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I diritti umani devono avere un ruolo maggiore nell’assegnazione delle manifestazioni. Non dovrebbe succedere di nuovo in futuro. I diritti umani, le dimensioni del Paese: tutto questo, a quanto pare, non è stato preso in considerazione. E i giocatori non possono far finta di non saperlo”. Philipp Lahm, ex capitano del Bayern Monaco e della Germania campione del mondo nel 2014, ha motivato con queste parole la decisione di non far parte della delegazione tedesca ai Mondiali di Calcio in Qatar. Una scelta forte di un uomo di sport, un campione, che non ha voluto chiudere gli occhi dinanzi ad una realtà gravissima, che non si è fatto irretire dallo scintillio dello spettacolo del calcio, bello e coinvolgente, dagli alberghi all’avanguardia e dagli stadi avveniristici costruiti e rinnovati in questi anni, in grado di ospitare fino a 1,2 milioni tra tifosi, giornalisti, membri delle squadre, con un investimento di quasi sei miliardi di euro e ha voluto evidenziare il pesantissimo costo umano pagato per realizzarli e più in generale la condizione politica e sociale di un paese, il Qatar, nel quale i diritti umani sono sistematicamente violati.
 
Qui si farà la storia” ripetono gli organizzatori, uno degli slogan scelti anche dal governo del Qatar. Certo sono i primi campionati mondiali di calcio organizzati in un paese del Medio Oriente e per la prima volta le partite si giocano in inverno anziché in estate, come da tradizione. Tuttavia non bastano i numeri stellari degli investimenti e non è assolutamente ricevibile l’invito di Gianni Infantino e Fatma Samoura, rispettivamente presidente e segretario generale della Fifa, i quali hanno chiesto ufficialmente alle federazioni delle 32 nazionali che partecipano di non porre in atto iniziative di protesta e di critica nei confronti del Qatar per il mancato rispetto dei diritti umani, in relazione o meno con l’organizzazione del torneo. Tanto è vero che alcune federazioni europee hanno deciso di non tacere e ribadito che seguiteranno a battersi per i diritti umani. Prese di posizioni queste assai importanti alla luce soprattutto delle dichiarazioni dell’ambasciatore dei Mondiali Khalid Salman, il quale ha tenuto a ribadire che in Qatar l’omosessualità è considerata un disagio mentale.
 
I mondiali di calcio possono essere l’occasione per fare luce sulla realtà del Qatar, a partire dalla condizione di oltre due milioni di lavoratori migranti da Asia e Africa, che rappresentano il 90% della forza lavoro dell’emirato, passando per la questione dei diritti umani, negati non solo ai lavoratori ma anche alle minoranze nel Paese, alle donne e alla comunità LGBTQ+.
 
Secondo quanto sostenuto dall’Autorità per la Pianificazione e le Statistiche dal 2010, anno d’assegnazione dei mondiali, al 2019 nel Qatar sono morti 15.021 lavoratori stranieri di ogni età e occupazione, di cui il 63% di origine asiatica e l’87% uomini. Il quotidiano “The Guardian” afferma che le vittime accertate sono circa 6.500, la cui morte è stata causata dalle condizioni di sfruttamento estremo e dai colpi di caldo. Le autorità del Qatar hanno certificato che la gran parte di loro sarebbe deceduta per problemi cardio-circolatori, cioè per cause naturali. Pertanto non è stato eseguito alcun approfondimento e tantomeno sono stati previsti risarcimenti.
 
In Qatar i lavoratori migranti non possono costituire sindacati né aderirvi. È loro consentito far parte dei comitati congiunti, organismi diretti dai datori di lavoro, in cui è prevista una rappresentanza di lavoratori. I comitati congiunti non sono obbligatori per legge e ne fanno parte solo il 2% dei lavoratori. Chiunque tenti di esercitare il diritto di manifestare rischia pesanti conseguenze, tanto che nell’agosto scorso centinaia di lavoratori migranti sono stati arrestati ed espulsi per aver preso parte ad un corteo nella capitale Doha contro l’azienda che non aveva pagato i salari.
 
In Qatar è negata la libertà di espressione e associazione. La libertà di stampa è fortemente limitata da crescenti vincoli imposti agli organi di informazione, come ad esempio il divieto di girare riprese in edifici governativi, ospedali, università, alloggi per lavoratori migranti e abitazioni private.
 
Nell’ultimo decennio quanti hanno criticato le istituzioni sono stati arbitrariamente arrestati. Gran parte degli imputati sono stati interrogati in assenza degli avvocati, sono stati tenuti in isolamento, non hanno potuto avvalersi dell’ausilio di interpreti, sono stati torturati e condannati in base a confessioni estorte con la forza. 
 
