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Pierino Ricci

Pierino Ricci

 

Il reddito reale delle famiglie italiane diminuisce, ampliando così il divario con la media dei redditi Ue. A certificarlo è Eurostat indicando il calo del reddito disponibile reale lordo delle famiglie nel 2023: la flessione è dovuta in particolare alla corsa dei prezzi di beni e servizi, tanto che il dato italiano si attesta oltre sei punti sotto quello registrato nel 2008.

Secondo l’istituto di statistica europeo la media di guadagno delle famiglie (fatto 100 il 2008) scende da 94,15 a 93,7, mentre il resto dei paesi Ue nel complesso cresce da 110,12 a 110,82; rispetto alla media europea il reddito disponibile reale in Italia risulta inferiore di oltre 17 punti e aumentano i poveri in Italia e aumenta sempre più la spesa sanitaria per ogni famiglia per curarsi.

Dalle tabelle Eurostat sul ”quadro di valutazioni sociale” emerge che solo la Grecia risulta avere un andamento dei redditi peggiore dell’Italia. Anche gli imprenditori, così come i sindacati, sono intervenuti per rimarcare come sui redditi abbiamo perso 20 anni. Giustamente le organizzazioni sindacali rivendicano i rinnovi contrattuali e la rivalutazione Istat sulle pensioni per il caro vita e le bollette + 24% luce e + 28% gas, che bloccano anche i consumi interni Ecco perché va recuperato immediatamente un confronto con le parti sociali, anche alla luce dell’errore sull’Irpef commesso dal governo sulle aliquote che comporterebbe, se non corretto, un aumento medio di 250 euro da pagare sui salari e sulle pensioni.  I salari reali in Italia sono inferiori del 8,7% punti sul 2008, mentre in Germania crescono del 15%. Ma il più 2,3% sul 2024 è anche il risultato peggiore dei paesi del G 20: la crescita nel 2024 non è stata sufficiente a recuperare il divario con gli altri paesi e a compensare le perdite.

Anche se per la prima volta le statistiche riportano un aumento sull’occupazione che passa dal 64,8 % al 66,3 %, va detto che nei primi quattro mesi del 2024 su 2,7 milioni di contratti di lavoro firmati, solo 497 mila sono a tempo indeterminato, più altri 108 mila in apprendistato. Tutti gli altri sono a tempo determinato, stagionali, interinali o intermittenti. Distanze dagli altri paesi europei, in particolare per l’occupazione femminile. Così come sulla produttività, la formazione, la ricerca, l’innovazione, gli investimenti e la crescita il nostro paese lascia a desiderare e ci troviamo in fondo alla classifica Europea e nel mondo occidentale. Ecco perché i dazi di Tramp saranno un altro duro colpo per la nostra economia,  “per la pace nel mondo e per il vantaggio delle popolazioni , occorre avere mercati aperti, e questa è una regola di civiltà e di progresso”.

Sabato, 22 Marzo 2025 06:22

Il lavoro è un valore che non c'è più

di

Pierino Ricci

Per Latina 2032 

 

Con l’abolizione del reddito di cittadinanza e il salario minimo al palo si è persa una grande occasione per sperimentare forme di lavoro (come i lavori socialmente utili), sia per gli enti locali, che per i percettori di reddito, avrebbero potuto dare delle risposte sul lavoro.

Comunque non si è scelta questa strada e si continua a fare filosofia e a propinare cifre sull’occupazione che va’ tutto bene, dati, sempre più non corrispondenti alla situazione reale. Immaginate quanto lavoro inespresso abbiamo nei nostri Comuni, si continua a non valorizzare le nostre ricchezze locali. Così come, il turismo, che nelle nostre città, andrebbe valorizzato di più la costa Marina le nostre colline i nostri centri storici e puntare ad un turismo d’élite o di massa, risolvendo gli annosi problemi della ricettività, problemi strutturali, va creata una cultura sul turismo, creando, così, nuove imprese e nuova occupazione, per vincere la competizione europea; la valorizzazione dell’ambiente e il mantenimento del decoro urbano (che le nostre città ne hanno tanto bisogno); sulla assistenza domiciliare per gli anziani, disabili e le famiglie in stato di difficoltà socio economica, attraverso progetti mirati.

