Ci sono silenzi che pesano come macigni, che hanno i tratti raccapriccianti dell’indifferenza e il sapore disgustoso della complicità. Il vuoto delle parole di fronte all’orrore, al male e alle sofferenze inflitte sadicamente, all’annichilimento delle persone nella loro essenza e dignità, la ricerca di un equilibrismo impossibile e senza senso, il non schierarsi dalla parte delle vittime a prescindere da fazioni, simpatie e convinzioni raccontano una logica disumana da respingere senza ambiguità.
Il 7 ottobre 2023, non è stato solo il giorno in cui oltre 1200 cittadini israeliani sono stati massacrati nel più sanguinoso attacco subito nella sua storia dallo stato ebraico e di cui si è reso responsabile il gruppo terroristico di Hamas, ma anche quello in cui centinaia di donne sono state violentate, hanno subito mutilazioni e oltraggi inauditi. Gli stessi stupratori hanno filmato i propri crimini con i telefoni delle vittime e li hanno inviati ai loro contatti. Dunque quanto accaduto non è rimasto nascosto. Tuttavia solo voci isolate si sono alzate nella comunità internazionale per condannare questo crimine di guerra, che la convenzione di Ginevra accosta al genocidio.
Il reportage del New York Times, pubblicato qualche settimana fa, ha ricostruito i fatti attraverso le testimonianze di quanti hanno assistito alle brutali aggressioni sessuali e dei sopravvissuti. Il lavoro realizzato è stato accurato, certosino e i giornalisti della testata giornalistica newyorkese, grazie alla documentazione fotografica e ai numerosi video girati dagli stessi carnefici, hanno identificato almeno sette luoghi in cui le donne israeliane sono state oggetto delle violenze dei terroristi di Hamas.
Gli elementi raccolti sono terrificanti e le atrocità accertate difficili da ascoltare e ripetere. Numerosi cadaveri, nello specifico quelli di quasi tutte le donne assassinate, mostravano inconfutabili segni di violenza sessuale, torture e brutali mutilazioni, inferte prima e dopo la morte. L’aggressione ha riguardato sia le donne che vivevano nei Kibbutz sia quelle che partecipavano al Rave Party nel deserto, al confine con la Striscia di Gaza. Purtroppo è mancata la raccolta delle prove forensi da parte delle autorità israeliane. Molti corpi sono stati sepolti rapidamente, non sono state eseguite le autopsie e non sono stati prelevati i campioni di sperma a causa dello shock, del caos e della necessità di rispettare le prescrizioni religiose riguardo la sepoltura.
Gli ostaggi israeliani, rapiti da Hamas, portati nella Striscia di Gaza e poi liberati, hanno raccontato di essere stati drogati per mantenerli docili e di aver subito abusi psicologici e sessuali durante la prigionia. Gran parte di loro, compresi i bambini, sono stati costretti a guardare le immagini registrate di quanto gli estremisti di Hamas hanno fatto durante l’assalto del 7 ottobre. Ci sono solide evidenze che tali abusi continuino ancora oggi nei confronti di quanti sono ancora prigionieri. Si tratta di terrorismo psicologico contro persone inermi, gli ostaggi innanzitutto ma anche i loro familiari che ne attendono il ritorno.
Stabilire esattamente il numero delle vittime degli abusi è impossibile, anche perché molti sopravvissuti ancora si rifiutano di parlarne. Dal 7 ottobre sono molti i tentativi di suicidio, particolarmente tra le donne, a causa degli orrori, insopportabili per la mente umana, di cui sono state oggetto o cui hanno assistito. Maggiormente a rischio suicidio sono le donne sopravvissute che si trovavano al Rave Party: per loro è più difficile affrontarne le conseguenze rispetto a quelle dei kibbutz, perché queste ultime hanno vicino una comunità e possono contare su un sostegno collettivo.
Le conseguenze emotive e sociali di queste violenze hanno segnato e continueranno a segnare indelebilmente e a lungo le vittime e tutto il popolo israeliano. Non sarà facile elaborarle, metabolizzarle e superarle.
Il 7 ottobre la violenza sessuale è stata usata come arma di guerra, per infondere un terrore psicologico molto forte nella popolazione israeliana, si sono deumanizzate le vittime come mai era accaduto in questo conflitto storico che insanguina quell’area del Medioriente. In passato ci siano stati stupri, ma non è mai accaduto con queste modalità di massa e premeditate, con violenze di gruppo e crudeltà inammissibili, con mutilazioni genitali e colpi di arma da fuoco nelle parti intime e sul seno. L’obiettivo di Hamas era trasmettere un messaggio simbolico: non solo uccidere le vittime, ma anche impedire in futuro la possibilità che potessero esserci nuove generazioni di israeliani. È l’idea di genocidio, della cancellazione totale di un intero popolo.
A sconcertare è l’assordante silenzio di tanti, troppi, di fronte a quanto subito dalle donne israeliane. A violenza si è sommata violenza. È incredibile come le coscienze individuali e collettive non si siano sentite investite dall’obbligo morale di rispondere con determinazione, di esprimere la più ferma condanna per tali atti terroristici, manifestando piena e concreta solidarietà nei confronti delle vittime e denunciando con forza il fatto che il ricorso allo stupro, come arma di guerra, rappresenta un crimine contro l’umanità. Sarebbe scandaloso affermare di essere a favore dei diritti, della giustizia e della libertà e poi chiudere gli occhi e il cuore alle vittime della violenza di Hamas, magari trincerandosi dietro meticolose ricostruzioni storiche e geopolitiche e precise analisi delle responsabilità delle parti in conflitto, del governo israeliano e dei rappresentanti del popolo palestinese.
La durezza dell’azione militare condotta da Israele nella Striscia di Gaza, che per snidare e distruggere Hamas sta radendo al suolo un territorio già poverissimo e mietendo migliaia di vittime innocenti, in gran parte bambini, che stanno pagando il prezzo della follia estremista che nulla a che vedere con le legittime e sacrosante rivendicazioni del popolo palestinese, non può assolutamente giustificare la mancata condanna di quanto compiuto dai terroristi di Hamas, i quali hanno agito alla stessa maniera dell’Isis, di Boko Haram e delle altre organizzazioni fondamentaliste islamiche, colpendo e oltraggiando il corpo delle donne e di conseguenza i valori fondanti della civiltà umana.