Le donne sono discriminate sia per legge sia nella prassi quotidiana. Per sposarsi, studiare all’estero, lavorare nella pubblica amministrazione, viaggiare all’estero se hanno meno di 25 anni e accedere ai servizi di salute riproduttiva devono ottenere il permesso del tutore maschile che sia il marito, il padre, un fratello, un nonno o uno zio. Il diritto di famiglia rende molto complicato il divorzio e, nei rari in cui riescono ad ottenerlo, le donne subiscono ulteriori discriminazioni di natura economica. Inoltre non sono protette adeguatamente in caso di violenza domestica e sessuale.
 
Il codice penale condanna vari atti sessuali consensuali tra persone dello stesso sesso e prevede il carcere per chi “guidi, induca o tenti un maschio, in qualsiasi modo, a compiere atti di sodomia o di depravazione” e chiunque “induca o tenti un uomo o una donna, in qualsiasi modo, a compiere atti contrari alla morale o illegali”. Le organizzazioni per i diritti umani hanno segnalato casi in cui le forze di sicurezza hanno arrestato persone Lgbtqia+ in luoghi pubblici solo per la loro espressione di genere e le hanno obbligate a seguire terapie per la conversione come condizione per la scarcerazione.
 
L’amore per il calcio, il piacere di assaporare l’atmosfera vibrante che si respira allo stadio non può costituire un anestetico per le coscienze, farci dimenticare che al primo posto ci deve essere sempre il rispetto dei diritti e delle libertà delle persone e che occorre battersi quotidianamente per la loro integrale e universale affermazione.   

 

Al gonfalone della Città di Sezze è stata conferita dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella la medaglia al merito civile per onorare il comportamento nobile e dignitoso tenuto dalla comunità di Sezze nell'affrontare i disastri ed il terrore della seconda guerra. Fu il Sindaco Andrea Campoli nel 2016 a prendere l'iniziativa, il cui iter amministrativo venne seguito dal dirigente Piero Formicuccia il quale curò tutti gli atti relativi alla deliberazione di giunta e l'invio agli organi competenti. La “Relazione illustrativa delle motivazioni legittimanti l'istanza per il conferimento di una medaglia al merito civile in favore del gonfalone del Comune di Sezze” venne redatta invece da Francesco Petrianni, Presidente dell'Associazione “Le decarcie”, con la consulenza storica di Luigi Zaccheo. Gli atti furono trasmessi alla Prefettura di Latina affinché inoltrasse l'istanza di conferimento al Ministero dell'Interno. Infatti le medaglie al merito civile sono conferite con decreto presidenziale su proposta del Ministero dell'interno, sentita la Commissione competente per la concessione delle ricompense al valore civile. Proprio il 17 novembre il Prefetto di Latina ha comunicato al Comune di Sezze l'avvenuto conferimento della Medaglia d'oro al valore civile alla nostra comunità per le tante ferite e vittime della seconda guerra mondiale. 

L'ex Sindaco Andrea Campoli scrive: " Un giusto riconoscimento per i sacrifici umani e materiali che la nostra Comunità subì durante la seconda guerra mondiale. Ricordo che durante le cerimonie ufficiali il nostro gonfalone entrava tra gli ultimi perché nessuno aveva mai riconosciuto il valore e l'eroismo delle nostre genti, nel momento del dolore e della ricerca della libertà dal nazifascismo. il nostro gonfalone di una medaglia d'oro ad imperitura memoria della nostra Storia. Sarò apparentemente lontano dalla vita civile della mia amata Sezze, ma queste cose continuano a farmi scoppiare il cuore di orgoglio".

Attingendo a fonti storiche ed orali di studiosi locali, la relazione allegata alla deliberazione ricostruisce un periodo storico, breve ma carico di lutti, con l'alto tributo pagato alla guerra dalla comunità sezzese in termini di vite umane, di feriti e mutilati nonché l' ampia portata delle distruzioni sul territorio. Ma soprattutto testimonia e rievoca il grande sacrificio sofferto dalla popolazione per sfuggire ai bombardamenti, ai rastrellamenti ed alle persecuzioni.

