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Quella che segue è una riflessione di Teresa De Renzi, titolare del salone da Parrucchiere Concept Style nel centro storico di Sezze, donna attiva nel sociale e nel mondo dell'associazionismo da molti anni.

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Ogni mattina esco di casa e a piedi percorro per l’ennesima volta lo stesso tratto di strada per raggiungere il mio negozio. Cammino, con in testa le tante incombenze che mi attendono nella giornata, e in eterno ritardo cerco di accelerare il passo, per quanto la ripida salita di sempre può consentirmi.
E mi accorgo che quasi non mi guardo nemmeno più intorno, forse solo quando talvolta (raramente per la verità) mi capita di incrociare qualcuno che conosco e con cui scambiare un cenno di cordialità, un saluto, un buongiorno, anche un semplice sorriso.
Ma è la sera, quando chiudo la mia attività e faccio il percorso inverso per tornare a casa, che vengo inevitabilmente assalita da un senso profondo di sconforto, di amarezza e delusione.
Tutto intorno un buio tetro, triste, dove la desolazione la fa da padrona. Poi penso: ma è dicembre, il mese della gioia, della condivisione…
No qui no, qui non c’è alcuna gioia, qui non c’è nessuna condivisione.
Qui non è Natale…
E i pensieri mi riportano in mente un altro paese, un paese vivo, pulsante, dove c’era gentilezza ed attenzione gli uni per gli altri, pieno di gente, di negozi, di attività storiche…
In quel paese dicembre era il mese della luce, altro che buio!
E mi ricordo come fosse oggi il 1998, sembra mille anni fa… Solo con il semplice passaparola venne organizzato un incontro dentro lo storico negozio di Grassucci in centro: quella sera più di una sessantina di commercianti si incontrarono, parlarono, molti anche per la prima volta, si scambiarono lamentele ma soprattutto proposte e idee per unirsi e tentare tutti assieme di creare qualcosa per il bene di tutti. Si decise quindi di costituirsi in una associazione, cui venne dato il nome “Nova Setia”.
Inutile che stia qui a elencare il numero impressionante di iniziative ed eventi organizzati grazie all’associazione negli anni in cui essa è stata attiva; ma una cosa voglio sottolinearla: tutto quanto è stato fatto fu realizzato senza una lira di finanziamento pubblico! Non c’erano soldi eppure furono fatte cose belle ed importanti, una su tutte la ristrutturazione della chiesa di sant’Andrea: e non per intercessione divina, ma attraverso la disponibilità di tutti a partecipare, anche economicamente, autofinanziandosi.
Chi poteva di più chi poteva di meno, nessuno ha mai fatto mancare il proprio supporto, in termini di energia e di sostegno concreto. Perché tutto era per il “bene comune”, tutto in nome dell’amore profondo per la città di Sezze.
Riunirsi, incontrarsi spesso, passare per i negozi, parlare, raccontare e raccontarsi, coinvolgere le persone aveva fatto nascere entusiasmo, curiosità, una forza propulsiva che attirava anche chi il centro storico non lo viveva.
E così anche altre associazioni cominciarono a collaborare, fino a far nascere l’esigenza di una consulta delle associazioni.
E poi…
E poi la storia va avanti senza chiedere permesso, le amministrazioni cambiano, chiudono le attività, le luci e i sorrisi si spengono, la crisi, il Covid, la guerra e per carità mille e mille altre motivazioni.
Ma io ogni giorno che esco di casa mi chiedo QUANDO è stato il momento che abbiamo cominciato a non amare più il nostro paese, quando c’è stato il punto di rottura, quali sono state le vere cause. Chi è il responsabile? Si può dare la colpa a qualcuno in particolare?
No.
Perché Sezze è di tutti noi e se tutti abbiamo in qualche modo lasciato che si potesse arrivare a questo punto, tutti dovremmo sentire forte e chiaro il dovere di riprendercela! Abbiamo lasciato che invasioni barbariche (e non mi riferisco certo solo agli stranieri, ‘ché la barbarie non ha nazionalità) incompetenza e improvvisazione a tutti i livelli ce la portassero via, e la trasformassero in un dormitorio senza anima e senza vita, abbiamo lasciato che strappassero la sua storia e la sua dignità per farne carne da macello.
Io nel mio cuore sento che bisognerebbe tornare a fare qualcosa, che DOVREMMO fare qualcosa, tutti, nessuno escluso.
Riappropriandoci delle nostre radici e facendo tornare quel sentimento di identità per cui i sezzesi si sono fatti valere in tutto il mondo, forse potremo tornare a scambiarci un sorriso, un saluto, a sentirci ancora orgogliosi di chi siamo stati e di chi saremo.
Ed allora forse le luci di Sezze, finalmente, si riaccenderanno.
E con esse anche noi.

