L’immagine del corpo di Aldo Moro, crivellato di colpi e riverso nel bagagliaio della Renault 4 rossa, fatta ritrovare dalle Brigate Rosse il 9 maggio 1978 in via Caetani a Roma, ha segnato la storia dell’Italia. L’obiettivo dei terroristi era colpire il cuore dello Stato, destabilizzare le istituzioni eliminando uno dei suoi migliori uomini politici, un coraggioso riformista e un punto di riferimento della nostra democrazia per la sua capacità di guardare oltre l’immediato, di analizzare e interpretare i processi che attraversavano il tessuto sociale e culturale dell’Italia in quegli anni turbolenti, ricchi di potenzialità e animati da grandi speranze di cambiamento, con l’obiettivo di guidarli e indirizzare le scelte verso equilibri politici più avanzati.
L’assassinio di Aldo Moro ha rappresentato una lacerazione traumatica nella vita della Repubblica, ha interrotto il percorso che avrebbe dovuto portarci a divenire una democrazia compiuta, ha determinato la sclerotizzazione del sistema politico, creando i presupposti per il logoramento dei partiti e il decadimento culturale e morale della classe politica, che si è chiusa in una autoreferenzialità finalizzata alla perpetuazione di se stessa e degli spazi di potere acquisiti, incapace di cogliere i mutamenti e di governare la complessità, di cui scontiamo ancora oggi effetti e conseguenze.
Il crollo della prima repubblica e le trasformazioni del sistema politico, frutti sia della fine dello scontro ideologico e tra blocchi internazionali contrapposti sia della questione morale, non hanno prodotto una democrazia più matura. Al contrario ci hanno introdotti in questo nostro tempo dominato dall’antipolitica, da leader abili catalizzatori di consensi ma refrattari alla riflessione, all’elaborazione di progettualità di ampio respiro, privi spesso di solidi riferimenti culturali e propugnatori di un pericoloso indifferentismo valoriale. Nasce da qui l’esigenza di non fermarci a una commemorazione puramente formale dell’assassinio di Aldo Moro e di cogliere l’occasione per avvicinarci al suo pensiero articolato, complesso e straordinariamente attuale, per raccoglierne il testimone ed ispirarci alla sua eredità umana, civile, culturale e politica, che i terroristi e quanti anche dall’interno delle istituzioni se ne sono fatti complici non sono riusciti né a cancellare né minimamente a scalfire, per comprendere il presente e costruire insieme il futuro dell’Italia.
Aldo Moro, personalità di vastissima cultura, formatosi nella FUCI sotto la guida spirituale di Giovanni Battista Montini (il futuro Papa Paolo VI°), sia come professore universitario sia come politico è stato uomo del dialogo e dell’ascolto, da lui ritenuti strumenti indispensabili per garantire il progresso e il consolidamento della democrazia, si è fatto promotore di un’idea di società che ponesse al centro la persona, perseguisse la concreta rimozione delle discriminazioni, garantisse libertà e dignità e realizzasse una effettiva eguaglianza tra tutti i cittadini.“In una società democratica, come quella che abbiamo contribuito a delineare nella Costituzione e che vogliamo costruire nella realtà vi è un problema fondamentale di valorizzazione generale e compiuta dell’intera società.(…) Nessuna persona ai margini, nessuna persona esclusa dalla vitalità e dal valore della vita sociale.(…) La conciliazione delle masse con lo Stato, il superamento dell’opposizione tra il vertice e la base: non lo Stato di alcuni, ma lo Stato di tutti; non la fortuna dei pochi, ma la solidarietà sociale, resa possibile dal maturare della coscienza democratica e alimentata dalla consapevolezza del valore dell’uomo e delle ragioni preminenti della giustizia”(Dalla Relazione al VII Congresso Nazionale della DC – Firenze 24 ottobre 1959). Nella visione morotea il dialogo costituisce la base vitale e insostituibile della democrazia. “Non è importante che pensiamo le stesse cose, che immaginiamo e speriamo lo stesso identico destino, ma è invece straordinariamente importante che, ferma la fede di ciascuno nel proprio originale contributo per la salvezza dell’uomo e del mondo, tutti abbiamo il proprio libero respiro, tutti il proprio spazio intangibile nel quale vivere la propria esperienza di rinnovamento e di verità, tutti collegati l’uno all’altro nella comune accettazione di essenziali ragioni di libertà, di rispetto e dialogo”(Aldo Moro – Il Giorno 10/04/1977). Questa sua idea della politica presuppone un’autentica e radicale rivoluzione culturale, ben lungi ancora dal compiersi. Avendo a riferimento i valori umani, lo Stato deve assicurare lo sviluppo complessivo delle persone, il loro concorrere libero e democratico alla realizzazione degli interessi generali mediante lo strumento insostituibile dei partiti.“Ma le democrazie moderne con una vastissima base popolare, con il necessario raccordo tra potere di vertice e fonte del potere, con il significato sostanziale e non meramente formale che assumono, non possono fare a meno della iniziativa politica dei partiti e dell’opera di mediazione che essi svolgono, per dare efficace ispirazione ed effettiva base di consenso, in ogni momento, allo Stato democratico”(VIII Congresso Nazionale della DC – Napoli 27/01/1962).
La politica oggi mostra segni d’affanno. La perdita di incisività e inclusività dei partiti colpisce le istituzioni rappresentative e i processi elettorali. Le distorsioni e le degenerazioni hanno spinto tanti ad affidarsi a derive populiste, anche attraverso le reti informatiche, dimostratesi però ampiamente inidonee a sostituire i partiti, i quali devono tornare ad essere luoghi di partecipazione reale e continuativa alla formazione dei programmi e alla selezione, ad ogni livello, di una classe dirigente rispondente alle esigenze della società. La democrazia ridotta a semplice partecipazione al momento elettorale finalizzato al conferimento di una delega in bianco al leader, deperisce, diviene un simulacro vuoto in balia di gruppi di interessi in grado di condizionare e indirizzare il consenso, è preludio all’autoritarismo e alla fine dei diritti e delle libertà.