"In soli cinque mesi, da gennaio a maggio del 44 - ricorda Piero Formicuccia - sono oltre quaranta gli eventi bellici accertati che colpiscono la popolazione e il territorio di Sezze. Non episodi occasionali, ma ripetute e frequenti azioni di guerra fanno di Sezze un teatro in cui la guerra si combatte ovunque. Il campo inferiore, il centro storico e la conca di Suso sono tutti obiettivi perché diffusa nel territorio è la presenza dei tedeschi. Nessun luogo è logicamente sicuro. Si muore dentro le case, nelle chiese, nelle grotte, lungo le strade, nel centro abitato e in aperta campagna e si continua a morire ea ferirsi per l'esplosione di mine disseminate. Le cannonate colpiscono i rifugi di fortuna. Gli ordini di guerra arrivano ovunque. Il volto della guerra è terribile e si rivela nelle forme più diverse e nei modi più sconvolgenti. Enormi uccelli meccanici fanno tremare la terra come un terremoto a comando. Arrivano i bombardamenti e con essi le morti, le distruzioni, gli sfollamenti e gli ordini di evacuazione. La popolazione sezzese, nelle circostanze tragiche, ha saputo assumere orgogliosamente comportamenti solidali e civili, per non dire eroici, a differenza di chi, pur tenuto a prodigarsi per le cariche che ricopriva, ha preferito darsi alla fuga. Il clima di terrore e l'atmosfera di morte spaventano la popolazione, lasciando segni indelebili. Due sono i bombardamenti che mietono il maggior numero di vittime. Quello del 25 gennaio si abbatte nella zona di Santa Maria e una ventina di persone (dicono i testimoni) resta sotto le macerie. In quello del 21 maggio, che colpisce l'area della chiesa di Sant'Andrea, le vittime sono molte di più, una settantina. Il numero stimato dei morti nel periodo supera le 120 unità e non tutte le vittime hanno ancora avuto un nome. Sappiamo che sono stati tanti i bambini a morire perché la loro ingegnosità li ha resi più indifesi e più esposti. La distruzione di edifici pubblici e religiosi, delle abitazioni, delle piazze, delle strade e dei ponti, le razzie e le richieste colpiscono il patrimonio materiale dei cittadini, delle istituzioni e degli istituti. Enormi sono i danni all'agricoltura e agli allevamenti di bestiame. Ma, vivendo sotto i bombardamenti, i sezzesi riescono a proteggere gli ebrei ad aiutare i compaesani dai soprusi, a ribellarsi a rischio della morte ea morire per difendere le donne. Le donne si fanno uccidere per non cedere alla violenza. Si sopravvive e si muore per vivere. Nessuno si sottrae al dovere di solidarietà".   

Diversi sono gli episodi bellici e diverse le persone che suscitano un sentimento di riconoscenza e meritano di essere additate per l'esempio dato. Tra quelli particolarmente significativi ricordiamo:

- Margherita Bondì , morta nelle camere a gas di Auschwitz;

- Elide Rosella , morta per resistere alla violenza dei soldati del CEF;

- Spaziani Oliva , incinta al settimo mese di gravidanza, morta per ferita da armi da fuoco ricevuta da soldati del CEF;

Aldo Bottoni , partigiano fucilato dai nazisti;

- Giuseppe Lombardo , carabiniere, morto per portare soccorso durante il bombardamento;

- Andrea Novelli , morto insieme a Salvatori Crocefissa, donna disabile, nel tentativo di salvarla.

 Ma non possiamo dimenticare quelle decisioni e decisioni di cittadini morte per le azioni belliche, coloro che, senza nome, rischiarono la vita per proteggere e salvare vite umane e quanti affrontarono la fame, lo stremo, gli stenti ei sacrifici, le rappresaglie, le deportazioni e le barbarie, con dignità, fierezza e solidarietà.

 

 

 

 

 

 

