridare al lupo e al complotto, disposti a tirare la fune fino a spezzarla, a lanciare il sasso e a nascondere la mano, a fare giustizia con le proprie mani, a compiere gesti rabbiosi contro il “potere” e contro le regole di convivenza civile. Nella storia passata e recente gli incendiari non sono mancati mai. Ricordo gli scontri e le ingiurie subìte dai giovani comunisti, a cavallo degli anni 60 e 70, perché venivano considerati servi dei padroni e sbirri dello Stato oppressore. Poi è scoppiato il terrore e l’uccisione di magistrati e di Aldo Moro. La storia si ripete e non insegna nulla. Il virus antidemocratico della violenza si sta diffondendo ovunque: un clima di sfiducia e di diffidenza nei confronti dell’altro, soprattutto dei politici e di chi esercita legalmente un ruolo istituzionale. Sono tutti ladri e mascalzoni, dicono. Non ci si riconosce più nella comunità di appartenenza, non si condividono più gli stessi valori, ci si sente estranei ed emarginati, in nome di una identità di razza, di colore, di religione. Molteplici sono le cause di questo pericoloso fenomeno: le profonde trasformazioni ideologiche e di costume, le regole civili di convivenza completamente modificate, i rapporti interpersonali e di genere alterati. Inoltre la pandemia del covid-19 sta assestando il colpo finale. L’impossibilità di incontrarsi fisicamente sta generando solitudine e inquietudine degli uni verso gli altri. Le idee e le opinioni, in mancanza di un vero confronto, si trasformano in incomprensioni e contrapposizioni. Quando manca il dialogo la politica langue e si ragiona solo in termini pregiudiziali e ideologici. Occorre uno sforzo di responsabilità e uno slancio ideale da parte di tutti, occorre essere ”costruttori” (Pres. Sergio Mattarella) e non disfattisti. Anche a Sezze tanti sono i problemi da affrontare e risolvere: la riapertura dell’ospedale di prossimità, l’assistenza domiciliare agli anziani e alle persone povere e fragili, la vivibilità del Centro storico, un piano per il traffico, la realizzazione dei parcheggi, la cura del verde e del decoro urbano, il riordino e la sistemazione delle zone di Suso e dello Scalo, l’adeguamento della macchina amministrativa, la programmazione della offerta scolastica e formativa a tutti, nessuno escluso. La tecnologia e il web possono fornire gli strumenti necessari per coinvolgere, far partecipare, informare la cittadinanza. Ebbene, di fronte a questa mole di lavoro è un delitto stare fermi e aspettare. Fra più di un anno si andrà a votare. Non contano più le idee? non valgono più le opere compiute e realizzate? Non vale più l’impegno e la passione politica? A quale democrazia vogliamo fare appello? A quella dei sovranisti e dei disfattisti?
Facciamoci un regalo: riapriamo l'ospedale di Sezze
Non è una battuta di spirito, né il dono di Babbo Natale. Ma un auspicio e un impegno. Sì! Riapriamo l’Ospedale di Sezze! Un ospedale aperto al territorio, di prossimità. Lo scoppio della pandemia del covid-19 ha messo in luce le criticità del sistema sanitario nazionale e, per quanto ci riguarda più da vicino, di quello pontino. Abbiamo assistito, increduli e sconfortati, ad affollamenti e assembramenti davanti al Pronto Soccorso del Goretti, a file chilometriche per il tampone, ad ore di attesa al freddo di pazienti sulle barelle nei corridoi, alla disumana solitudine di anziani abbandonati e lasciati morire, a scene eroiche e sovrumane di medici e infermieri sfiniti ed esausti. Si è svelato davanti ai nostri occhi un Paese inadeguato ad affrontare l’epidemia del coronavirus, sia da un punto di vista sanitario che logistico. Non era inevitabile né ci possiamo consolare che gli altri non sono andati meglio. È stata la dimostrazione palese del fallimento di una politica sanitaria concentrata esclusivamente sulla grande ospedalizzazione e ignara colpevolmente della medicina domiciliare ed extra muraria, il tutto a vantaggio dei privati e delle case farmaceutiche. Il prezzo maggiore, ovviamente, viene pagato dalle fasce più deboli e più povere della popolazione, abbandonate a se stesse. La scelta sciagurata di chiudere gli ospedali del comprensorio lepino (Sezze, Cori, Priverno), compiuta nel corso degli ultimi anni, ha determinato un peggioramento delle condizioni di cura dei cittadini, costretti a ricoverarsi all’ospedale Goretti di Latina e