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Secondo Ponzio Pilato

Apr 17, 2022 Scritto da 

 

 

Il sole tiepido della primavera accarezza Gerusalemme. Strade e slarghi sono animati da turisti e pellegrini. Ponzio Pilato mi ha dato appuntamento alla fortezza Antonia, i cui resti si trovano nel lato settentrionale della spianata del Tempio.   
 
La città è molto cambiata – esordisce con tono piatto vedendomi arrivare.
 
Sei stato prefetto della Palestina tantissimi anni fa – gli faccio notare.
 
Una smorfia si disegna sul suo volto. – Detestavo questa terra e i suoi abitanti -.
 
- Il tuo mandato di prefetto della Palestina durò dieci anni, mentre solitamente non andava mai oltre i tre -.
 
L’Imperatore Tiberio pensava fossi la persona giusta per governare la Palestina -.
 
Dicono che sei stato un amministratore competente, ma intransigente e spietato -.
 
Mio compito era far rispettare le leggi di Roma e la volontà dell’Imperatore – ribatte – Peraltro gli ebrei non facevano altro che lamentarsi di tutto -.
 
Avresti potuto sforzarti di capire la loro religione e le loro tradizioni -.
 
Cosa avrei dovuto capire?- sorride sarcastico.
 
La gente si lamentava delle tue continue vessazioni, delle esecuzioni di prigionieri senza condanna né processo e della tua crudeltà -.
 
Scuote la testa: – La tolleranza è segno di debolezza -.
 
La legge ebraica proibiva le rappresentazioni umane, anche quella dell’Imperatore, che si proclamava dio e così offendeva Yahweh. Tu provocavi continuamente gli ebrei, come quando ordinasti ai soldati di portare in città le insegne con l’effigie dell’imperatore e le facesti appendere sulle mura del palazzo di Erode?-.
 
Non c’era motivo di trattare gli ebrei in modo diverso rispetto a tutti gli altri popoli assoggettati a Roma. E poi a me non importava nulla della loro assurda religione -.
 
Come avvenne l’incontro con Gesù di Nazareth?-.
 
Cosa vuoi sapere esattamente?-.
 
I farisei e i capi del popolo decisero di rivolgersi a te per sbarazzarsi di lui -.
 
I suoi insegnamenti, il suo ingresso trionfale a Gerusalemme, il tentativo di espellere mercanti e cambiavalute dal Tempio e tanti altri suoi gesti eclatanti avevano suscitato scalpore in città e potevano innescare una rivolta contro di loro -.
 
Si servirono di te per risolvere un loro problema dunque -.
 
In quanto rappresentante dell’Imperatore, ero l’unico legittimato a far rispettare la legge e ad imporre eventualmente la pena capitale. Le autorità ebraiche lo accusarono di aver sobillato la folla, di essersi opposto al pagamento dei tributi all’imperatore e di aver affermato di essere il Messia. Le loro diatribe religiose non mi interessavano, per me contava mantenere soltanto l’ordine nella provincia -.
 
L’impressione è che tu fossi convinto dell’innocenza di Gesù e cercasti di salvarlo -.
 
Avevo raccolto informazioni sul suo conto. Tanti lo seguivano, ma era innocuo e non mi risultava che stesse organizzando una rivolta contro Roma -.
 
Ordinasti l’arresto di Gesù,  cedendo alle loro pressioni -.
 
Cercai di evitare l’ennesimo scontro -.
 
Se il potere di decidere era solo tuo, perché spedisti Gesù da Erode con la scusa che era Galileo?-.
 
Erode era un re da burla, non contava nulla – sorride divertito – Cercavo di prendere tempo per vedere se le acque si calmavano -.
 
Processasti Gesù in modo sbrigativo, con una cognitio extra ordinem, un giudizio abbreviato che prevedeva la presentazione delle accuse, la replica dell’imputato e la sentenza immediata -.
 
Conosci bene le leggi di Roma – osserva – A me interessava evitare una rivolta e possibilmente infliggere uno smacco alle autorità ebraiche -.
 
Gli domandasti in modo beffardo se era il re dei Giudei -.
 
Quell’uomo dall’aria mite e dignitosa mi incuriosiva. Era diverso da tutti gli altri con cui avevo avuto a che fare. Si definì, re ma non di questo mondo - si ferma e poi riprende – Ricordo ancora il suo sguardo penetrante e la sua voce calma, pacata -.
 
Cosa vuoi dire?-.
 
Ebbi l’impressione che volesse rivelarmi qualcosa che andava al di là delle mie conoscenze. Comunque la sua regalità non costituiva una minaccia per Roma, non parlava e agiva contro qualcosa o qualcuno, ma si poneva al di sopra delle miserie umane, come l’amore lo è sull’odio, la libertà sulla schiavitù, la verità sulle bugie –.
 
Lo incalzasti con le domande -.
 
Volevo capire. La mia formazione culturale mi porta a respingere ciò che la ragione non riesce a dimostrare, a considerarlo superstizione, ma Gesù cercava di metterlo in discussione, mi sollecitava a compiere un passo verso qualcosa che ignoravo -.
 
- Gli domandasti cosa fosse la Verità. Era davanti a te e non la riconoscesti?-.
 
La verità. Cos’è la verità? Dovevo governare quella provincia e non avevo tempo certo di mettermi a filosofeggiare -.
 
Avevi veramente intenzione di liberare Gesù?-.
 
Mi appellai alla folla e chiedendo di scegliere tra lui e Barabba, un assassino. Preso atto che non avevo alternative, ordinai di eseguire la condanna -.
 
Prima lo facesti fustigare. Perché?-.
 
Speravo che la folla si accontentasse di quella punizione esemplare -. 
 
Ti sei sempre fatto vanto di non cedere a pressioni, ma la scelta di mettere a morte Gesù è stata tutt’altro che tua -.
 
Ho fatto la cosa più giusta nell’interesse di Roma e nel mio interesse -.
 
Mandare a morte un innocente….-.
 
Non è stato il primo e non sarà l’ultimo ad essere sacrificato -. 
 
I farisei e i capi del popolo ti chiesero di mettere sotto sorveglianza perfino il sepolcro di Gesù e tu acconsentisti -.
 
Avevano paura di lui anche da morto – scuote la  testa.
 
I discepoli credono che Gesù sia risorto. Tu che ne pensi?-.
 
Credo soltanto a quello che vedo – risponde lapidario Pilato.
 
Dicono che ti sei convertito al cristianesimo?-.
 
Sono state scritte e dette molte cose su di me – sorride.
 
Senza aggiungere altro Ponzio Pilato mi rivolge appena un cenno di saluto e si allontana con passo veloce, sparendo rapidamente dalla vista, inghiottito nel dedalo di viuzze del cuore antico di Gerusalemme.
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