Volano stracci dentro il Pd di Sezze, o di quello che resta dei democratici setini. Le ambiguità all'interno del partito, già venute a galla sotto le elezioni amministrative ed esplose poi con le posizioni poco istituzionali ma strategiche di qualcuno, sembrano mandare in fumo ogni tentativo di rilancio e ripresa dei dem. A meno che non si voglia consegnare definitivamente nelle mani il partito a chi ne ha interesse esclusivo mettendo il proprio cognome sotto il simbolo come fece a suo tempo Berlusconi. Battute a parte, non lascia spazio ad altre interpretazioni la presa di posizione dell'ex sindaco Sergio Di Raimo. In un post l'esponente del Pd scrive: “Il capogruppo del partito democratico, Armando Uscimenti, ha dichiarato in consiglio comunale che buona parte del PD ha votato l'attuale Sindaco ei suoi consiglieri. Ma questa non è una novità, anche nel 2017 fecero campagna elettorale per gli avversari. È nel DNA di questo partito uccidere i propri esponenti, soprattutto quelli che vogliono provare a migliorare il paese e uscire da certe logiche. Adesso i carnefici vorrebbero occupare gli spazi vuoti, ma lo potranno fare solo se si candidano e dimostrare di avere consensi altrimenti rimarranno ad abbaiare alla luna. Li conosco uno per uno e sono qui a vigilare che facciano la fine politica che meritano”. Insomma non sfugge di mano a chi fa politica da anni cosa stia accadendo tra le ceneri del Pd di Sezze. Le correnti ormai sono su poli diversi e su posizioni opposte soprattutto dopo le ammnistrative. Sembra che ci sia veramente una parte del Pd che in aula fa opposizione e chi invece si impegna per annacquarla sostenendo la maggioranza di Lucidi vestendo panni istituzionali. Che il Pd avesse imboccato una strada poco trasparente lo si sapeva già, ma questa conclusione così sfrontata e affrettata nessuno se lo aspettava. A proposito di treni e stazioni ferroviarie: “Il treno scivola senza mormorio, ogni carrozza è un salotto in cui si parla sottovoce (Paul Verlaine)". La resa dei conti è servita.  

 

 

“Da ieri sera, dopo un Consiglio Comunale che definire ridicolo e vergognoso è niente, la volontà di tenere ben occultati e protetti i potenti responsabili di uno dei peggiori scandali nazionali, l'Ecomostro, condannando i cittadini di Sezze ad essere "spennati" per anni, al fine di pagare la ingente somma di 1milione e 500mila euro circa, è un dato di fatto”. Duro, anzi durissimo Luigi Gioacchini contro la maggioranza consiliare che ieri ha approvato la proposta di rateizzazione del debito per la più grande opera incompiuta mai realizzata a Sezze, ossia l'ex Teatro Italiano, per tutti l'Anfiteatro di Sezze. L'esponente del movimento libero di Iniziativa Sociale non usa mezzi termini e si rivolge direttamente alla città: “È bene precisare che da adesso,ogni volta che i sezzesi riceveranno le ingenti bollette per servizi che quando esistono sono tutti di scarsissima qualità e tutte in misura massima – aggiunge - sapranno con certezza matematica che questo è dovuto alla precisa volontà del sindaco Lucidi e di tutti coloro che lo sostengono, compresi due "benpensanti" consiglieri di "minoranza" che si sono fatti maggioranza”. Il riferimento è ai consiglieri Alessandro Ferrazzoli e Dorin Briciu che ancora una volta hanno votato con la maggioranza del sindaco Lucidi essendo eletti nelle file di Enzo Polidoro a sostegno dell'ex sindaco Sergio Di Raimo.

Per Gioacchini il dado è tratto:  “Altro che "adesso o mai più" come, ingannando per una intera campagna elettorale i cittadini di Sezze, hanno sbandierato ai quattro venti quelli che, invece, erano i protettori del peggio del peggio di quanto, nei decenni, è stato inferto con cinismo a Sezze ed ai sezzesi”.

 

Sopra Luigi Gioacchini del movimento di Iniziativa Sociale

 

 

 

Il Comune di Sezze è stato escluso dal cosiddetto perimetro SNAI (Strategia Nazionale Aree Interne) dei Monti Lepini dal Comitato Tecnico Nazionale del Ministero per il Sud . A comunicarlo è stata la stessa assessora del Comune di Sezze Lola Fernandez  in un post di ieri su facebook: “È inutile nascondere questo grande dispiacere, che speriamo si possa riparare (anche se residualmente) con il provvedimento regionale finale che ci hanno promesso. Ci sarebbe molto da discutere riguardo ai criteri che ne hanno determinato l'esclusione, ma non è questo il luogo. Ne avremmo tempo e modo di farlo, appunto, nel tavolo di programmazione. Magari è arrivato il momento di dimostrarlo, che siamo grandi, e che la nostra comunità così importante è già in grado di essere un punto gravitazionale di idee ed energie per tutto il comprensorio”.

Sezze è fuori però proprio questa mattina è stato organizzato, presso l'auditorium San Michele Arcangelo, un seminario informativo proprio sullo SNAI e Sezze l'esclusa ha fatto gli onori di casa.