a quello di Terracina. Il risparmio ottenuto(?) è stato dirottato interamente sulle strutture private. I presìdi ospedalieri Lepini, vanto e prestigio dell’intera provincia, sono rimasti vuoti e sempre più fatiscenti, in attesa di un totale e irrimediabile decadimento. Cattedrali nel deserto, che gridano vendetta e che hanno comportato conseguentemente l’impoverimento complessivo dei centri abitati, l’emorragia del personale medico e infermieristico. Tutto l’indotto sociale ed economico è stato mortificato e penalizzato, salvo poi lamentarsi del selvaggio inurbamento delle città. L’ospedale S. Carlo di Sezze, in particolare, ha risentito molto di questa triste vicenda. L’apertura della Casa della Salute, ad opera della Regione Lazio e del suo presidente Zingaretti, ha restituito solo in parte le prestazioni precedenti. Non è questo il momento delle polemiche e della ricerca dei responsabili (che ci sono!) ma di coinvolgere e riorganizzare tutti coloro che si sono sempre battuti per la nobile causa della riapertura. Non è certo semplice né immediato. L’obiettivo è quello di contribuire al rilancio e al miglioramento delle condizioni psico-fisiche della popolazione attraverso l’utilizzo delle risorse esistenti, mettendo in piedi una medicina territoriale e domiciliare di prossimità, non in conflitto con il Goretti di Latina ma in maniera complementare, sussidiaria. Si tratta di affiancare all’ospedale del capoluogo, che deve svolgere sempre più interventi di alta specializzazione e di ricerca scientifica a livello universitario regionale e nazionale, un ospedale di supporto per interventi di routine (ernie, appendicite, chirurgia minore ecc.) con il supporto indispensabile di un Pronto soccorso h.24, di strumenti diagnostici e di laboratorio. Realizzando, così, un circuito virtuoso attraverso l’istallazione di un Centro Unico di Prenotazione mediante sistemi informatici. Le epidemie, purtroppo, saranno ricorrenti se l’uomo continua ad infettare e inquinare l’ambiente! Queste non si sconfiggono negli ospedali ma sul territorio. Il modello Lombardia, tanto decantato prima del covid-19 è fallito. Il virus cammina sulle gambe degli uomini e delle donne e ciò impone una seria riflessione e una svolta nella gestione del territorio e della sanità, una svolta nel modello urbanistico, onde evitare affollamenti e concentrazioni di folle umane. Invertire la tendenza: dalle città ai paesi, dai grandi ospedali a quelli di prossimità. Ci vuole tempo ma bisogna iniziare. Un invito caloroso lo rivolgo ai consiglieri regionali La Penna e Forte e al presidente della commissione regionale Pino Simeone.
Natale: “A che ora è nato Gesù ?”.
Molti parlamentari (per fortuna non tutti!) non sanno come passare il tempo e si divagano in argomenti e disquisizioni inutili e ridicole, per non dire tragicomiche. Come i vecchi sofisti nell’antica Grecia, si pongono quesiti capziosi, inconsistenti, usando tecniche di persuasione al solo scopo di attirare l’attenzione. Denotano così una leggerezza e una insostenibilità democratica a causa del loro infantilismo politico di cui offrono ampia e deludente dimostrazione, insopportabile in questo drammatico periodo di pandemia. Un infantilismo affetto da eccessivo personalismo, da una retorica insistente da campagna elettorale permanente e, per contro, da una manifesta ignoranza e inadeguatezza a svolgere il loro compito istituzionale. Alcuni di questi signori, in prossimità del Natale, si stanno ponendo domande inqualificabili e prive di ogni fondamento: “ Ma Gesù è nato davvero il 25 dicembre? È nato davvero a mezzanotte?” e via di seguito. Siccome la questione riguarda il Padreterno e può generare dubbi in molti di noi, è opportuno precisare che nei Vangeli non è indicato né il giorno né l’ora della nascita del Bambinello. I riferimenti storici su una datazione del Natale risalgono ad autori successivi all’epoca degli Apostoli. La celebrazione della nascita di Gesù, secondo gli storici più accreditati, è stata una scelta della Chiesa di Roma che ha fatto propria la festività pagana del Natalis solis invicti, cioè della nascita del Dio Sole, in coincidenza con il solstizio d’inverno (21 Dicembre). Detto ciò, la proposta del Ministro Francesco Boccia, tesa a far celebrare la Messa di Natale qualche ora prima della mezzanotte per evitare il contagio del virus (a che pro?) ha scatenato il putiferio, ha fatto gridare allo scandalo e ha dato fiato alle trombe. ” Si vuole far nascere Gesù due ore prima! Non rubate il Natale ai bambini! Lasciateli in pace! II Ministro Boccia si occupi delle Regioni! Vogliono far nascere un Bambinello prematuro!!!”