Teresa De Renzi

 

 

 

 

Monta la protesta sui social dopo un post polemico di una pensionata di Sezze, ex insegnante residente nel centro storico. Polemica legata ai ritardi dei lavori in via Diaz, ma anche per la attività commerciali ormai agonizzanti, per lo stato di isolamento dei residenti soprattutto in casi di pronto soccorso, per l'immondizia abbandonata per i vicoli, per l’assenza di luminarie e molto altro ancora. Il post della signora Filomena ha scatenato ieri una serie di reazioni a catena che hanno di fatto scoperchiato un malessere generale dei cittadini su molte vicende che li interessano da vicino. Nei commenti si parla di disagi infiniti, di attività commerciali che hanno dovuto chiudere proprio a causa di quanto accaduto, di inefficienza degli uffici comunali e di una politica del tutto assente nel dare pronte e serie risposte. Una polemica che parte dal basso, da quei cittadini che non seguono le dinamiche della politica locale ma che di fatto vivono la città tutti i giorni con i tanti disagi che ci sono. Colpiscono anche gli umori legati alla decisione dell’amministrazione comunale di non installare alcuna luminaria a Sezze, nemmeno nei luoghi simbolo della città. Le poche iniziative intraprese sono state proproste e realizzate da semplici cittadini o da associazioni locali. Insomma ne esce un quadro desolante, di una comunità che si aspettava la rinascita con la nuova classe dirigente e che invece - dopo un anno - si ritrova a fare i conti con una realtà totalmente diversa dalle aspettative. Tra dire e il fare c’è di mezzo il mare…

 

 

Tutto quello che sarà. È questo il titolo del docufilm sul “Girasoli Tour”, il viaggio di 3500 chilometri  che il presidente della Cooperativa Utopia 2000 onlus, in compagnia del giovane Dennis (ospite della Comunità educativa residenziale di Roccagorga) , sostenuti dal Consiglio d'amministrazione della stessa Cooperativa;   hanno percorso interamente in bicicletta, dal 10 giugno al 15 luglio del 2021,  nell'Italia  che resiste, come recita “Viva l’Italia”, canzone di Francesco De Gregori, nell’Italia empatica e innovativa. Il docufilm sarà proiettato in anteprima, sabato 17 dicembre alle 18, a Bevagna, presso l'Auditorium “Santa Maria Laurentia”, e giovedì 22 dicembre sempre alle 18, a Cori, presso il Teatro comunale “Luigi Pistilli”. È stato realizzato da una troupe televisiva, capitanata dal regista pontino Renato Chiocca, che ha percorso assieme ai protagonisti  tutte e 33 le tappe  dello stesso tour. Mentre le realtà visitate sono state 42, tutte impegnate a costruire uno sviluppo sostenibile e un’economia solidale nei propri territori. Il tour è partito da Bevagna, qui, Utopia 2000, presso l’Agriturismo “Le Grazie”, ha avviato un importante progetto di economia etica. Mentre a Gualdo Cattaneo gestisce alcune strutture per mamme con bambini. Le prime tre tappe del tour si sono svolte  proprio in Umbria: la prima, ad Assisi, presso l’Istituto  l’Istituto Serafico per sordomuti e ciechi; la seconda, a Perugia, presso il Comitato Per La Vita “Daniele Chianelli”; la terza, presso Isola Polvese sul Trasimeno, dove è stato avviato un progetto di valorizzazione del territorio lacustre. Utopia 2000 è un’impresa sociale attiva da 23 anni e opera soprattutto nei territori dell’Umbria e del Lazio. In quest'ultima regione gestisce la Comunità educativa residenziale di Roccagorga e l'asilo comunale di Cori,  È specializzata in servizi educativi, in progetti di agricoltura sociale e nell’organizzazione di grandi eventi. I suoi dirigenti sono impegnati da sempre nella ricerca di percorsi virtuosi di economia civile attraverso i quali il benessere collettivo possa essere percepito come la migliore strategia per la crescita individuale. Ecco, sulla base di queste premesse è nata anche l'idea del “Girasoli Tour”. Eccolo, il motivo per il quale il viaggio è stato chiamato così: Perché i girasoli sanno sempre da che parte voltarsi.  “Abbiamo visitato alcune realtà, grandi o piccole, note o  sconosciute - ha spiegato Massimiliano Porcelli, presidente di Utopia 2000 - che realizzano filiere virtuose di economia sociale e/o circolare o che svolgono la propria attività di produzione o di erogazione di servizi all’interno di un quadro di sviluppo, articolato su almeno uno di questi elementi: economia sociale e/o solidale, promozione della legalità, sviluppo sostenibile, green economy, responsabilità sociale aziendale, inclusione fasce più deboli e sostegno all’infanzia e adolescenza”. Queste le tappe fatte in provincia di Lationa: Asilo nido comunale “Il bruco verde “ di Cori, Comunità educativa “Zagor  “ di Roccagorga, Chocolart di Itri e Casa aollggio per anziani con Casa famiglia per donne in difficoltà di Ventotene. “Dietro a ogni realtà che abbiamo visitato - ha precisato Renato Chiocca - ci sono storie, pratiche ed esperienze che abbiamo cercato di vivere attraverso l’incontro, mettendoci in ascolto e immergendoci nel lavoro quotidiano, senza badare alle intenzioni, ma raccogliendo frammenti di vita vissuta, a partire da quella del giovane Dennis, che con Massimiliano ha affrontato l’impresa trasformando il viaggio in un racconto di formazione”. Alla realizzazione del docufilm hanno inoltre lavorato Michele Innocente  (fotografia) Mattia Soranzo (montaggio), Emanuele Colandrea (musiche originali), Daniele Marzano (montaggio del suono e mix) e Davide Micocci (color correction).