Dell'importanza delle strategie delle Aree interne ne aveva parlato lo scorso settembre il consigliere regionale Salvatore La Penna    che, tra le righe, accennò di passaggio all'esclusione del Comune di Sezze: “Uno strumento in più per salvaguardare i nostri territori. Grazie all'impegno della Regione Lazio saranno coinvolti nei finanziamenti e nelle progettualità anche i Comuni non inclusi inizialmente nel perimetro. Un riconoscimento importante per collegare nella definizione dei progetti strategici per il comprensorio dei Lepini – aveva sottolineato La Penna – e contrastare la marginalizzazione e il declino demografico delle aree interne: territori fragili, ma ricchi di vocazioni e di opportunità, che occorre tenere vicini ai centri principali di offerta dei servizi essenziali e tutelare da fenomeni di spopolamento e di abbandono. Si tratta di una mole iniziale complessiva di circa 10 milioni di euro. Grazie all'impegno della Giunta Regionale vi sarà inoltre una quota aggiuntiva di finanziamento per comprendere nel perimetro dei finanziamenti e delle progettualità i Comuni che sono rimasti fuori dal perimetro dell'area interna, fra i quali Sezze e Sonnino”. 

Insomma anche questa volta dovremo accontentarci delle briciole, forse…

Fuori da importanti strategie che puntano a valorizzare i Monti Lepini. 

 

 

Il sindaco di Sezze Lidano Lucidi ordina la traslazione delle salme che sono state provvisoriamente sepolte presso loculi requisiti dall'Ente all'interno del Cimitero Comunale. Nell’ordinanza sindacale n120 del 15 novembre scorso pubblicata sull’Albo comunale si dispone che con decorrenza dal mese di dicembre 2022 "abbiano inizio le operazioni di traslazione delle salme e che venga adottata ogni cautela necessaria ad evitare situazione di disagio ai parenti dei defunti ed ai visitatori del cimitero, nel rispetto delle salme estumulate, dando atto che tutte le operazioni saranno condotte dalla ditta affidataria del servizio SPL Spa". La società incaricata del servizio cimiteriale  dovrà adottare, nell'esecuzione delle operazioni, tutte le misure necessarie per l'applicazione della presente ordinanza, nel rispetto della normativa vigente in materia di servizi cimiteriali, igiene e sicurezza. Il responsabile del Servizio comunale procederà ad avvertire i familiari del defunto della data e dell'ora della traslazione, affinché gli stessi possano presenziare alle operazioni che dovranno comunque avere termine entro il mese di gennaio 2023. Per motivi di igiene e sicurezza le zone del cimitero interessate dalle operazioni di esumazione durante i giorni di esecuzione delle stesse saranno chiuse al pubblico. La traslazione avviene a seguito della conclusione dei lavori di realizzazione di nuovi loculi e della procedura di assegnazione degli stessi, con la stipula del relativo contratto di concessione al diritto d'uso di un posto di sepoltura definitivo facente parte Corpo loculare “C” e Corpo loculare “C1”. Si tratta di 165 posti di sepoltura a Colombario e n. 21 posti di sepoltura a Cantera” facente parte del progetto approvato nel marzo del 2019.

 

 

Dell'identità di genere si è parlato troppo poco. Viene stampato agli individui un marchio M o F e da quello non si transige. Il binarismo di genere risulta però castrante, e lo è quando si pone come assoluto. Il binarismo è l'essenza del patriarcato. È un costrutto culturale che ci viene presentato come appartenente ad un ordine naturale, concetto sul quale va a formarsi l'idea di famiglia produttiva e riproduttiva. La vicenda del DDL Zan ha dimostrato che l'Italia non riesce a stare al passo con l'Europa. L'Italia è il paese con i più alti tassi di violenza contro le persone Trans. Una violenza non necessariamente fisica ma che può manifestarsi in diverse forme e in diversi luoghi, all'interno delle mura domestiche, nelle strade, nelle carceri. Non esiste solo l'aggressione fisica o l'omicidio. L'esperienza trans non è funzionale alla struttura patriarcale. Ne demolisce i simboli, le certezze. Una persona nata nel corpo di un uomo che si afferma come donna o viceversa mette in discussione l'esistenza stessa del sistema. L'esperienza trans è quindi un'esperienza vista come un errore, un qualcosa da correggere attraverso il cambio di sesso. L'importante è fare parte di un censimento, che sia o M o F. Basta dunque uniformarsi al sistema, "correggere" lo sbaglio attraverso la sanatoria dell'operazione. Ciò che non viene preso però in considerazione sono le vite delle persone e le necessità di quest'ultime. Ci sono persone che non vogliono o non possono fare l'intervento e di mezzo abbiamo un intero mondo da analizzare. Il nostro circolo porterà avanti in maniera ferma a livello territoriale le politiche LGBTQI+ in difesa delle minoranze e di tutte le persone che quotidianamente vengono umiliate. Crediamo che le unioni civili siano superate, che il negare la possibilità di un vero Matrimonio a due persone dello stesso sesso sia una forma di discriminazione.

