Di sera, mi capita spesso, in solitudine, di passeggiare per il Centro storico di Sezze, nei vicoli adiacenti il vecchio Vescovado, in Via della Speranza dove sono nato e cresciuto. Il senso della solitudine mi soffoca, e ripenso ai giorni felici e innocenti della mia infanzia. L'aspetto della nostra città e della nostra comunità è cambiato. Le botteghe, che riempivano le stradine non ci sono più. Le uniche voci che si sentono, sono di bambini romeni che giocano a palla o a nascondino, come facevamo noi. L'epopea dei supermercati e degli ipermercati ha svuotato il Centro storico per riversarsi in capannoni periferici pieni di ogni ben di Dio. Una trasformazione epocale. Non esiste più la dimensione della relazione diretta tra chi compra e chi acquista. Con Amazon, poi, sta crescendo la consegna immediata delle merci con un esercito di facchini e di corrieri sottopagati e costretti a ritmi di lavori insostenibili. Il nostro paesaggio urbano si sta sgretolando in maniera senza precedenti. Occorre saper cogliere la portata di questo processo e agire di conseguenza. Se Sezze perde le botteghe, noi perdiamo Sezze per come la conosciamo. Se il nostro Paese perde il Centro storico, tutto diventa periferia. Le botteghe sono un patrimonio che non possiamo perdere. Che fare? Occorre salvare l'anima del Centro storico, che è diventata la vera periferia della città, con l'emorragia progressiva degli abitanti e la chiusura di scuole e di uffici. Dobbiamo pensare e realizzare una nuova economia, fondata sui beni comuni e relazionali. Le botteghe del vicinato e di prossimità sono un baluardo che non dobbiamo e non possiamo perdere. Non solo nel centro urbano ma anche nei quartieri periferici. I negozietti si devono consorziare, devono diversificare l’offerta e specializzarsi. Il mercato giornaliero dei contadini, dispersi nei vicoli del paese, che offrono un bene fresco e insostituibile, potrebbero vendere il loro prodotto (carciofi, broccoletti, cavolfiori, insalate, pomodori, etc. ) in Piazza dell'Erba, con le dovute garanzie igieniche e sanitarie. Gli artigiani (fabbri, falegnami elettricisti, idraulici, etc ) potrebbero costituirsi in cooperativa , riaprire una sede di rappresentanza e di servizio al centro, godere di agevolazioni fiscali. Il mercato settimanale, almeno per alcuni merci, potrebbe ritornare a vivere al centro storico. E, a proposito di scuole: perché non trasferire qualche indirizzo delle Scuole Superiori al Centro? Le Scienze umane, per esempio, al Palazzo Comunale in via Pitti, debitamente ristrutturato e messo a norma? Palazzo che ha ospitato per tanti anni l'Istituto Magistrale in cui i ho insegnato per 12 anni? Del Piano della viabilità, premessa indispensabile di tutto questo discorso, parlerò la prossima volta, a Dio piacendo.