 

 

l gruppo consiliare di “Sezze Futura”, nelle persone del capogruppo il Alessandro Ferrazzoli e del consigliere il Dorin Briciu, esprime soddisfazione per l’ottenimento del finanziamento previsto dal PNRR di € 1,8 milioni finalizzato al progetto di riqualifica della ex Colonia Agricola. Il progetto intende realizzare una fattoria didattica nel sito della campagna setina (zona ex Orfanelli), avviando così "un significativo connubio con l’attività agricola per l’inserimento sociale e lavorativo a vantaggio di persone con disabilità nella comunità locale e il coinvolgimento di imprese agricole locali". "Siamo soddisfatti  - affermano i consiglieri comunali di Sezze Futura - perché con tale progetto si darà lustro e risalto ad un sito rimasto ormai inutilizzato, specie nell’ultimo periodo, e pertanto a rischio di deterioramento della struttura esistente; inoltre si metteranno in lavorazione i circa 13 ettari di terreno di proprietà comunale coinvolgendo tutte le parti sociali ed agricole presenti sul territorio. Un ringraziamento sentito quindi a tutta l’Amministrazione Comunale perché, grazie alla loro propositività e capacità di dialogo anche con le forze politiche di opposizione, si è giunti a questo storico traguardo a beneficio della città di Sezze, di tutto il territorio e dei cittadini".

 

 

Il tempo non cancella il dolore ma ne affievolisce solo il ricordo, allontanandolo inesorabilmente. Il dolore resta perché non è una ferita che si rimargina. Di pochissime persone però ti rimane l'amore nel cuore che è per sempre, ti resta il sorriso, lo sguardo degli occhi, il profumo, il suono della voce. Pochissime persone ti restano dentro come anime, continuano a scorrere nel tuo stesso sangue e vivono in te. Esattamente venti anni fa, il 16 dicembre del 2002, dopo aver lottato contro un male incurabile, ci lasciava un amico, un tesoro di quelli che sprofondano negli abissi più luminosi, ci lasciava il compagno di gioco Rosolino Trabona. Noi della Ludoteca Orso Rosso ne serbiamo il ricordo più sincero e più vivo. Noi con le mani incollate e le ginocchia sbucciate, i pantaloni e la maglietta stracciata e sporca di polvere lo abbiamo davanti ai nostri occhi, sempre,  tra i giocattoli dei nostri figli e le grasse risate che ci facciamo giocando con loro. Noi "mammocci" della Ludoteca lo rivediamo dentro le stanze mentre scherza con tutti, con quei ricciolini neri e con gli occhiali di celluloide marrone. Lo rivediamo in giro per Sezze, tra i vicoli, dentro la sua macchina bianca scassata e nelle giornate estive passate a coltivare la nostra fantasia e immaginazione. Rosolino ci ha lasciato giovanissimo, aveva 45 anni, la mia stessa età. Ma se penso a quanto siano stati pieni di vita, gioia e amore i suoi anni, mi rianimo all'istante di tutto ciò che mi ha donato e che ci ha fatto vivere donandoci la sua amicizia e la sua passione. Rosolino è stata gioia e luce per tutti noi. Un anno e mezzo fa anche il nostro amico Farza ci ha lasciati, per tutti un'altra dolorosa ferita. Siamo orfani di un gioco che non ho visto più giocare, siamo diventati più poveri senza di te, senza di voi. 

IL TUO AMICO Alessandro 

Lunedì, 12 Dicembre 2022 06:45

Il Vangelo secondo Malan

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Nella Bibbia c’è scritto che sono un abominio”. Il capogruppo di FdI, Lucio Malan, ha motivato la sua contrarietà al matrimonio paritario richiamando la natura abominevole che la Scrittura attribuirebbe all’omosessualità. Si tratta di affermazioni biblicamente infondate, oltre che culturalmente fuori dalla storia e dalla civiltà, che come lame affilate feriscono le vite di tante persone vittime di discriminazioni.
 