Domenica, 13 Novembre 2022 07:36

Persone, non carico residuale

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Alla fine sono sbarcati tutti i 34 migranti bloccati nel porto di Catania.
 
La pretesa di rispedirli in mare, a bordo della Humanity 1, era un'inutile carognata che non poteva che essere seguita da un'inevitabile marcia indietro. Avevano ragione quanti assicuravano che non c'erano altre soluzioni, che la trovata della selezione medica a bordo delle “ navi pirata ”, oltre che odiosa e disumana, era contraria alle leggi del mare, alla Costituzione della Repubblica, alle Direttive dell'Unione Europea e avevano torto marcio il governo e il ministro dell'Interno, che in modo ignobile strumentalizzando politicamente quelle povere persone.
 
Matteo Piantedosi ha definito i trentaquattro, bloccati sulla nave che li aveva salvati dal naufragio,  carico residuo . Come può un uomo, un funzionario dello Stato, un importante ministro del governo usare un simile linguaggio? Residui rispetto a cosa, alla selezione tra esseri umani e non? Come si può diversificare e scegliere chi è più fragile tra i fragili, accogliere alcuni papà e rispedire indietro altri, separare le famiglie, mamme e figli dai, imbarcati di nuovo e abbandonati al loro destino? Scegliere significa infognarsi in un'enorme ingiustizia, è atto di disumanità.
 
La direttiva ministeriale sembra scritta da doganieri addetti al controllo e smistamento merci, è il risultato dell'abisso della cultura dello scarto, che riguarda sia gli esseri umani esclusi sia le cose, considera spazzatura, residui di lavorazione, verdura marcia, merce avariata.
 
La definizione  del carico residuo  viene da lontano, dall'ideologia becera della destra populista, dalla pancia spietata dell'iperliberismo che parla di risorse umane, capitale umano, rendendo cose le persone, numeri da usare o smaltire a seconda della situazione, è l'altro nome dato ai reietti, agli scartati.
 
Le parole del Ministro dell'Interno sono ripugnanti e indignano, sono infarcite di violenza, menzogna e tornaconto, sono usate per scavare fossati e tenere a distanza i morsi della coscienza. Le persone sono persone, con le loro sofferenze e speranze, sono portatrici di diritti, quello alla vita innanzitutto, non cose.  
 
Aver imposto alla Ocean Viking, con 234 persone a bordo da giorni venti di arrivare a Tolone anziché sbarcare a Catania, in deroga al diritto del mare che deve essere adottato lo sbarco nel porto più vicino, è una vergognosa meschinità, non un atto sicuro di difesa dei confini della patria. La Francia ha deciso di accoglierla "in via del tutto eccezionale", ma il respingimento di questa nave costerà al nostro Paese il mancato ricollocamento di altri 3500 immigrati, oltre ad aver innescato una crisi diplomatica con Francia e Germania. L'approccio muscolare e provocatorio del governo isola l'Italia e danneggia l'interesse nazionale.
 
I migranti fuggono da cambiamenti climatici e desertificazione, causa dall'avidità rapace dell'occidente, da guerre e carestie spesso indotte dall'esterno per controllare le risorse. Dopo aver attraversato deserti, magari essere passati per i lager della Libia, sottoposti a violenze indicibili, venduti come schiavi, stipati su barconi e mandati alla deriva in mare da trafficanti di carne umana senza scrupoli, uomini e donne, bambini e bambine, provenienti da paesi martoriati come il Burkina Faso, la Siria o il Bangladesh, giunti nel nostro paese, vengono trattati da ingombri, lasciati a guardare dalle navi la costa che invece di essere approdo di salvezza, è un muro invalicabile. È sicuro affermare che queste persone sofferenti non hanno diritto al riconoscimento dello status di rifugiati. Cosa c'è di umano in tutto questo? Davvero nulla!
 
Accogliere è un dovere morale, unica scelta umana pienamente, ma non basta aprire la porta, farli sbarcare, una politica comune europea in materia di migrazione occorre e asilo. La gestione dei flussi richiede la cooperazione tra Stati, politiche di integrazione. L'Europa non può lasciare l'Italia da sola dinanzi all'emergenza, ma certi nostri rigurgiti nazionalistici sono inutili e cancellati.
 
