“Iniziamo a sospettare che la precarietà sia il prodotto non di una fatalità economica, identificata con la famosa mondializzazione, bensì una volontà politica. (…) La precarietà infatti s’inserisce in una modalità di dominio di nuovo genere, fondata sull’istituzione di uno stato generalizzato e permanente di insicurezza che tende a costringere i lavoratori alla sottomissione, all’accettazione dello sfruttamento. (…) Mi sembra quindi che ciò che viene presentato come un regime economico gestito dalle leggi flessibili di una sorta di natura sociale, sia in realtà un regime politico che può instaurarsi solo con la complicità attiva o passiva dei poteri specificamente politici”. (Pierre Bourdieu - Oggi la precarietà è dappertutto, in ID., Controfuochi. Argomenti per resistere all’invasione neoliberista, Milano, I libri di Reset, 1999).
Alla fine degli anni ’90 del secolo scorso Pierre Bourdieu, sociologo tra i più importanti della seconda metà del XX secolo, fu tra i primi ad analizzare la relazione che andava sviluppandosi tra globalizzazione, precarietà lavorativa e scelte di politica economica. A distanza di oltre un ventennio l’incertezza e l’instabilità del lavoro e di conseguenza della vita delle persone sono divenute il tratto sostanziale del capitalismo globale. Sia che si tratti di piccole e medie imprese che di multinazionali, la condizione occupazionale è contraddistinta da un numero sempre più ridotto di contratti a tempo indeterminato e crescente di rapporti flessibili, forme di lavoro temporanee e precarie. Il precariato non riguarda più solo i giovani, quanti si affacciano per la prima volta al mondo del lavoro, ma è una condizione che tocca tutti trasversalmente. In un simile contesto l’idea di carriera lavorativa e professionale, caratterizzata da una formazione iniziale, un breve periodo di inserimento e infine l’ottenimento di una posizione stabile con un contratto a tempo indeterminato è divenuta irrealistica o difficilmente concretizzabile. I lavoratori sono costretti ad affrontare nella loro vita tante esperienze lavorative precarie, cui si accompagnano sentimenti di disagio e incertezza circa le proprie aspettative di realizzazione futura.
Il fenomeno del precariato è assai complesso ed è estremamente difficile darne una definizione in ragione delle diversità delle varie forme contrattuali esistenti, ma è comunque possibile individuare alcune caratteristiche generali che le accomunano.
- Insicurezza della continuità del rapporto di lavoro. È una caratteristica di tutti i lavori temporanei, autonomi - dipendenti, dell’occupazione clandestina e di tutti i contratti costantemente minacciati dal possibile mancato rinnovo. L’insicurezza rende estremamente difficile per i lavoratori esercitare il controllo sul proprio futuro professionale, personale e sociale, trovandosi al contempo in una posizione di totale vulnerabilità nei confronti del datore di lavoro.
- Salario insufficiente o discriminante. Esiste una precarietà per la quale l’attività lavorativa non consente a chi la svolge di ottenere l’indipendenza economica e, in alcuni casi, neppure di essere riconosciuti come lavoratori. I lavori part-time e occasionali rendono i lavoratori dipendenti dalla propria famiglia di origine. Inoltre sono assai frequenti le discriminazioni salariali, l’approfittare da parte dei datori di lavoro della vulnerabilità salariale per realizzare politiche retributive differenziate.
- Deterioramento del rapporto di lavoro, vulnerabilità dei lavoratori in termini di ore e di intensità della prestazione, promozioni, salute e sicurezza dei luoghi di lavoro. Il ripetuto mancato rispetto delle norme vigenti relative alla progressione professionale, agli scatti salariali e alle condizioni di prestazione dell’attività subordinata mette seriamente a rischio i diritti, la salute e la stessa vita dei lavoratori. Il numero elevato di incidenti nei luoghi di lavoro e le sempre più diffuse malattie professionali devono interrogare le istituzioni, i sindacati e l’opinione pubblica e spingere ad adottare misure più efficaci e controlli più stringenti.
- Indebolimento della protezione sociale dei lavoratori. Abbiamo assistito ad un progressivo declino della legislazione regolante le condizioni in cui viene svolta la prestazione lavorativa, al riconoscimento di una sempre più ampia discrezionalità dei datori di lavoro e non ultimo ad una riduzione significativa della copertura del regime pubblico di protezione sociale, in particolare per quanto riguarda le indennità di disoccupazione e le pensioni, che hanno l’effetto di aumentare il livello d’incertezza e vulnerabilità dei lavoratori rispetto alle forze di mercato.
Occorre un intervento serio e concreto per cambiare radicalmente questo binario su cui viaggia il mondo del lavoro in Italia, per invertire questa tendenza che rischia di far deragliare gli assetti complessivi della nostra società e rimettere al centro la dignità della persona.
La precarietà non è una fatalità economica conseguente alla mondializzazione, ma il risultato di scelte politiche che assecondano soluzioni organizzative del mondo del lavoro, creano insicurezza, costringono i lavoratori a sottostare alle imposizioni della parte economicamente più forte e all’accettazione di condizioni di vero e proprio sfruttamento. Occorre ripristinare le indispensabili tutele e ridurre drasticamente la pletora di contratti atipici. Va ristabilito il primato degli interessi generali, della tutela delle fasce più deboli mediante una nuova regolamentazione del lavoro a cominciare dal salario minimo e dalle misure di sicurezza sociali, come l’assicurazione sanitaria, le pensioni d’anzianità, i sussidi di disabilità e disoccupazione da garantire in maniera universale.
Il 1° Maggio è l’occasione per ridirci da dove veniamo e soprattutto dove vogliamo andare. Il lavoro ci tiene insieme, ci dà speranza e possibilità di costruire il futuro con le donne e gli uomini che, con passione e competenza, lavorano per il bene del nostro Paese, ma dobbiamo tornare ai principi e ai valori sanciti nella Costituzione della Repubblica, “fondata sul lavoro”.