La raccolta e la lavorazione dei rifiuti, facendo la differenziata, che stenta a decollare per non dire che è ferma, i rifiuti possono essere una risorsa, si possono costituire delle cooperative o aziende per giovani che riciclando i rifiuti, cosiddetti pregiati, come per esempio vecchi telefonini, vecchi computer, vecchi accessori tecnologici e elettronici ecc. che oggi vengono buttati nella indifferenziata per il più dei casi… se riciclati ( alcuni componenti )  e rivenduti  a ditte specializzate , possono creare reddito. I rifiuti, è un settore che potrebbero creare nuove imprese e nuova occupazione, mentre si spendono milioni o miliardi per lo smaltimento, che spesso e volentieri va’ a finire nelle mani della criminalità organizzata, che ci fanno affari, rivendendo il prodotto ad altri Stati europei e non, che trasformano l’immondizia in prodotti per il benessere comune. Così come, la digitalizzazione (finanziamenti PNRR), che potrebbe aprire nuove frontiere ai nostri ragazzi neo diplomati o neo laureti, l’intelligenza artificiale che non può essere vista soltanto sostitutiva dell’essere umano, ma le sfide saranno su come saremmo in grado di rispondere al valore umano.

Questi alcuni esempi per dire che, se vogliamo fermare l’emorragia dei nostri giovani che vanno via, sarebbe interessante, con il Comune capoluogo della provincia di Latina, sperimentare un organismo permanente che affronti e sperimenti forme di lavoro e formazione? Coinvolgendo, la Regione, l’università, i centri di ricerca, le organizzazioni sindacali (sia imprenditoriali, che dei lavoratori), così come i vari enti o associazioni, che fanno formazione o che possono produrre idee per la ricerca di nuova tecnologia, dove vediamo che anche il nostro paese arranca.

Per fare questo, bisogna dare un valore in assoluto al Lavoro e il Comune di Latina, deve dotarsi di un assessorato specifico, che segua queste situazioni, per rimettere al centro, questi valori (sul lavoro) che purtroppo, vanno sempre più messi ai margini dell’agenda politica ed è chiaro che, più si dà un valore al lavoro regolare e al salario, più è credibile dare una risposta ai nostri ragazzi (che vanno via) e ai disoccupati espulsi dai processi produttivi.

Argomento questo che potrebbe assumere un grande valore se inserito in un contesto sperimentale per la nostra provincia, nel centenario della nostra città, cercando cooperazione tra tutti gli enti e soggetti interessati a misurarsi in tale progettualità.

 

Sabato, 15 Marzo 2025 07:17

Quanto ci costa la spesa sanitaria?

 

di

Pierino Ricci

Per Latina 2032

 

Quanto ci costa la spesa sanitaria?