Le criticità non si risolvono con i proclami populisti, solleticando gli istinti xenofobi e razzisti, fomentando l'ostilità contro il diverso e lo straniero, soffiando sul fuoco delle paure, abbandonando le persone in mare e trasformandole in scudi umani, in strumenti di ricatto nelle relazioni internazionali, pensando così di costringere i paesi europei e le istituzioni comunitarie a farrsene carico. Serve rigore morale e onestà intellettuale, la credibilità personale e la consapevolezza del proprio ruolo, il rispetto delle istituzioni e la ricerca vera del bene comune, di tutti, nessuno escluso. La destra estremista al governo cerca di mantenere i controsensibili fondandosi su un impulso discriminatorio, fomentando sulla pelle dei più deboli, mostrando i muscoli per distrarre i cittadini dai reali problemi del Paese. È pronta a pagare qualsiasi prezzo in vite umane, annegati nel Mediterraneo, morti di sete nel deserto, sterminati nei paesi di origine, nell'illusorio e antistorico tentativo di affermare l'impossibile, di poter fermare il fenomeno migratorio. Quanti hanno responsabilità di governo dovrebbero essere animati da ben altri intendimenti, smorzare i conflitti, anziché acuirli. Se abbiamo accolto poche milioni di ucraini in settimane, possiamo farlo anche con i migranti che arrivano da fuori Europa e contemporaneamente agli italiani. di poter fermare il fenomeno migratorio. Quanti hanno responsabilità di governo dovrebbero essere animati da ben altri intendimenti, smorzare i conflitti, anziché acuirli. Se abbiamo accolto poche milioni di ucraini in settimane, possiamo farlo anche con i migranti che arrivano da fuori Europa e contemporaneamente agli italiani. di poter fermare il fenomeno migratorio. Quanti hanno responsabilità di governo dovrebbero essere animati da ben altri intendimenti, smorzare i conflitti, anziché acuirli. Se abbiamo accolto poche milioni di ucraini in settimane, possiamo farlo anche con i migranti che arrivano da fuori Europa e contemporaneamente agli italiani.
 
Urlare contro l'immigrazione clandestina e opporsi al blocco di vie legali per consentire l'immigrazione dei migranti è solo becera propaganda. In Italia è arrivare impossibile legalmente: grazie alla legge Bossi Fini, che il centrosinistra non ha cambiato quando ha governato, i flussi legali non possono essere realizzati nonostante la crisi demografica e l'esigenza di manodopera. Quanti vogliono entrare nel nostro Paese sono costretti a scegliere poco strade legali e poco umane.
 
Le Ong e il volontariato non sono nemici da combattere, ma interlocutori in grado di osare e contributi concreti per accogliere in modo umano e dignitoso. Piuttosto servono controlli stringenti su quanti gestiscono i migranti sul territorio e lo fanno solo per soldi, lucrando sulle sofferenze ei bisogni di persone fragili.
 
Bisogna stroncare ogni illegalità e ogni approfittamento, ma le colpe di pochi non possono essere la scusante per la cattiveria, il rifiuto e la discriminazione.

 

 

 

Sono trascorsi ben 13 anni dall'avvio del progetto raccolta differenziata porta a porta a Sezze. L'allora sindaco di Sezze Andrea Campoli diede l'impulso ed il via ad una stagione nuova per l'intera comunità partendo da Sezze Scalo, poi dal centro storico e via via su molte altre zone e quartieri di periferia della città. Una svolta vera e coraggiosa ma che purtroppo negli anni non è stata sempre gestita al meglio e che ha manifestato criticità che si sono poi incancrenite diventando dei macigni sull'intera gestione dei rifiuti.

I dati del 2020 dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) confermano un trend disastroso. Sezze resta fanalino di coda con un vergognoso 32 % di raccolta differenziata in provincia di Latina. Come se non bastasse questi dati vengono attenzionati dai bilanci della SPL Sezze che, anche quest'anno, chiude con oltre 600 mila euro di debito. La nuova amministrazione comunale guidata dal sindaco Lidano Lucidi non nasconde le difficoltà e vuole evitare di portare i libri in tribunale. La volontà è quella di ristrutturare l'azienda e ripartire dagli errori che ci sono stati. Da pochi giorni la nuova stagione della SPL Sezze è stata inaugurata con la nomina del nuovo amministratore unico Antonio Ottaviani.

