La polemica sul crocifisso a scuola, sollevata da una infelice dichiarazione del nuovo Ministro della Pubblica Istruzione Lorenzo Fieramonti, appare fuori tempo e strumentale. Si vuole distrarre l'attenzione dell'opinione pubblica dai veri problemi e sollevare polveroni e tifoserie di piccolo cabotaggio. Al riguardo, nel recente passato, ci sono stati pronunciamenti inequivocabili del Consiglio di Stato e una sentenza conclusiva della Corte Europea dei diritti dell'uomo. Eppure, nonostante ciò, all'inizio di ogni anno scolastico, da parte dei contrari al crocifisso nelle aule, si solleva il timore che la sua presenza possa costituire un privilegio inammissibile per i cristiani rispetto ai fedeli di altre religioni e, in questo modo, di condizionare il libero pensiero degli studenti. Si tratta, a mio modesto parere, di una concezione della laicità ideologica e preconcetta. L'intero Occidente è debitore della tradizione e del messaggio del cristianesimo. Duemila anni di storia costituiscono un patrimonio di civiltà insostituibile. La validità del simbolo della croce è universale, rappresenta la testimonianza diretta delle nostre radici. Eppoi, come può considerarsi divisivo e ingombrante un simbolo che aggrega e unisce le persone di diversi continenti e orientamenti, che è diventato nella coscienza di tutti il simbolo per eccellenza della pace, del perdono, della fratellanza, della solidarietà? La croce ha accompagnato nel corso dei secoli il sogno di redenzione e di riscatto di milioni di donne e di uomini (soprattutto dei più diseredati e umiliati), dall'ingiustizia, dalla sofferenza, dalla povertà, attraversando tutti i confini e abbattendo i muri fisici, politici e geografici. Esso è diventato un elemento costitutivo e irrinunciabile della nostra identità. Sorprende, allora, la superficialità e la leggerezza e la strumentalità con cui ripetutamente si solleva tale questione. Ogni società ha bisogno di simboli, pena la sua decadenza e il suo inarrestabile sfaldamento!