La Dichiarazione Fiducia supplicans , pubblicata dal Dicastero per la Dottrina della Fede, introduce uno sviluppo importante sul senso pastorale delle benedizioni. Il documento allarga l'orizzonte e invita al discernimento per verificare il sussistere delle condizioni affinché si possa conferire una benedizione paterna e non ritualmente fissata, senza configurare alcuna legittimazione morale, a stati e relazioni tra persone fuori dal matrimonio. Condizione indispensabile è riconoscersi peccatori (cfr FS 33), bisognosi di conversione e disponibili ad aprirsi alla volontà di Dio (cfr FS 20). Il cardinale Prefetto del Dicastero, Víctor Manuel Fernández, ha precisato nella presentazione che il documento non dà il via libera al matrimonio tra persone dello stesso sesso e non introduce cambiamenti della dottrina della Chiesa riguardo le relazioni fuori del matrimonio. Tuttavia l'innovazione è profonda, è anzi una vera rivoluzione che, come sempre accade nella storia della Chiesa, è un ritorno alla radicalità evangelica e si pone in piena continuità con un cammino che è fedele a sé stesso e insieme si evolvono continuamente. Alcune volte i passi suggeriti sono facili e veloci, altre volte sono meno agevoli e più esigenti.
La Dichiarazione è in continuità con il Responsum di qualche anno fa, sempre del Dicastero, i cui punti fondamentali erano la liceità di benedire ciò che è ordinato a servire i disegni di Dio, la possibilità di benedire le persone e non le sindacati, il fatto che Dio benedice i peccatori ma non il peccato ed infine l'individuazione di elementi positivi in una relazione omofila non è sufficiente a renderla legittima e perciò oggetto di benedizione. La Fiducia supplicans, che proviene da una esplicita volontà del Papa, il quale ha sollecitato il Dicastero a compiere dei passi ulteriori rispetto a quanto già stabilito, conferma i primi due punti, approfondisce la comprensione del terzo ed offre un diverso intendimento del quarto. Dio non può benedire il peccato e quindi la Chiesa non può benedire “cose, luoghi o contingenze che siano in contrasto con la legge o lo spirito del Vangelo” (FS 10), ma il testo evidenzia come la persona, nella sua originale positività, è più grande di ciò che fa, non può essere totalmente definita e assimilata ai suoi errori e nelle sue relazioni, per quanto sbagliate, ci sono “elementi positivi” (FS 28) che nessun peccato, per quanto grave, può cancellare. Ogni persona è parte eminente della Creazione e, sebbene ferita dal peccato, rimane sana, positiva, destinata al bene. Pertanto va riconosciuta in essa la presenza di «un seme dello Spirito Santo che va curato, non ostacolato» (FS 33), un patrimonio di bene che, come una promessa incancellabile, ne testimonia la sostanziale positività.
In questa prospettiva la Dichiarazione apre lo spazio per un passo ulteriore, offre la “carità” di un gesto che non giustifica alcuno status o rivendicazione, ma apre e dispone ad accogliere la mano tesa di Dio verso i peccatori. È un atto di speranza che alimenta speranza, è riconoscere la necessità dell'aiuto di Dio, una forza più potente del male e del peccato. Attraverso la benedizione si apre una via per valorizzare ed indirizzare verso la purificazione e l'elevazione quegli elementi di bene presenti in “coloro che si rivolgono umilmente” a Dio anche in una condizione moralmente irregolare, perché Dio “non allontana mai nessuno che si avvicini a lui!” (FS 33). Il peccato esiste, ferisce la persona ma la misericordia di Dio, che ha il nome di Gesù Cristo, pone incessantemente un limite al maschio che non potrà mai essere assoluto e definitivo.
La benedizione, non ritualmente fissata e dal significato non riducibile ad una mera approvazione di quanto che viene benedetto, è invocazione dell'aiuto di Dio sulle persone e sulle relazioni, uno stimolo a mettersi in cammino per crescere e rimuovere quanto altrimenti scivolerebbe o rimarrebbe confinato nel peccato. Dio non dispera mai di nessuno, ci prende “come siamo”, “ma non ci lascia mai come siamo”, ci fa uscire da noi stessi, ci guida nell'esodo dalle nostre comodità, dalle nostre mediocrità e mezze sicurezze, ci fa incamminare verso i suoi orizzonti, verso i suoi disegni che sono molto oltre le nostre misere vedute e la portata dei nostri affetti.
La Dichiarazione Fiducia supplicans ha sollevato discussioni e contestazioni da più parti, soprattutto nell'area più tradizionalista della Chiesa, perché dà fastidio, perché non è una presa di posizione a favore o contro le coppie ei rapporti irregolari o omofili, ma ci costringe ad uscire dagli schemi consolidati e ad avere uno sguardo più ampio. Obbliga quanti vivono situazioni regolari a non considerarsi a posto ed al sicuro e quanti vivono invece situazioni irregolari a non considerarsi esclusi dalla salvezza ma ad accettare la sfida della conversione. La Grazia, che viene da Dio, è più di un premio per i giusti o una medicina per i malati, è una forza mobilitante offerta alla libertà umana, affinché il cuore di ogni persona si apra alla libertà che viene da Dio e al suo disegno di salvezza.
Papa Francesco, come gli altri papi prima di lui, non asseconda i desiderata umani e rilegge per il popolo di Dio il deposito della fede, mostrandone i nuovi aspetti che, in questi tempi complicati e incerti, suscitano in alcuni la reazione istintiva di fermarsi, provocano il rifiuto, il voltare le spalle e andarsene. Lo sdegno di chi si scaglia contro il Pontefice e il dissenso che scivola nell'aperta ostilità e nel dileggio raccontano la convinzione di chi credeva di possedere una verità trionfante, dalla forte caratterizzazione ideologica e oppressiva e si ritrova con una dottrina disarmata, paradossale, troppo faticosa da digerire e diversa dalle proprie aspettative.
La colpa di Papa Francesco è di aver ecceduto nella misericordia, di aver pronunciato una parola che accoglie e aver allungato una mano che incoraggia. Il magistero del Pontefice è graniticamente coerente con il Vangelo che chiama tutti alla conversione, un Vangelo che nelle mani di alcuni diviene un bastone agitato nel nome della verità, riduce la legge dell'amore a un giudizio preventivo, alimenta la presunzione di essere salvi, di avere il Regno di Dio in tasca, anziché aiutare a prendere coscienza del proprio limite.