Lancio una proposta, partendo dalla premessa che non esiste nessuna limitazione legislativa in merito e quindi nessun obbligo di sorta.
Dati nazionali sembrerebbero certificare che lì dove dei medici decidono di candidarsi in politica, soprattutto a livello locale, durante la campagna elettorale, le prestazioni sanitarie erogate segnano un aumento.
Sarebbe interessante verificare se ciò stia accadendo anche in queste settimane, in paesi che, come Sezze, sono attesi al voto il prossimo 3 e 4 ottobre, e che, come a Sezze, vedono impegnati come candidati consiglieri parecchi medici.
In caso si potesse certificare la veridicità di questo dato in aumento, le considerazioni sarebbero molteplici a partire dalla motivazione stessa che muove l’aumento.
Riguardo le conseguenze è facile ipotizzare: aumento conseguente del costo sostenuto dal Sistema Sanitario Nazionale che viene pagato dai contribuenti/cittadini; intasamento delle liste di attesa delle prestazioni erogate come esami e visite specialistiche con tempi dilatati ulteriormente per chi ne ha effettivamente bisogno.
Per cui, potrebbe essere auspicabile, anche in assenza di una legge che lo prevede esplicitamente, una sorta di "gentlemen agreement" per tenere fuori dalle liste elettorali i medici.
Anche perché, detto in maniera burbera e grossolana: aprendo i cordoni delle prescrizioni a favore dei propri pazienti, i medici potrebbero avvantaggiarsi facilmente nel carpire la loro benevolenza elettorale, rispetto agli altri candidati.
P.S.
La considerazione è valida in quanto Sezze, paese con più di 15000 abitanti, prevede coalizioni di liste e doppio turno.