Motivare la contrarietà alla tutela dei diritti Lgbtq+ ricorrendo ad argomenti propri di una teocrazia più che di un paese moderno, laico e democratico è gravissimo, ancor più che quelle parole sono funzionali ad illuminare l’omofobia di contenuti morali e teologici, a presentare come legge naturale, quindi avente carattere universale, ciò che è il risultato di una convinzione e di un dogma che hanno senso solo per quanti professano quella particolare fede. Evidentemente il repertorio laico dell’omofobia è meno attrattivo di quello religioso.
 
In uno Stato laico il legislatore deve essere laico. Quanti hanno responsabilità nelle istituzioni, particolarmente se siedono tra i banchi di un’assemblea legislativa, dovrebbero ricorrere ad argomenti fondati sulla Costituzione, sui codici e sulle leggi e non motivare le proprie posizioni su un testo sacro. Il riferimento fondamentale deve essere l’art. 3 della Costituzione, nel quale l’intento antidiscriminatorio si traduce nel riconoscere uguale dignità a tutti i cittadini e nell’affidare alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, “limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Omosessuali compresi.
 
La concezione dello Stato che invade il campo delle scelte intime e personali non è in generale una tipicità fisiologica della destra, ma una patologia delle sue componenti estreme, radicali e illiberali. Infatti quanti cercano modelli giuridici omofobi devono superare il confine liberaldemocratico e guardare ai regimi totalitari, alle democrature e alle teocrazie. Tanto è vero che le discriminazioni sono più forti nella macroarea ricomprendente medioriente e gran parte dell’Africa e meno stringenti in buona parte dell’Asia, mentre nell’area delle democrazie liberali, sia pure con sfumature diverse, sono riconosciuti i diritti e le libertà delle persone omosessuali.
 
Questa presa di posizione del capogruppo di FdI è comunque l’occasione per mettere in evidenza il fraintendimento, per non dire la ridicolizzazione del senso profondo della Bibbia, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento, la sua strumentalizzazione ideologica e politica da parte di quanti la usano per finalità estranee alla fede.
 
Costituisce un tradimento della Scrittura ricercare nella miriade dei suoi versetti la spiegazione di argomenti che in essa non sono trattati e trasformare la Parola di Dio così in un manganello ideologico. Il concetto di omosessualità è assente nella Bibbia e nei versetti del Libro del Levitico, citati da Malan, non è trattato questo tema. Il significato di quel passo è completamente altro. È definito abominevole l’uomo che si corica con un uomo come si fa con una donna, ma non la donna che fa altrettanto. Se si parlasse di omosessualità, così come la intendiamo oggi, il principio dovrebbe valere anche per le donne. In realtà quel divieto non investe la sfera sessuale ma attiene alla cultura della generazione. Nel mondo ebraico era un abominio non avere figli e chi non si sposava era considerato alla stregua di un omicida, perché con la sua scelta negava l’immagine di Dio. Nel medesimo capitolo del Levitico si stabilisce anche che: “Se uno commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l’adultero e l’adultera dovranno esser messi a morte”. Nella storia tale precetto non solo non ha impedito gli adulteri, ma nessuna nazione civile mette a morte gli adulteri. Perché mai allora questa regola non dovrebbe essere più valida e quella presunta riguardante l’omosessualità sì? Passando al Nuovo Testamento, nella Lettera ai Romani, Paolo inveisce sia contro le donne che “hanno cambiato i rapporti naturali in quelli contro natura”, sia contro gli uomini che, “lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi maschi con maschi”. Il contesto storico in cui l’Apostolo viveva mancava ancora del concetto di omosessualità e il suo ragionamento si basa su quello che riteneva essere il rapporto naturale, identificando natura e cultura, necessariamente mutevole a seconda delle popolazioni, e per questo arriva a giudicare la naturale attrazione di una persona verso un’altra dello stesso sesso come una deviazione. A dimostrazione della correttezza di questa interpretazione ci sono altri temi su cui Paolo si sofferma, nei quali è evidente il condizionamento dei suoi scritti da parte della realtà sociale e culturale in cui era immerso, come quando sostiene che è “la natura stessa a insegnarci che è indecoroso per l’uomo lasciarsi crescere i capelli”, o fa riferimento all’impurità femminile, o sostiene la necessità di vietare alle donne il diritto di parola nelle assemblee ecclesiali e anche politiche o giustifica la schiavitù.
 