Nel 2002 c’erano 1.286 ospedali. Ventidue anni dopo sono diventati 996, sempre nel 2002, c’erano cinque posti letto ogni mille abitanti, oggi sono 3,8. Tutto certificato dall’ annuario statistico del servizio sanitario nazionale. Così come la statistica redatta dal ministero della salute delle Regioni, che sono al di sotto dei livelli essenziali di assistenza ( i cosiddetti Lea o Lep ) sono otto le Regioni bocciate in sanità e al di sotto di tali livelli su 21, tra cui anche alcune Regioni del nord ( Prov.aut.Bolzano e Val D’Aosta). Il Lazio si trova al 12 posto (non bene)  ai primi posti vediamo il Veneto e la Toscana e agli ultimi  posti c’è la Val D’Aosta e la Calabria. Queste riduzioni sono anche l’effetto della riorganizzazione degli ospedali e della tendenza ad accorciare i tempi di degenza dei pazienti, ma la domanda è: dove ci porterà l’arretramento della sanità pubblica? Per fare un esempio, nel 2002, il 59 per cento degli Istituti di cura era pubblico e il 41 per cento in capo alle cliniche private accreditate; nel 2023 , la sanità privata è salita al 48,6 per cento. Meno Ospedali e minore offerta di visite specialistiche ed esami diagnostici nel sistema sanitario nazionale. E se il pubblico spende di meno chi paga sono i cittadini. La Corte dei Conti nella sua relazione al parlamento fa un’ analisi impietosa: " Il contenimento della spesa pubblica e il fenomeno delle liste di attesa hanno una spesa sanitaria privata assai elevata, crescente e molto superiore a quella dei paesi europei ".

La spesa diretta a carico delle famiglie è ormai quasi un quarto di quella totale, per un valore di 624 euro a persona. Gli Italiani, spiegano i giudici contabili, tirano fuori di tasca propria molto più del doppio dei Francesi e dei Tedeschi pur avendo un reddito inferiore. Il risultato è l’aumento del numero di persone che per, ragioni economiche, rinunciano alle terapie, ai trattamenti delle malattie croniche, malati oncologici o alla prevenzione ( sono1,6 milioni di malati oncologici e cronici … infatti anche a Latina al nosocomio Santa Maria Goretti sono costretti a fare delle lunghe file sotto l’acqua al freddo per l’assurda scelta fatta dalla Regione Lazio per ritirare i farmaci presso la farmacia comunale dell’ospedale). 

Assistiamo a un vero e proprio cambiamento delle abitudini sanitarie delle famiglie, che tirano la cinghia e limitano visite mediche e accertamenti ( il 4,2 per cento dei nuclei familiari ). Per il sesto anno consecutivo la spesa dei farmaci è aumentata. Nel 2023 ,tutte le famiglie, anche quelle povere, hanno dovuto spendere il 7,6 per cento in più, rispetto all’anno precedente per i ticket e i farmaci non rimborsabili. Se è vero che 473 mila persone, nel 2022, hanno dovuto ricorrere all’aiuto di enti non profit , per 5 milioni di poveri in senso assoluto, il costo di alcune prestazioni sanitarie è proibitivo. E si capisce meglio se si prendono in considerazione le cure odontoiatriche. Le famiglie indigenti spendono per il dentista appena il 2,19 euro al mese, contro i 31,16 euro del resto della popolazione.

Ecco, i nostri politici dovrebbero riflettere e attuare politiche per salvare il servizio sanitario nazionale, la sanità, pubblica, non può più attendere è l’appello anche di 14 personalità del mondo scientifico e della ricerca sanitaria italiana che sono (Ottavio Davin, Enrico D’Alleva, Luca Defiore, Paola Di Giulio, Nerina Dirindin, Silvio Garattin, Franco Locatelli, Francesco Longo, Luca Alberto Mantovani, Giorgio Parisi, Carlo Patrono, Francesco Perrone, Paolo Vineis) tra l’altro sostengono che più fondi al sistema sanitario, tutela anche la coesione sociale… altro che’ l’autonomia differenziata.

 

 

 

 

