Il Festival di Sanremo specchio dell'attualità
C'è da chiedersi perché, nonostante tante polemiche e annunci di imminenti funerali, il Festival di Sanremo riscuota ancora nel 2020 tanto successo di ascolti. Una platea straordinaria di telespettatori: più del 50% di share, ben 10 milioni di italiani rimangono incollati per diverse ore alla TV. Un evento straordinario di musica e di spettacolo ma anche e soprattutto un fenomeno sociale. Vuoi perché l'italiano medio, fin da bambino, è abituato ad associare i momenti più salienti della sua esistenza ad un motivo musicale; vuoi perché alla sera ciascuno di noi vuole godersi un po’ di calma e si tranquillità, dopo una giornata vissuta all'insegna del caos e della fretta che ci costringe a muoverci come automi; vuoi perché Sanremo rappresenta, nel bene e nel male, lo specchio, molto in superficie, della società italiana. Il Festival della canzone, nato nel lontano 1951, ha accompagnato le tappe più significative del costume, delle tendenze, degli stili di vita degli ultimi 70 anni. Chi di noi adulti non si è, almeno per un po’, ispirato a Celentano (il profeta della via Gluck), ai capelloni ribelli del '68, alla malinconia di Luigi Tenco, alla insuperabile musicalità di Lucio Battisti e di Lucio Dalla, alla trasgressività di Renato Zero, al rock di Vasco Rossi ; tanto per citarne solo alcuni. Sanremo, dunque, non ha e non può avere la pretesa di anticipare il costume e le mode della società italiana , ma la rappresenta e amplifica tanto da identificarsi con essa. Il compito è sempre più arduo perché, con la globalizzazione, la contaminazione con i ritmi e i modi di altri Paesi ed etnie può soffocare e spegnere inesorabilmente la vena melodica originale italiana. E questa sarebbe una grave perdita! Attenzione, dunque, alle dichiarazioni e prese di posizioni di snobismo e di sufficienza ne confronti del Festival! Dimostreremmo di non capire gli umori e orientamenti che provengono dalla società o, peggio, ci atteggeremmo aristocraticamente a giudicare stupidi e ignoranti i nostri concittadini,. Ciò non vuol dire condividere il Festival ma capire e proporre, ammesso che sia bene, cosa offrire di meglio al 51% degli italiani.
Lettera a Babbo Natale
Caro Babbo Natale, so bene che non è più di moda scrivere lettere, perciò mi perdonerai se, data la mia età, sono ancora attaccato alle (buone) tradizioni. Ti scrivo, dunque, perché mi ricordo che il tuo compito è quello di far felici, almeno per qualche giorno, i bambini e i poveri. Un tempo portavi tu i regali sotto l'albero. Oggi sono gli sponsor che fanno a gara e che riempiono le case di oggetti sempre più nuovi, sempre più sofisticati e più costosi, molto spesso sfacciatamente inutili e dannosi.Tu ti accontentavi di poco. Non portavi regali per accattonaggio: non sei stato mai così pezzente! Il tuo donare ha sempre avuto un intento educativo, morale, ispirato a un magico desiderio di portare gioia.
Caro Babbo Natale, io non ho mai visto un genitore scendere dal camino, guidare una slitta trainata dalle renne, sollevare un sacco pieno di doni senza restare bloccato con la schiena. Al più portava noci, mandarini e tanto carbone. Ma a tutti i bambini, poveri e ricchi, neri e bianchi!
Perciò quest'anno io non porterò più regali sotto l'albero. Te lo prometto. Alzerò la cornetta del telefono, chiamerò il numero 45510 e farò una donazione a Telethon. E quando la mattina di Natale i miei 6 nipotini sotto l'albero troveranno la vecchia calzetta con noci e mandarini e pochissimo carbone, darò loro una carezza e gli dirò: questa è la carezza di nonno, questa è la carezza di Babbo Natale! Arrivederci al prossimo anno!
Il Natale è alle porte, evviva la tradizione!
E' partito il conto alla rovescia per il Natale 2019, la festa più gioiosa e calda dell'anno. Per i più piccoli che amano gli addobbi e aspettano con trepidazione i regali di Babbo Natale, ma anche per gli adulti che in questa atmosfera di luci e di colori tornano un pò bambini e riscoprono il calore umano e il piacere di stare insieme. E' una tradizione, anzi un insieme di tradizioni che variano da nazione a nazione, da città a città, da famiglia a famiglia. L'albero, le luminarie, il presepe, il pranzo, il cenone, i dolci tipici, la tombola: ognuno ha le sue varianti sul tema. Per convenzione gli addobbi si mettono l'8 Dicembre e si tolgono il 6 Gennaio. Ma c'è chi non rispetta questa regola non scritta iniziando a decorare la casa molto prima. E fa bene! Infatti, secondo alcuni studiosi, le persone che fanno l'albero di Natale in anticipo sono felici. In un mondo pieno di stress e di ansia, la gente associa ciò che è collegato con il Natale alla felicità, evocando forti sentimenti legati all'infanzia. Le decorazioni sono semplicemente un'ancora alle emozioni e all'eccitamento di quando eravamo bambini. Insomma l'atmosfera natalizia ci permette di alleviare il peso della responsabilità di adulti e trascorrere questo periodo in maniera più leggera. Ognuno può e deve vivere il Natale come più gli piace, facendo quello che lo fa stare bene, rispettando le tradizioni oppure creandosene delle nuove, uniche ed esclusive, da ripetere ogni anno e tramandare all'interno della propria famiglia, per rendere questo momento ancora più speciale. Le tradizioni sono quei momenti straordinari che nascono per caso ma che scegliamo di ripetere perchè ci accomunano e ci avvicinano. Una sorte di eterno ritorno di cotechini e tortellini, di torroni e baccalà, di mandorlati e panettoni. Il nostro modo di mangiare, infatti, cambia continuamente ma i cibi delle feste natalizie restano sempre gli stessi. A tal proposito c'è un lungo dibattito tra la voglia di qualcosa di nuovo e la fedeltà alla mensa tradizionale: a spuntarla è sempre quest'ultima. La ripetitività dei pranzi e dei cenoni dipende da un insieme di ragioni. E' come se ogni anno il cibo diventasse il ricostituente del legame familiare e comunitario, un modo per rafforzare la propria appartenenza mangiando insieme le cose di sempre. Ecco perchè ancora oggi le tavole sono all'insegna della opulenza. Perchè l'abbondanza, prima dell èra dei consumi, era un simbolo di prosperità. E rinnovarla, almeno nei giorni di festa, era un rito propiziatorio, uno scongiuro contro l'indigenza quotidiana e la povertà.