Il fondamentalismo prende i testi sacri e li riduce alla mera cronaca di fatti storici, ad un codice di leggi, ad un manuale di istruzioni, quando invece sono una riflessione teologica su avvenimenti a volte lontani secoli tra l’accaduto e il raccontato, la traccia di un percorso di fede che evidenzia l’importanza della relazione tra esseri umani e tra questi e Dio. Il popolo di Israele comprese che nella sua storia era presente Dio, suo fedele alleato, al quale attribuì il successo o l’insuccesso delle proprie imprese. Solo così si intendono alcuni libri della Bibbia che, letti fuori da questa prospettiva, condurrebbero altrimenti a considerare Dio un mostro sanguinario. Il Nuovo Testamento è diverso perché chi scrive è più vicino ai fatti e le testimonianze sono quelle di una comunità che non ha bisogno di narrare i miracoli, ma vive nell’amore e nell’insegnamento di Cristo, lasciandosi travolgere e cambiare radicalmente dalla sua Grazia che è dono di salvezza per tutti.
 
I testi biblici devono essere interpretati utilizzando parametri storico-critici, vanno contestualizzati, cercando di capirne e spiegarne l’origine storica, la stratificazione e persino la contraddittorietà, nella rigorosa ricerca della Parola di Dio che va oltre quella degli uomini, anche di quelli che li hanno scritti. Soprattutto la Bibbia dovrebbe essere lasciata fuori dalla propaganda politica.
 

 

 

 

 

Rivalità, incomprensioni, scorrettezze, invidia, voglia di protagonismo? Ai posteri l'ardua sentenza! Fatto sta che tra le due associazioni di volontariato della Protezione Civile che “operano” nel territorio comunale di Sezze è finita a carte bollate. Ieri in una conferenza stampa ad hoc Paolo Casalini, presidente dell'Associazione Nazionale Vigili del Fuoco in Congedo (ANVVFC), delegazione “Città di Sezze”, ha comunicato di aver presentato una denuncia querela contro Tiberi Maurizio, presidente dell'associazione Volontari Vigilanza Ambientale (VVA) per una serie di “dichiarazioni gravemente infamanti della reputazione” dell'associazione di cui è il rappresentante legale. Tali dichiarazioni sono apparse sul quotidiano Latina Oggi un mese fa, esattamente il 9 novembre scorso. Paolo Casalini,  assistito dai legali Emiliano Berti e Antonio Raponi, ha presentato denuncia presso la stazione dei Carabinieri di Sezze dopo aver atteso invano una replica per mezzo di diffida a Maurizio Tiberi. Diverse sono le frasi diffamatorie che hanno spinto l'ANVVFC a sporgere querela contro il VVA tra cui: “ Non è consegnando il pane un giorno ad Amatrice che si diventa specialisti […] i rimborsi che prendiamo non li usiamo per andare a cena a uffa, ma si hanno delle priorità […]  a  Casali, quest'estate, noi abbiamo lavorato per sette giorni e sette notti di seguito per spegnere i fuochi, mentre gli altri bagnavano gli alberi a valle”.Per Casalini tali dichiarazioni sono infamanti:“ E' di tutta evidenza - ha detto ieri in conferenza stampa - che le dichiarazioni rilasciate dal sig. Maurizio Tiberi ha il solo scopo di screditare l'operato dell'ANVVFC e far apparire invece la propria associazione quale migliore e maggiormente qualificata. Tralasciando aspetti che riguardano i bandi di concorso esperiti dalla Regione Lazio, dipartimento di Protezione Civile, mediante i quali vengono erogati fondi alle associazioni di volontariato che ne fanno richiesta e che siano in possesso di determinati requisiti, è di tutta evidenza che le parole del Sig . Tiberi, pretestuose e infondate, ledono fortemente la reputazione e l'onorabilità dall'associazione ANVVFC che rappresenta. Dichiarazioni allusive di una situazione gravemente infamante, quale (i rimborsi che prendiamo non li usiamo per andare a cena a uffa), ovvero sminuendo l'effettiva utilità delle attività svolte (non è consegnando il pannello un giorno ad Amatrice che si diventa specialisti. ....a Casali, quest'estate, noi abbiamo lavorato per sette giorni e sette notti di seguito per spegnere i fuochi, mentre gli altri bagnavano gli alberi a valle). Insomma secondo Casalini " lo scopo delle suddette è quello da far assumere agli occhi della gente e delle istituzioni un maggior prestigio gettando discredito sull'associazione avversaria, quando invece sussiste (o almeno dovrebbe sussistere) un obbligo primario di lealtà, correttezza e collaborazione che contraddistingue la natura delle Organizzazioni di Volontariato”.

Contestualmente alla denuncia presentata presso i Carabinieri di Sezze, per mezzo dello studio legale incaricato, l'ANVVFC ha presentato richiesta di accesso agli atti presso il Comune di Sezze per capire quali siano gli atti che permetterebbero al VVA di avere una “corsia preferenziale” rispetto alle altre associazioni di volontariato e se è “possibile che un consigliere comunale possa utilizzare la e-mail istituzionale per delle comunicazioni che riguardano una associazioni di volontariato” o “ se è eticamente corretto che “venga indossata la divisa della Protezione Civile in contesti non appropriati quali può essere ad esempio una seduta di commissione consiliare”. Della vicenda è stato investito anche il sindaco di Sezze Lidano Lucidi, capo dell'ordine pubblico della città.

