Il Natale ritorna, come ogni anno.
Due millenni fa la nascita di un bambino in una sconosciuta città della Palestina, remota provincia dell’Impero Romano, ha diviso la storia tra un “prima” e un “dopo”. Tanto atteso fin dai secoli antichi dal popolo ebraico, questo evento si ripropone oggi a noi avvolto in una suggestiva atmosfera, fatta di luci, suoni, regali, emozioni, riti arcani e affascinanti, anche se il più delle volte interamente svuotati di significato. Infatti il contorno effimero ha finito per prendere il sopravvento sull’essenziale, ha distolto l’attenzione dal senso profondo di quella venuta e produce in molti un estraniamento dalla concretezza della storia, in cui ancora oggi, nonostante tutto, Dio torna ad incarnarsi e ad incontrare l’umanità.
Il Natale ritorna, come ogni anno.
Tuttavia per accogliere questo suo ritorno è indispensabile fermarci, liberarci dalla morsa del clima natalizio che rischia di strangolarci, abbandonare la parvenza di una religiosità senz’anima, non lasciarci assorbire e irretire dallo stordimento consumistico in cui troviamo rifugio e conforto per distrarci dalla durezza del presente che siamo chiamati a vivere.
Il Natale ritorna, come ogni anno.
La convinzione che per vivere intensamente il Natale basta partecipare alla Messa di mezzanotte, lasciarci intenerire alla vista di Gesù Bambino, preparare un bel presepe, se artisticamente apprezzabile ancora meglio, stare in famiglia, fare regali in particolare ai più piccoli, andare a trovare amici, parenti e conoscenti per far loro gli auguri purtroppo ci appartiene. È una scelta di comodità e di convenienza. In questo modo escludiamo che Dio possa entrare in relazione con noi, essere parte della nostra vita e delle nostre scelte, mettere in discussione i nostri desideri e scalfire i nostri progetti, quanto abbiamo pensato per noi. È un Natale insomma che non disturba.
Il Natale ritorna, come ogni anno.
Preferiamo la confusione delle strade affollate, lo scintillio delle luminarie, il chiacchiericcio inconcludente al fare silenzio, a lasciare che la Parola risuoni dentro di noi e ci solleciti a ricercare, fare nostre e incarnare le ragioni di un vivere in un ordine altro, lontano dalla legge dell’apparire e dell’effimero. Dio ci chiama a seguire la strada della liberazione autentica e a condividerla con quanti incontriamo, assolvendo a questo nostro compito non con il blaterare vuoto e con il sermoneggiare altisonante, ma con la concretezza delle nostre scelte. Solo così il Natale diventerà dimensione essenziale del nostro vivere e non si dissolverà rapidamente insieme allo sfavillio luccicante degli addobbi e al bombardamento pubblicitario.
Il Natale ritorna, come ogni anno.
Dobbiamo uscire da noi stessi, dal recinto rassicurante del nostro egoismo per riuscire a scorgere la presenza del Dio Bambino nel volto di chi ci sta accanto, di chi soffre, è solo, povero e immigrato, impegnarci ad essere costruttori di una comunità capace di accogliere l’altro e integrarlo in un contesto di convivialità delle differenze, superare l’insulsaggine della frase “a Natale si è più buoni” con un serio impegno a vivere intensamente i valori e le virtù della bontà, della mitezza, della misericordia, della dolcezza, della mansuetudine, del rispetto reciproco non un solo giorno l’anno. Si tratta di una grande sfida da raccogliere e da vincere. È un discorso utopico o anacronistico? No, è semplicemente frutto della certezza che Dio continua a seminare nel terreno della nostra vita.
Il Natale ritorna, come ogni anno.
Nella storia si alternano da sempre luci ed ombre, momenti traboccanti gioia e momenti in cui invece prevalgono dolore e sofferenza. Il tempo dell’ottundimento della ragione, del dominio dell’insensatezza, della gratuità del male, dello smarrimento del senso di umanità lo avvertiamo in tutta la sua pesantezza, come una morsa tremenda ci costringe in spazi angusti e ci riempie di angoscia, sottraendoci ogni speranza per il futuro. La crudezza di tante realtà in noi e intorno a noi non può e non deve indurci ad essere catastroficamente pessimisti, ad unirci superficialmente al coro dei tanti cantori della distruzione dei valori della società e a non rimboccarci le maniche per ricercare e ritrovare l’autentico significato del Natale.
Il Natale ritorna, come ogni anno.
In questo nostro tempo in cui si sta consumando una guerra mondiale a pezzi e ci sentiamo impotenti, sovrastati da logiche incontrollabili di potere e violenza il Natale rischia di scivolare via senza toccare i cuori di quanti giocano con il destino dell’umanità, senza estirpare il germe dell’intolleranza e della prepotenza che dal di dentro corrode, frantuma e distrugge le nostre esistenze. Possiamo scegliere la strada della rassegnazione, della passività frustrante, dell’adesione entusiastica alla mentalità bellicistica imperante, dello schierarci da parte contro l’altra, dell’armarci di tutti gli strumenti di offesa possibili, comprese le parole brutali ed intolleranti, oppure incamminarci lungo il sentiero tortuoso dei costruttori di pace. Non si tratta di abbandonarci ad una visione irenica e irrealistica della realtà, ma di farci guidare dal realismo utopico che un altro mondo è possibile e dipende da ognuno di noi.
Il Natale ritorna, come ogni anno.
E noi siamo pronti ad accoglierlo?