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Il covid e il polo farmaceutico pontino

Mar 12, 2021 Scritto da 

 

 

L’operazione per produrre i vaccini in Italia è partita. C’è una lista di aziende farmaceutiche in grado di partecipare alle varie fasi che portano alla realizzazione dei medicinali antivirali e che hanno dato la loro disponibilità. Alcune si occupano solo di infialamento (mettere in fiala il prodotto), altre dispongono dei bioreattori che producono la sostanza del vaccino. Ci vorranno almeno sei mesi, ha dichiarato il presidente dell’EMA, per avere i primi vaccini made in Italy.  Alcune di queste grandi aziende (Pfizer, Jansen Johnson&Johnson etc.) da tempo operano nella provincia pontina. Si può (si deve), dunque, pensare a realizzare in tempi brevissimi una filiera produttiva e un polo pontino per la ricerca di farmaci e di vaccini che ci permettano (in collaborazione con il frusinate) di avere un ruolo centrale e indipendente dall’estero, contro le numerose varianti e contro i nuovi tipi di malattie virali pandemiche che, quasi ineluttabilmente, infesteranno sempre di più il nostro Pianeta. È un’occasione di rilancio e di sviluppo da non sottovalutare e da non sprecare. La nostra provincia, insieme a quella di Frosinone, da molti anni si è distinta sul piano nazionale e internazionale in questo settore strategico e cruciale. Le statistiche parlano chiaro. Uno dei pilastri su cui si è sviluppata la provincia di Latina è il settore industriale e in particolare quello farmaceutico, con una ventina circa di imprese. L’industria farmaceutica è ancora oggi, nonostante la crisi in corso, elemento di connotazione del nostro territorio. Un legame solido e consolidato che occupa circa 5 mila addetti. È il settore con più occupati e, dopo Milano e Roma, è il terzo polo farmaceutico italiano: una vera eccellenza! Dal 2008 è in continuo aumento sia la produzione che l’export di circa il 18% annuo. Ciò è dovuto alla presenza di strutture innovative e di personale altamente qualificato, all’ampliamento e al miglioramento del sistema produttivo. Le istituzioni locali, con a capo i sindaci, il sindacato, le forze politiche (attraverso i loro rappresentanti regionali e nazionali), non devono farsi sfuggire questa circostanza. Quando è in gioco il lavoro, l’occupazione e lo sviluppo del territorio tutti sono chiamati a collaborare. Ma la scommessa investe anche le Comunità locali, le sezioni di partito, le associazioni e i movimenti e, soprattutto, il sindacato per affrontare tutti insieme una sfida strategica e   lungimirante. Il territorio è il nostro capitale, il volano principale della nostra economia che può contare su   un ambiente collinare, pianeggiante e marino straordinario e invidiabile. Occorre però riposizionare la nostra realtà produttiva e, allo stesso tempo, sociale e culturale, ripensando le politiche industriali e ambientali in seno a un scenario profondamente mutato e, spesso, devastato. Nulla sarà più come prima, dopo la pandemia. I flussi e gli scambi finanziari, commerciali, di import ed export, ci costringono a nuove e più moderne forme di produzione e a relazionarci   con le imprese multinazionali, adeguando e velocizzando le infrastrutture, i nodi stradali e ferroviari, le reti hard e soft. Il Polo pontino non può più sottostare alle logiche di devastazione e di saccheggio degli anni passati. Non abbiamo bisogno di nuove forme di colonialismo economico e industriale. Ma, nel contempo, dobbiamo superare la logica nostalgica dei campanilismi e dei localismi. Occorre una conoscenza globale e la capacità di inserirsi in questa logica su base distrettuale e territoriale. Siamo entrati nel “sistema mondo”, le forme di lavoro cambiano velocemente: non possiamo restare abbarbicati a vecchie forme produttive, pur mantenendo fermamente la nostra identità e le nostre tradizioni. Si tratta di un’operazione culturale che prepara e consolida un nuovo modello di sviluppo e che si basa sulla transizione ecologica. Il nostro territorio è diventato irriconoscibile, obsoleto e invivibile, con i risultati ambientali ed epidemici che sono sotto gli occhi di tutti. Per attraversare questo deserto e non perdere questa preziosa occasione non è sufficiente la delega agli esperti e agli specialisti. Bisogna investire sulla scuola, sulla formazione, sui giovani. La conoscenza e la formazione scolastica e professionale sono  la vera spina dorsale per costruire un nuovo equilibrio tra uomo e ambiente, tra natura e sviluppo, tra territorio e benessere.

Pubblicato in La Terza Pagina
Vincenzo Mattei

 

Dirigente scolastico e pubblica amministrazione

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