E' veramente triste arrivare a tanto, vedere il mondo del volontariato farsi a pezzi e autodistruggersi per comportamenti che nulla hanno a che fare con la missione che hanno queste associazioni. E' deprimente registrare uno scadimento civico e associazionistico a questi livelli. Le zuffe non dovrebbero esserci e comunque andrebbero affrontate con coscienza e rispetto tenendo fuori il mondo del volontariato.

 

 

Per ciò che concerne la disaffezione dei giovani alla politica, a preoccuparci non dovrebbe essere il dato sul loro astensionismo, quanto il loro allontanarsi dalla politica attiva. Tutto il processo empirico dettato dall’esperienza in cui si sono formate associazioni giovanili, partiti, comitati elettorali e istituzioni locali sembra interessargli sempre meno, nonostante le piazze siano sempre gremite di ragazzi che manifestano per ambiente, parità di genere, scuola, salario minimo. In una società sana il ruolo dei giovani è cercare di cambiare il mondo, ma l’impressione è che codesti si attivino solo su modalità specifiche definite principalmente dall’urgenza di rispondere a problemi contingenti. I movimenti giovanili praticamente si formano velocemente, ma altrettanto velocemente, qualora non vi sia più l’urgenza, si sfaldano. Perché allora questo impegno non si tramuta in militanza? Perché non si trasforma in una vera cultura politica? Per formare una cultura politica sono necessari due elementi: quell’insieme di valori e di visioni attraverso cui immaginiamo e progettiamo il nostro futuro insieme e il “metodo”, in grado di tradurre immaginazione e progettualità in agende concrete, capace di andare incontro alle necessità dei cittadini. Entrambi possono esistere singolarmente, ma solo insieme sono realmente funzionali alla costruzione di una società.  L’immaginazione collettiva, unita all’urgenza, è un propellente formidabile per superare una crisi, molto più di una molotov o di un sanpietrino. Con la globalizzazione ed il neoliberismo si è consolidata l’idea che tecnica e progresso avrebbero risolto ogni problema. Oggi nella società liquida Baumaniana questo processo ha rafforzato una cultura dell’iper-individualismo, quasi a sfociare in una sorta di solipsismo, dove è sempre più facile fermarsi al senso comune, ed è sempre più difficile sviluppare un immaginario collettivo. Se la politica non attrae i giovani è perché l’ideologia che contiene è percepita come ostacolo alla risoluzione dei loro problemi individuali piuttosto che come aiuto. Non è un caso infatti che nell’ultimo voto la loro preferenza sia andata a forze che privilegiano il “metodo”, rispetto ad una cultura politica facilmente identificabile. La sfida per i leader di domani sarà ridare all’impegno dei giovani una visione collettiva. Servono in primo luogo spazi di partecipazione, luoghi fisici e spazi di confronto, dove idee e identità diverse possano convivere senza paura delle complessità dei tanti problemi sul tavolo.  

Domenica, 04 Dicembre 2022 06:09

La scuola e il ministro dell'umiliazione

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"Voce dal sen sfuggita poi richiamar non vale: non si trattiene lo strale, quando dall'arco uscì”. Pietro Metastasio

 
Abbiamo ingoiato con rassegnata accettazione la nuova denominazione del Ministero dell’Istruzione e del Merito, come un inevitabile tributo alla nuova maggioranza, e non considerando adeguatamente che la questione non è nominalistica ma sostanziale. In discussione non è il merito. A scuola un certo grado di competizione è normale, ma adottare la logica del più forte, lasciando ai margini o escludendo i più deboli è sbagliato e pericoloso socialmente. La scuola non deve far emergere qualcuno, ma far crescere tutti in un contesto di reciproco scambio e collaborazione. Insomma il problema è ritenere il merito un assoluto, svincolato dalle condizioni di partenza che rendono possibile l’apprendimento e ignorare la necessità che lo Stato promuova politiche finalizzate a colmare le disparità iniziali fra gli studenti.
 
Giuseppe Valditara, ordinario di Diritto Romano e neo ministro dell’Istruzione e del Merito, in queste prime settimane di esercizio della sua funzione è venuto tracciando il sentiero preciso che intende percorrere, nel quale ordine, disciplina e strumenti educativi sembrano i soli attrezzi di cui intende avvalersi e ha delineato il profilo di una scuola che sembra quasi il surrogato di un carcere minorile. Dalle sue parole è emersa un’idea di scuola antiquata, risalente almeno ad un cinquantennio fa, la riproposizione di talune esperienze del dopoguerra, dove maestri solerti erano armati di bacchetta, dispensavano castighi, punivano duramente gli alunni esuberanti o ritenuti poco dotati e si confondeva l’autorevolezza con l’autoritarismo.
 

