Sarà stata anche colpa del maltempo, ma quest'anno si sono visti pochi ragazzi. Per molti di loro la ricorrenza del 2 Novembre sta passando quasi inosservata. Spero di sbagliarmi, ma non vorrei che il ricordo e la commemorazione dei propri defunti venga da loro pian piano sottovalutata e trascurata. Fino a qualche anno fa non era così. Il 2 Novembre, festa dei defunti, ricopriva un valore particolare. La processione e la Messa solenne nella chiesa del Cimitero richiamavano una grande massa di cittadini. Le strade che circondano il Camposanto erano intasate di macchine fin dal primo mattino. Fiori e piante, da ogni parte. Era insomma un appuntamento imperdibile per grandi e piccoli. La visita ai propri cari defunti, un fiore depositato sulla tomba, un minuto di silenzio e di raccoglimento: piccoli gesti ma di grande significato che appartenevano a tutti. Dice il grande poeta Ugo Foscolo:" A egregie cose il forte animo accendono l'urne dei morti ...Non vive forse ei sotterra, quando gli sarà muta l'armonia del giorno se può destarla con soavi cure nella mente dei suoi?". Versi indimenticabili che vogliono esprimere la sopravvivenza, anche dopo la morte, di chi vive nel ricordo dei suoi parenti. Sia nella cultura pagana che in quella cristiana, infatti, la venerazione dei defunti induce a "una corrispondenza di amorosi sensi", a un legame che va ben al di là del tempo e dello spazio. Sarebbe un peccato, perciò, se i giovani non considerassero in maniera adeguata questa ricorrenza. Purtroppo la società di oggi spinge verso una rimozione del problema della morte. Il suo concetto viene cancellato, quasi esorcizzato. Il rapporto con essa (e con la vita) si va modificando. Il mito della efficienza e del successo fa percepire la limitatezza della vita come una anomalia. Invece, riflettere un pò di più sulla finitezza dei nostri anni aiuterebbe a gustarne pienamente il sapore e l'importanza. Il ricordo affettuoso di cari defunti è un segno di civiltà e appartiene a tutti, credenti e non credenti. Non si muore del tutto (non omnis moriar), dice il grande poeta latino Orazio.