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Chi salva una vita salva il mondo intero

Lug 19, 2020 Scritto da 

 

 

 

 

Il relitto di un’imbarcazione, il corpo di un uomo alla deriva nell’infinita distesa blu cobalto del Mediterraneo. Intrappolato tra i rottami galleggianti di un gommone, il volto rivolto verso gli abissi, un uomo vaga come un vascello fantasma solcando senza meta il mare della nostra indifferenza. Un corpo straziato, violato dai pesci, dalla brutalità del sole, dal gelo delle notti, rivestito con pantaloncini imbrattati del miscuglio micidiale di gasolio e acqua salata e una maglietta scura alzata sul torace nudo, è un grido di dolore inascoltato. Nessuno conosce il suo nome, la sua storia, non sappiamo se da qualche parte una madre, un padre, una moglie, un fratello, una sorella, un figlio, una figlia, un amico, un’amica attendono con angoscia crescente una sua telefonata, che spezzi un silenzio insopportabile e lacerante. Morto di stenti, di sete, probabilmente ultimo ad arrendersi, a lasciarsi sfuggire la vita come sabbia tra le dita, in compagnia di disperazione e solitudine se n’è andato con impressi negli occhi gli sguardi e nella mente le grida di disperazione di quanti hanno condiviso con lui la traversata fallita e si sono inabissati nelle profondità del mare.

Un corpo in mare da due settimane. Quattro avvistamenti, quattro segnalazioni e nessun intervento. La guardia costiera libica, italiana e maltese sono state allertate, ma nessuno ha raccolto quel corpo in un ultimo gesto di pietà e gli ha dato degna sepoltura. “Le guardie costiere sanno e fanno finta di niente. Sono mortificato e incredulo. Lo andrei a recuperare io se potessi… Ma sì, se mi ci portano lo prendo io con le mie mani, non ho paura. È un essere umano ed è morto, non viene a rubare il lavoro a nessuno, non ci porta le malattie, non mette a rischio la sicurezza del Paese. È disumano lasciarlo così, in mezzo al mare e in pasto ai pesci. Abbiamo superato ogni limite, posso capire tutto ma questo no” (Pietro Bartolo, medico ed europarlamentare – La Repubblica 17/07/2020). L’indignazione delle parole di un medico da sempre in prima linea sul fronte dell’accoglienza nell’isola di Lampedusa, dovrebbero risvegliare in noi il senso di umana pietà sepolto sotto le macerie di una propaganda distorta e becera, che istiga al rifiuto dell’altro, identifica nello straniero il nemico presentandolo come un pericolo, un potenziale criminale e perciò da respingere, arrestare e scaricare come un rifiuto oltre le nostre frontiere, da rispedire nelle mani delle bande criminali che gestiscono i lager libici o nei campi di raccolta e detenzione di regimi autoritari come la Turchia, voltandoci dall’altra parte di fronte alla violazione dei diritti umani, alle brutalità, alle torture, agli stupri, agli omicidi che vi si consumano quotidianamente. È falso che i migranti portino il Covid-19 e che gli sbarchi dipendano dalla presenza in mare delle ONG. Durante la fase acuta della pandemia non c’erano navi delle organizzazioni umanitarie nel Mediterraneo e gli arrivi sono aumentati rispetto al periodo precedente. Il rifinanziamento votato dal Parlamento italiano del regime libico è una vergogna. Infamie di cui tutti, non solo quanti hanno responsabilità politiche e di governo, saremo chiamati a rispondere di fronte al tribunale delle nostre coscienze e della storia: il nostro silenzio complice, la nostra emorragia di umanità saranno motivo di condanna senza appello.

È giunto il momento di denunciare l’ipocrisia di una narrazione securitaria e criminalizzante dell’immigrazione e della solidarietà, la violenza verbale usata dagli impresari dell’odio per manipolare le coscienze e rastrellare consensi facendo leva su paure e incertezze comprensibili in questi tempi di crisi economica, valoriale e sociale. Essere definiti buonisti non è un demerito, un’accusa di cui vergognarsi, un attestato di disvalore, casomai lo è cattivisti, concentrato di insensibilità e disumanità, di odio e rancore.

Le migrazioni sono da sempre parte della storia, non un fenomeno inedito proprio del nostro tempo. Se negli ultimi anni hanno toccato punte notevoli la causa va ricercata in un sistema economico che, anziché ridistribuire il benessere, ha accentuato diseguaglianze e squilibri sociali, ha concentrato le ricchezze nelle mani di pochi, ha fomentato le guerre, spingendo milioni di persone a fuggire dalla violenza e dalla morte e ad abbandonare case, affetti familiari e legami personali.

Muri, filo spinato, fossati, barriere, navi da guerra che pattugliano le coste sono solo espedienti propagandistici che confondono, illudono e nascondono l’incapacità a misurarsi con una realtà complessa, non arrestano l’immigrazione e anzi favoriscono gli ingressi illegali, consegnando masse di disperati ai trafficanti di uomini, a lavoro nero e sfruttamento. Il corso della storia non si ferma. Il movimento dei popoli è inarrestabile, ma è possibile governarlo, regolamentando i flussi mediante norme rispettose dei diritti umani, garantendo lavoro, dignità, casa, istruzione e assistenza sanitaria a tutti. Politiche che promuovano sviluppo economico e benessere nel rispetto dei diritti, sia all’interno dei singoli Paesi che nelle relazioni internazionali, non sono un’utopia ma una necessità, nella assoluta consapevolezza che il perdurare delle diseguaglianze e la chiusura delle frontiere condurranno sicuramente l’umanità ad un conflitto bellico su ampia scala che opporrà paesi ricchi e paesi poveri. 

Se governata l’immigrazione non è solo un’opportunità, ma una necessità. In generale l’Europa e in particolare il nostro Paese manifestano una diffusa denatalità e un progressivo innalzamento dell’età media della popolazione. Il rischio in prospettiva è la condanna all’irrilevanza politica ed economica e all’estinzione. Abbiamo bisogno di una iniezione di umanità giovane e diversa, di rivitalizzare il nostro patrimonio storico e culturale altrimenti incapace di reggere il confronto con i paesi emergenti, di leggere e interpretare i cambiamenti mediante una visione politica intelligente e aperta al futuro. Sotto questo profilo lo jus soli costituisce una legge indispensabile per dare a migliaia di bambini, figli di genitori stranieri ma nati in Italia, il diritto, la responsabilità e l’orgoglio di sentirsi italiani, parte integrante di una comunità che è convivialità armonica di differenze.

L’accoglienza seria, attenta, responsabile, rispettosa dell’altro e delle regole investe la nostra dimensione etica e morale prima ancora che politica e sociale e rappresenta la condizione imprescindibile per costruire insieme un futuro di pace, giustizia e benessere solidale per noi e i nostri figli.

Pubblicato in Riflessioni

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