Umiliare aiuta a crescere. È la tesi propugnata dal Ministro, per il quale l’umiliazione sarebbe un valido e risolutivo strumento per combattere il bullismo. Ospite a Milano dell’associazione Amici delle Stelline, Giuseppe Valditara ha raccontato un episodio accaduto in una scuola (vero o falso non importa) e, sostenendo la necessità di punire esemplarmente il responsabile, ha affermato testualmente: “Quel ragazzo deve fare i lavori socialmente utili, perché soltanto lavorando per la collettività, per la comunità scolastica, umiliandosi anche. Evviva l’umiliazione che è un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità. Di fronte ai suoi compagni è lui, lì, che si prende la responsabilità dei propri atti e fa lavori per la collettività. Da lì nasce il riscatto. Da lì nasce la maturazione. Da lì nasce la responsabilizzazione”.

 
Gli studi sulla formazione della personalità sono tanti, ricchi di proposte, intuizioni, analisi empiriche, ma in nessuno si afferma che l’umiliazione è uno strumento educativo, al contrario è ritenuta terribilmente pericolosa, in grado di causare esclusione ed isolamento sociale. Peraltro uno dei cardini della strutturazione e del consolidamento della personalità è l’autostima che il soggetto deve produrre per vivere, la quale si alimenta dalla stima degli altri, da come è percepita proveniente dal gruppo dei pari o nei detentori di autorità e ruoli diversi.
 
Il pensiero dei pedagogisti che si sono occupati della scuola e delle dinamiche docente-discente si muove in direzione opposta a quella prospettata dal Ministro. J. Jacques Rousseau ha teorizzato e applicato metodi innovativi nell’educazione dei ragazzi a partire dalla seconda metà del ‘700, nel presupposto che compito dell’educatore è formare la persona e non proponeva certo il ricorso all’umiliazione. L’insegnante deve leggere il vissuto del ragazzo con le sue contraddizioni e aiutarlo a sviluppare una relazione ricca fra lui, le cose e il mondo attraverso un incessante impegno educativo immerso nel sociale. John Dewey, pedagogista e filosofo statunitense del 1800 proponeva un’idea rivoluzionaria del sistema dell’istruzione, convinto dello stretto legame fra persona e ambiente e quindi della necessità che la scuola partisse dalle condizioni di vita quotidiane degli studenti per assolvere al suo compito. Maria Montessori, laureata in Medicina e in Filosofia, neuropsichiatra e pedagogista, ha dedicato tutta la sua attività alla decifrazione del mondo e dei bisogni infantili ed ha applicato i suoi metodi rivoluzionari nelle scuole da lei dirette all’inizio del ‘900, partendo dal presupposto che la scuola deve essere a misura di bambino, esplorarne la personalità per sé e nel rapporto con gli altri. Secondo Alberto Manzi, Mario Lodi e Don Milani il riscatto e la redenzione dei più fragili non si ottengono con la mortificazione e il ripristino dell’autorevolezza degli educatori non passa dal potere delle istituzioni educative di punire e umiliare chi ha commesso un danno alla collettività mediante comportamenti definiti devianti. L’impostazione punitiva e vendicativa non giova a nessuno, non c’è nulla di educativo nel mortificare chi sbaglia ed è imperdonabile se un docente non dà la possibilità di recupero all’allievo. Le urla di rimprovero, magari le orecchie d’asino, il ricorso alla paura sono strumenti tossici, che non aiutano la crescita. Occorre formare al rispetto dell’altro, al rifiuto di ogni forma di violenza mediante l’educazione civica, la promozione del dialogo che parta dall’ascolto, rafforzare l’investimento culturale interrogandosi sulle cause dei comportamenti violenti, costruendo le condizioni per la crescita dei ragazzi e ricordando che umiliare qualcuno significa lasciarlo solo, abbandonarlo a sé stesso.
 

L’impressione è che il riferimento culturale del Ministro sia il sergente maggiore Hartman di Full Metal Jacket, per il quale ordine e disciplina si ottengono mediante il sistematico ricorso all’offesa, alla vessazione e all’umiliazione, come quelle riservate all’insultatissimo soldato Palla di Lardo. Per Kubrick si trattava di un personaggio tragicomico, mentre per il ministro evidentemente di un modello serissimo e funzionante. Forse la scuola ideale per Valditara è quella ridotta ad una sorta di campo di addestramento con torrette guardate a vista da reclute armate e un generale che passa le giornate a urlare ordini ai coscritti, i quali devono tacere e obbedire, sperando che prima o poi diventeranno loro quelli che urlano.

 
Chissà il prossimo passo sarà sostenere che due schiaffi non hanno mai fatto male a nessuno e che le bacchettate sulle dita aiutano a imparare le tabelline.
 
PS: Il ministro ha corretto il tiro, sostenendo di aver usato un termine sbagliato. Voleva dire umiltà e non umiliazione. Il Ministro dell’Istruzione e del Merito sbaglia le parole. Buffo, se non fossero questioni serie.