Per ciò che concerne la disaffezione dei giovani alla politica, a preoccuparci non dovrebbe essere il dato sul loro astensionismo, quanto il loro allontanarsi dalla politica attiva. Tutto il processo empirico dettato dall’esperienza in cui si sono formate associazioni giovanili, partiti, comitati elettorali e istituzioni locali sembra interessargli sempre meno, nonostante le piazze siano sempre gremite di ragazzi che manifestano per ambiente, parità di genere, scuola, salario minimo. In una società sana il ruolo dei giovani è cercare di cambiare il mondo, ma l’impressione è che codesti si attivino solo su modalità specifiche definite principalmente dall’urgenza di rispondere a problemi contingenti. I movimenti giovanili praticamente si formano velocemente, ma altrettanto velocemente, qualora non vi sia più l’urgenza, si sfaldano. Perché allora questo impegno non si tramuta in militanza? Perché non si trasforma in una vera cultura politica? Per formare una cultura politica sono necessari due elementi: quell’insieme di valori e di visioni attraverso cui immaginiamo e progettiamo il nostro futuro insieme e il “metodo”, in grado di tradurre immaginazione e progettualità in agende concrete, capace di andare incontro alle necessità dei cittadini. Entrambi possono esistere singolarmente, ma solo insieme sono realmente funzionali alla costruzione di una società.  L’immaginazione collettiva, unita all’urgenza, è un propellente formidabile per superare una crisi, molto più di una molotov o di un sanpietrino. Con la globalizzazione ed il neoliberismo si è consolidata l’idea che tecnica e progresso avrebbero risolto ogni problema. Oggi nella società liquida Baumaniana questo processo ha rafforzato una cultura dell’iper-individualismo, quasi a sfociare in una sorta di solipsismo, dove è sempre più facile fermarsi al senso comune, ed è sempre più difficile sviluppare un immaginario collettivo. Se la politica non attrae i giovani è perché l’ideologia che contiene è percepita come ostacolo alla risoluzione dei loro problemi individuali piuttosto che come aiuto. Non è un caso infatti che nell’ultimo voto la loro preferenza sia andata a forze che privilegiano il “metodo”, rispetto ad una cultura politica facilmente identificabile. La sfida per i leader di domani sarà ridare all’impegno dei giovani una visione collettiva. Servono in primo luogo spazi di partecipazione, luoghi fisici e spazi di confronto, dove idee e identità diverse possano convivere senza paura delle complessità dei tanti problemi sul tavolo.  

Martedì, 18 Ottobre 2022 07:09

Le due Camerate!

 

 

Le seconde due camerate, ehmh scusateci, le due Camere hanno i rispettivi presidenti. Il primo in ordine di prestigio è l'On. Igrazio BENITO Maria La Russa, settantacinquenne già filofascista missino e collezionista di busti mussoliniani che non si vergogna di mostrare, così come si vergogno' di aver scherzato su Twitter con l'invito ad usare il saluto romano in pieno lockdown pandemico, nonché assertore dell'essere noi, popolo italiano del secondo dopoguerra, figli del duce (noi che beneficiamo della Costituzione nata dalla Resistenza...)! Il secondo coniglio estratto dal cilindro è stato Lorenzo Fontana, un quarantaduenne leghista nostalgico addirittura della Restaurazione dell'Ancien Regime! Il cui mentore è un parroco fautore della Chiesa lefebvriana, cioè la minoranza dell'ultradestra cattolica sostenente che l'omosessualità è manifestazione del diavolo e che bisognerebbe tornare in occidente al vecchio connubio politico fra Chiesa e monarchia! Da qui si capisce il perché dell'Onorevole circa la sua 'guerra' pro-cristianità dai presunti attacchi degli immigrati infedeli, dalla comunità LGBT, dal diritto della donna emancipata (per loro 'corrotta') di poter abortire, dalla presunta e paranoica entrata (inesistente) dei valori pro-gender nei programmi ministeriali della scuola pubblica, dall'avanzata di Peppa Pig!Adesso una domanda di buon senso politico rivolto alla presidente Meloni: ma se hai vinto le elezioni col solo 26% a causa di sta sciagurata legge elettorale, non conveniva 'moderare' il primo governo dell'estrema destra della nostra Repubblica con due presidenti delle Camere più scialbi, un po' democristani e rassicuranti tipo Toti, Fitto, Lupi e via discorrendo?

 

A cura di Sandro D'Onofrio

resp. Sinistra Italiana Latina