Chi opera in agricoltura ha percepito già da qualche decennio e forse ancor prima di altri che il clima stava lentamente cambiando. Gli eventi meteo che una volta erano eccezionali o di emergenza, sono diventati sempre più frequenti, sino a diventare di ordinaria amministrazione. Ma cos’è l’emergenza? Come tutti sappiamo è la capacità di far fronte ad una situazione straordinaria. Ma quando lo straordinario inizia a diventare ordinario, perché in un semestre si susseguono fenomeni di assenza di precipitazioni con temperature troppo al di sopra delle medie stagionali, significa che dobbiamo cominciare a ragionare in termini non emergenziali. Il clima è diventato rovente, dissecca colture e piante e la prolungata assenza di piogge inaridisce i fiumi. Impressionante vedere i nostri maggiori corsi d’acqua, il Po in testa, attraversabili in secca per lunghi tratti come se fossero strade sterrate di campagna!
Allora cosa fa il buon padre di famiglia sapendo che ci sarà un lungo inverno senza provviste? Mette da parte le scorte di acqua, perché quell’acqua che cade dal cielo sarà sempre più preziosa e la dobbiamo conservare gelosamente all’interno di laghi naturali ma anche di invasi e bacini naturali che dovremmo costruire a tale scopo. E’ un po' quello che facevano i romani con l’impluvium ed il compluvium nelle domus, quello che facevano i nostri nonni raccogliendo l’acqua piovana nelle cisterne sotto casa, in tempi certamente non sospetti ma privi di tecnologie di sollevamento e di trasporto nelle condutture. Ebbene quelle acque andranno conservate, non bisognerà lasciare che possano evaporare o scorrere verso il mare. E’ una tecnologia che già esiste e non dobbiamo inventarci nulla.
Israele, i Paesi Arabi, gli Emirati, il sud degli USA, hanno tecnologie idonee alla raccolta e alla conservazione delle acque. In Italia viene sprecata dal 30 al 50% delle acque che viaggia nelle condutture, in Israele solo il 3%. Anzi, qui l’86% dell’acqua destinata all’irrigazione dei campi è acqua recuperata e filtrata, proveniente dai grandi centri cittadini, poi raccolta in enormi piscine. Ma la grande sfida Israele l’ha vinta per assicurare ai suoi cittadini l’acqua potabile. Oggi, più dell’80% dell’acqua per uso domestico è acqua desalinizzata. Acqua di mare ed acqua recuperata: nulla viene disperso e i campi coltivati nel deserto stanno a dimostrarlo da circa mezzo secolo.
Non ci dobbiamo arrendere, la Terra sa cosa darci in ogni stagione ma si deve pianificare in anticipo, sapendo che viviamo in un’era di ordinarie calamità. Dobbiamo vedere cosa fanno gli altri Paesi e seguirne l’esempio.
In Italia tutto questo è mancato nei decenni scorsi, ma oggi abbiamo la capacità di trasformare la grande minaccia in opportunità, con la grande differenza che non siamo in un deserto. Siamo in un Paese che ringraziando Dio l’acqua ancora ce l’ha. Secondo le statistiche cadono da noi in media circa 300 – 350 miliardi mc di acqua, anche se mal distribuita nel corso dell’anno. Il problema è che l’89% la sprechiamo, la mandiamo al mare, mentre invece dovremmo raccoglierla con un piano bacini, che sia la risposta per guardare al futuro in maniera programmata.
Il sistema dei Consorzi di Bonifica ha messo a disposizione del Paese un progetto di 10.000 invasi tra piccoli e medi, non impattanti coni fiumi e con l’ambiente, da realizzarsi entro il 2030, cioè entro i prossimi otto anni. Finora ne sono pronti 233 per raccogliere l’acqua quando è troppa e metterla a disposizione quando manca, per un uso potabile, elettrico e per l’agricoltura. E’ ancora troppo poco ma confidiamo che i restanti 9767 progetti non restino solo sulla carta ma che vengano realizzati entro i tempi programmati, perché sarebbe veramente un grande disastro non solo per l’agricoltura ma per tutti.