 

Riceviamo e pubblichiamo un documento del Partito Democratico di Sezze.

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La campagna denigratoria orchestrata contro il Partito Democratico, il tentativo di criminalizzare un’intera classe dirigente e di cancellare una esperienza politica e amministrativa radicata nel nostro tessuto cittadino è ignobile e rivoltante.

La tutela dei più deboli e dei lavoratori, la solidarietà, il perseguimento della giustizia sociale, la promozione di uno sviluppo economico ecologicamente sostenibile e che metta al centro le persone, la tutela e promozione dei diritti, l’accoglienza e l’integrazione di quanti fuggono da guerre, carestie e povertà rappresentano l’essenza identitaria del nostro partito e costituiscono il cuore del nostro impegno politico.

Il Partito democratico ha amministrato Sezze con assoluta trasparenza e correttezza. Lo affermiamo e lo rivendichiamo con forza. La diversità di opinioni e la critica politica rappresentano il sale della democrazia, ma non possono essere travisati i fatti, costruiti teoremi fondati sul nulla. Le amministrazioni guidate dal PD hanno sempre agito nel solco della legalità e l’integrità morale dei nostri amministratori è indiscutibile. Quanti con linguaggio allusivo cercano di veicolare messaggi diversi e screditare il nostro partito, mentono sapendo di mentire.

La Cooperativa Karibù ha iniziato ad operare a Sezze quando la nostra città era guidata dal centrodestra e poi dal commissario prefettizio. Precedentemente la gestione dei migranti era affidata ad altri.

Nel 2010, alla scadenza degli affidamenti fatti dagli amministratori precedenti, il PD predispose una gara pubblica, regolarmente svoltasi, sebbene la normativa allora vigente non la prevedesse e le indicazioni di ANAC, ANCI e Ministero dell’Interno fossero per l’affidamento diretto in nome dell’emergenza. È bene precisare che, quantomeno nella provincia di Latina Sezze, è stato l’unico comune a scegliere questa strada di trasparenza amministrativa a partire appunto dal 2010.

Nel 2016 venne varata a livello nazionale una normativa specifica e nel 2017 l’amministrazione di centrosinistra procedette con una prima gara, andata deserta. Venne indetta una nuova gara e, al termine di una procedura travagliata, risultò vincitrice Arteinsieme e la Coop. Karibù venne esclusa. Se proroghe ci sono state, è semplicemente per garantire la continuità del servizio in attesa della conclusione delle procedure. Tutto è stato fatto in modo trasparente e secondo la legge. Lo provano gli atti amministrativi.   

La Coop. Karibù, soggetto accreditato dal Ministero dell’Interno e chiamato a gestire l’accoglienza di immigrati e richiedenti asilo da diverse prefetture d’Italia, a partire da quella di Latina, ha gestito il servizio in molti altri comuni della nostra provincia con giunte di centrodestra. Nel 2018 Marie Terese Mukamitsindo è stata considerata la migliore imprenditrice della diaspora dell’anno, grazie al successo della sua cooperativa. È indecente, strumentale e falso affermare che la Coop. Karibù ha goduto negli anni di “coperture” politiche da parte del PD e dei suoi più autorevoli rappresentanti, quando la ministra Mara Carfagna, esponente di spicco di Forza Italia, è venuta a Sezze nella sede della cooperativa e pubblicamente ne ha incontrato i vertici e tessuto le lodi. Prima di allora mai un ministro della Repubblica era venuto nella nostra città. Pertanto basta con le illazioni e le mistificazioni di quanti cercano di nascondere la verità e di ergersi a moralisti senza morale.

Siamo senza se e senza ma dalla parte delle lavoratrici e dei lavoratori che devono ancora ricevere i loro salari e ci batteremo per il pieno riconoscimento dei loro diritti.

Il Partito Democratico ritiene la libera informazione uno dei cardini fondamentali della nostra democrazia, ma non è possibile tacere che in queste settimane a nessun esponente politico o amministratore del PD è stato chiesto di spiegare le scelte amministrative compiute e di rappresentare le proprie ragioni. È stato insomma escluso totalmente il contraddittorio. Peraltro appare evidente la mancata conoscenza degli atti amministrativi da parte di quanti parlano di questa vicenda. Evidentemente interessa altro e certo non fornire ai cittadini una corretta informazione.

Abbiamo totale fiducia nella magistratura e siamo convinti che presto la verità emergerà con forza e chiarezza. Il Partito Democratico non ha nulla da nascondere e siamo pronti ad un pubblico confronto con i cittadini, con i giornalisti e con quanti vorranno partecipare. Atti amministrativi alla mano, possiamo dimostrare l’assoluta correttezza delle nostre azioni negli anni in cui abbiamo governato Sezze.    

 

 

 

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