Non sono stato mai indulgente verso di me e nei confronti della vita, perché ho sempre dovuto andare in salita, fin dalla nascita, a causa delle condizioni familiari che non sono state molto generose. Eppure ciò non mi ha impedito di sperare che "adda ‘finì la nuttata" e che prima o dopo risplenderà la luce in fondo al tunnel. Ma gran parte di questa speranza dipende da noi e dalla "fortuna", o meglio dalle condizioni favorevoli che incontriamo sul nostro cammino. Questa premessa mi induce pensare che, anche questa volta, nonostante la brutta sconfitta elettorale del 25 Settembre scorso, molto dipenderà dalle risorse e dalla tenacia che metterà in campo il PD. E' purtroppo vero che negli ultimi anni (decenni) siamo rimasti ossessionati dal desiderio di stare a tutti i costi al Governo del Paese suscitando nell'elettorato una ripulsa nei nostri confronti, considerati la casta e il potere, sempre e a tutti i costi, il partito dei ministeri, delle amministrazioni pubbliche, degli assessorati. Ci eravamo convinti di essere i "salvatori della patria" e di poter sacrificare, in nome della responsabilità, la nostra identità e la nostra presenza tra la gente. Certo, in molti c'è stata buona fede, ma ciò non giustifica la nostra estraneità e lontananza dai più bisognosi, dai più poveri, dai lavoratori. E' anche vero che il 19% degli elettori ha continuato a darci la fiducia ma ciò non può giustificare il nostro modo di essere, l'assenza di una militanza, la difficoltà di reperire gli scrutatori ai seggi elettorali, una certa puzzetta sotto il naso a dimostrare di essere sempre i migliori. Le sezioni non costituiscono più il luogo del confronto e dell'approfondimento della realtà presente, ma il luogo dove ogni tanto si vota per quella o quell'altra corrente. Un partito moderno e progressista ha assoluto bisogno di princìpi condivisi e di una forte organizzazione, soprattutto in questa fase storica in cui stanno venendo al pettine i guasti profondi che abbiamo inferto alla natura, una guerra folle da parte di Putin in Ucraina, un individualismo selvaggio, un appiattimento generale della coscienze. Ora più che mai c'è bisogno di un partito che sappia produrre idee e le faccia vivere nelle lotte per il lavoro, la solidarietà, l'onestà, un partito europeista. La sconfitta elettorale non è stato un brutto episodio qualunque ma la spia di un offuscamento e di un declino dei valori e degli ideali democratici, fondati sulla Resistenza e sull'antifascismo. Purtroppo nel partito contano sempre di più solo i leader e i "caporali; se cade il leader crolla il partito e si passa, indifferentemente, per vie interne, da un capo all'altro. Per ogni prova elettorale andata male, si cambia cavallo (Bersani, Renzi, Letta). Manca la coralità, la lealtà, le regole condivise e rispettate anche dalle minoranze. Ma tutto ciò (e scusate se è poco!) non deve indurci al lamento e alla flagellazione, e tantomeno allo scioglimento del Partito. Occorre, semmai, coraggio e passione per ricostruire, salvando le fondamenta e la storia di un popolo, di una comunità che ha salvato l'Italia dal Fascismo, dal terrorismo, dalla mafia, restituendo dignità e fierezza a enormi masse di poveri, di operai, di diseredati, di giovani. L'asse fondante della classe operaia si è frastagliata e dispersa in mille rivoli, ma i lavoratori, gli operai, i disoccupati, le persone fragili e indifese sono sotto i nostri occhi, nelle strade che percorriamo, nei quartieri che abitiamo. Bisogna, allora, parlare chiaro e forte, senza se e senza ma, senza rinviare le questioni, senza compromessi e senza pastrocchi. Dobbiamo gridare no alla guerra no alle ingiustizie, no agli extra-profitto, all'evasione fiscale, no alla deturpazione del territorio, no alle disuguaglianze scandalose che gridano vendetta al cospetto di Dio. Ma dobbiamo altresì gridare Sì alla pace, al Reddito di inclusione, al salario minimo, alla scuola gratuita per tutti, alla scuola a tempo pieno, alla riapertura h.24 degli ospedali territoriali, alla Sanità pubblica, agli asili nido, a una vita dignitosa per tutti. Insomma non bisogna arrendersi e impegnarci davvero a ricostruire un Partito democratico, europeista e del lavoro.