. Non è difficile capire che si è toccato il fondo della demenza politica e religiosa! Occorre ricordare a questi signori che non c’è nessun comandamento che impone la celebrazione della Messa del Natale alle ore 24 in punto. Che molte chiese, per motivi diversi, hanno da sempre anticipato la celebrazione. Che il Papa ha celebrato la Messa sempre alcune ore prima della mezzanotte. Ma la cagnara, purtroppo, non è finita qui. “Di che colore era la pelle di Gesù? aveva davvero i capelli biondi e gli occhi azzurri?”. Che il povero Bambinello, nato tra la Giudea e la Galilea, regione corrispondente alla attuale Palestina, non fosse biondo, è molto probabile. Ma allora, l’insistenza volgare su questi dettagli del tutto marginali e impropri, servono davvero a sottolineare e far rivivere il significato del Natale? Lasciamo agli stolti le cose stolte! Gesù è nato più di 2000 anni fa e non è che lo si debba far nascere oggi. Per tutti gli uomini di buona volontà la novella del Natale è un messaggio di condivisione di affetti e della cura verso il prossimo, una rinascita dell’animo e della speranza. Non una festa di consumi, di regali che mette in secondo piano il messaggio evangelico. La festa cristiana sta perdendo il suo significato. Occorre invece saper riscoprire la magia del Natale per riassaporare il gusto della intimità e della pace interiore. Riscoprendo il fanciullino e l’innocenza che è in tutti noi!
L'anno vecchio se ne va...
L'anno vecchio se ne va. Tanti ricordi, un pò di nostalgia. Tante amarezze, poche gioie. Tante promesse, poche realizzazioni. Tante speranze, molte delusioni. E' il ciclo della vita. Allora salutiamo il nuovo anno. Il 2020 non sarà uguale per tutti. Una categoria di persone, quelle oltre gli "anta"(sessantenni-settantenni), di cui faccio parte, rifiutano ostinatamente di contare gli anni. Rifiutano di invecchiarsi. Per loro, il tempo si è fermato. La pensione tanto sospirata è arrivata, fortunatamente. Molti di loro continuano a lavorare, un pò per svago, un pò per arrotondare, un pò perché l'età pensionabile viene continuamente spostata, un pò perché non sanno che fare, un pò perché sono decisamente diversi dagli anziani delle passate generazioni. Più in forma, più sani, più attivi. Merito di un'alimentazione migliore, di maggiori esercizi fisici, di cure preventive e di farmaci. Gli ultra sessantenni-settantenni di oggi non sembrano in procinto neanche di arrendersi sotto il profilo affettivo e sentimentale. Alcuni farmaci (così dicono!), presi al momento giusto, ringiovaniscono la vita e fanno stare in forma! Molti di loro si dedicano ai nipotini. Dalla mattina alla sera, dal lunedì al sabato, spesso anche la domenica e le feste comandate. Qualche volta i genitori ne approfittano perché sanno che senza i nipotini i nonni non avrebbero niente da fare, si annoierebbero, poveretti! I nipotini sono un pezzo del cuore ma non ti lasciano un attimo di riposo e di libertà. Secondo le statistiche, nei paesi industrializzati, gli ultrasessantenni rappresentano l'11 per cento della popolazione, mentre 20 anni fa erano l'8 per cento. La loro aspettativa di vita è cresciuta mediamente di 4 anni rispetto all'anno 2000. Un quinto di essi continua a lavorare. Sono molto propensi a viaggiare e... a fare nuove esperienze e avventure amorose. Negli ultimi anni, infatti, sono cresciute notevolmente le separazioni e, per converso, le unioni civili tra generazioni diverse. Sessantenni accompagnati (o fidanzati) con donne molto più giovani, soprattutto straniere. Insomma è l'anno dei giovani-vecchi! Per tornare alle cose un pò più serie, comunque, è doveroso il giorno di S.Silvestro tracciare un bilancio. Dunque, come sarà il nuovo anno 2020 per tutti noi? "Quella vita che è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non è la vita passata, ma la futura. Con l'anno nuovo, il Caso incomincerà a trattare bene voi e me e tutti gli altri, e allora comincerà la vita felice!"(G. Leopardi. Le Operette Morali. Dialogo tra un venditore di almanacchi e un passeggero). Buon Anno e buona fortuna!