Se la nostra città oggi riesce a contenere (non sempre) un timido decoro è solo per il senso del dovere di molti ed eroici operatori ecologici che, dalla mattina alla sera, girano come trottole per raccogliere in ogni dove buste e rifiuti vari sparsi per tutto il territorio. L'inciviltà la fa da padrona nelle zone di pianura ma anche nei centri abitati e nel centro storico, con il risultato che ogni santo giorni a Sezze non si raccolgono altro che rifiuti indifferenziati. E' inutile girarci intorno, l'impegno dei cittadini che rispettano le regole e pagano le tasse e che si impegnano a differenziare bene è vanificato da altrettanti che, in primis, non pagano la tassa sui rifiuti perché invisibili e quindi gettano l'immondizia dove gli capita. Anzi il cittadino virtuoso spesso è sbeffeggiato dall'incivile. Va anche detto che tra loro ci sono anche quelli che pagano le tasse e che vengono spesso beccati mentre gettano la busta dietro l’angolo proprio perché non conferisce mai i rifiuti.  

Forse – ed è solo una proposta già avanzata a chi oggi amministra la città – è il caso di rivedere il Porta a Porta distinguendo le zone e considerando le diversità geografiche dei quartieri. Un residente del centro storico non può avere le stesse esigenze di chi vive in campagna che può – ad esempio – permettersi di tenere fuori casa nel suo terreno l'organico e così altri tipi di rifiuti. Forse – ed è sempre una proposta avanzata a suo tempo – è il caso ad esempio di pensare ad ecopiazzole per il centro storico e a centri di raccolta per ingombranti in periferia, con l' accesso in maniera automatica ai soli utenti autorizzati tramite codice fiscale presente sulla tessera sanitaria . Una sorta di tentativo è stato avviato da poco in località Monte Trevi ma con box di vecchia generazione e riciclati dal piazzale della stazione di Sezze Scalo. Tentare non nuoce visti i dati… e in questo potrebbero essere molto di aiuto i comitati di quartiere che sono l'anima della città e le associazioni di volontariato per sensibilizzare il cittadino insensibile e segnalare invece quello che sporca. Si spera che queste proposte siano quantomeno considerate.

 

 

 

Sabato 12 novembre 2022, alle ore 18.00, presso il Centro sociale “Calabresi” in Sezze, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia Sezione di Sezze organizza la presentazione del volume di Mario Avagliano e Marco Palmieri Il dissenso al Fascismo. Gli Italiani che si ribellarono a Mussolini. 1925-1943 edito da qualche mese dalla casa editrice Il Mulino. All’incontro sarà presente l’Autore Mario Avagliano. Ernesto Rossi, uno degli antifascisti estensori del Manifesto di Ventotene, ebbe modo di scrivere: «Chi ha visto le interminabili sfilate in parata delle camicie nere, dei giovani, dei contadini, degli operai, degli atleti, dei preti, delle monache, delle madri prolifiche, chi ha assistito alle cerimonie nelle quali le più alte carichedello Stato facevano atto di devozione al regime, ed alle dimostrazioni oceaniche nelle maggiori piazze d'Italia, alle folle deliranti per il duce, può intendere quali sentimenti dovesse vincere chi continuava la lotta anche dopo superata la crisi per l'assassinio Matteotti: aveva veramente l'impressione di muovere all'assalto del Monte Bianco armato solo di uno stuzzicadenti». Stretti nella morsa fra repressione e consenso, i reduci dei partiti messi al bando e gli oppositori militanti del fascismo, ma anche coloro che erano semplicemente scettici, poco allineati o scontenti furono emarginati, incarcerati, inviati al confino, costretti all'emigrazione e sottoposti al controllo dell’Ovra, la Polizia segreta del Fascismo. Gli spazi per esprimere dissenso - con scioperi, proteste o in forme non organizzate e in ambito privato - erano limitati ed era rischiosissimo lasciarsi sfuggire anche soltanto una battuta di spirito, a causa delle spie e delle delazioni.

Gli Autori di questo libro, a partire dai rapporti delle prefetture, delle questure e dei carabinieri, le relazioni della censura, del Pnf e dell'Ovra, i giornali, i diari e le lettere dell'epoca, ricostruiscono le storie di una minoranza di italiani che, all'indomani del delitto Matteotti e fino alla caduta del regime, continuò a esercitare il dissenso. Con la presentazione di questo libro prende inizio una serie di incontri che l’Anpi di Sezze sta organizzando al fine di contribuire alla riflessione e al confronto fra i cittadini su tematiche che, a partire dalla storia interrogano la contemporaneità per una consapevole progettazione di un futuro in cui la piena dignità di ogni persona sia costantemente e integralmente garantita.

 

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