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Dialogo con Maria di Nazareth

Dic 20, 2020 Scritto da 

Un tempo sperduto villaggio di pastori Nazareth, arroccata sulle dolci colline della Galilea, è caotica e vociante come tutte le città del Medio Oriente. Le strade del suo cuore antico sono un dedalo inestricabile, un caleidoscopio di suoni, colori e profumi. Mi infilo in una stradina secondaria, percorro qualche metro ed eccomi giunto a destinazione. All’esterno la costruzione appare modesta, anonima. Busso e resto in attesa. Quando la porta si apre, sulla soglia compare una donna minuta dai lineamenti dolci. Nei suoi occhi scuri e profondi è riflessa tutta la bellezza di questa terra. La casa è piccola, linda, racconta una povertà dignitosa. Mi fa accomodare in una stanza silenziosa e siede davanti a me. Ha modi semplici e spontanei.

- Sono contenta che sei venuto a trovarmi – mi dice con tono caldo e accogliente.

- Ti ringrazio – mi limito a balbettare in preda all’emozione.

Maria si sporge leggermente in avanti, afferra le mie mani tra le sue e le stringe in un gesto rassicurante. Il velo nasconde i suoi capelli e ne incornicia il volto. - Sono ebrea – spiega in risposta alla mia occhiata indagatrice – La nostra tradizione vuole che le donne coprano i capelli e li mostrino solo al marito. Continuo a seguirla, sebbene nessuno me lo imponga. Fortunatamente rispetto ai miei tempi le donne hanno conquistato oggi diritti e libertà -.

- Le tue parole un po’ mi sorprendono -.

- Non capisco il motivo. Ti sembra così strano che sono dalla parte delle donne?-.

- In effetti tuo figlio aveva anche delle donne al suo seguito –.

- Yahweh ama tutti allo stesso modo, non fa distinzioni….–.

- A proposito – la interrompo – cosa pensi degli omosessuali? Alcune persone di fede sostengono che hanno qualcosa di sbagliato -.  

- E’ una stupidaggine – si adombra per un momento e la sua voce assume un tono fermo – Ognuno di noi è un capolavoro di Yahweh. Mica ci sono alcuni che non gli sono venuti tanto bene!-.       

- Mi racconti di te, la tua storia? –.

Annuisce. – Ero una ragazza come tante. Aiutavo mia madre in casa, andavo al pozzo a prendere l’acqua, uscivo con le amiche e il sabato frequentavo la sinagoga -.

- I tuoi ti avevano promessa sposa a Giuseppe -.

- Abitava poche case più avanti a noi. All’inizio ci scambiavamo qualche sguardo, poi ci siamo incontrati, abbiamo parlato e quindi è venuto con suo padre dai miei per chiedermi in sposa -.

- A quel tempo i matrimoni erano combinati dalle famiglie – le faccio notare.

- Nessuna imposizione – scuote la testa – Come ti ho detto è stata una nostra scelta. Io e Giuseppe ci amiamo -. 

- Eri molto giovane -.

- E avevo molti sogni – sospira, mentre un timido sorriso le si disegna sulle labbra.

- Qualcuno però scombussolò i vostri piani, i tuoi e di Giuseppe -.

- Quel giorno ero sola in casa. All’improvviso la luce, l’angelo…. Ero stupita, sorpresa, turbata, intimorita. Non capivo cosa stesse accadendo –.

- Poteva essere tutto frutto della tua immaginazione di ragazzina -.

- L’ho pensato eccome, cosa credi!- esclama e, dopo qualche istante di silenzio, riprende: - Era tutto reale però!-.

- Diventare la madre del Figlio di Dio – considero – Una cosa inverosimile –.

- Sono d’accordo. Umanamente non aveva e non ha alcun senso, ma non dal punto di vista di Yahweh e della fede del mio popolo. Da lunghissimo tempo aspettavamo il Messia e finalmente la promessa si compiva -. 

- Perché proprio tu? Cosa avevi di speciale?-

- E’ quello che ho domandato anche io all’angelo. In Israele c’erano ragazze migliori di me. Ero sconvolta, ma lui ha cercato di rassicurarmi, di spiegarmi -.

- Hai subito accettato la sua proposta però -.

- Ti sbagli! Ho riflettuto, ragionato e solo alla fine ho detto di sì. Non è stato per nulla facile, ma potevo rifiutare il progetto di Yahweh su di me?-.

- Insomma per te è stato tutto chiaro fin da subito….-.

- Assolutamente no – nega decisa – Mi sono detta: non capisco ma mi adeguo!-.

- Avere un figlio senza essere sposata era una scelta rischiosa -.

- Potevo finire lapidata come adultera, ma mi sono fidata di Yahweh -.

- Quando lo hai raccontato i tuoi ti hanno creduto?-.

- Mi conoscevano e sapevano che non avrei mai detto bugie o cercato di ingannarli, ma non è stato semplice -.

- E Giuseppe?-.

- Era molto confuso. Come dargli torto? Che doveva pensare? Chiunque avrebbe reagito come lui. Sapeva però che io lo amavo e volevo stare con lui, costruire insieme una famiglia -.

- Decise di lasciarti, poi però gli apparve in sogno l’angelo e cambiò idea -.

- Giuseppe è sempre stato di poche parole. Mi ha raccontato poco o nulla -.

- Subito dopo sei partita per andare a trovare tua cugina Elisabetta -.

- Doveva partorire suo figlio Giovanni e aveva bisogno di me -.

- Affrontasti il viaggio da sola. Una scelta insolita, direi coraggiosa per quei tempi -.

- Trovi?- ride divertita – Nessuno comunque si oppose o provò a fermarmi -.

- Elisabetta ti chiamò “madre del mio Signore” e Giovanni sussultò di gioia nel suo grembo. Ti riservarono una bella accoglienza, senza dubbio -.

- Portavo dentro di me il Messia e Giovanni lo riconobbe. E’ stato bellissimo!-.

- E tu rispondesti con il Magnificat. Veramente quelle sono parole tue?-

- Yahweh ha messo le sue parole sulla mia bocca. Io sono nulla -.   

- Dopo aver sposato Giuseppe, decideste di vivere a Nazareth -.

- Era il nostro villaggio. Qui avevamo parenti e amici -.

- Pochi giorni prima del parto, vi metteste in viaggio verso Betlemme. Una scelta un po’ azzardata -.

- Fummo costretti per via del censimento ordinato dai romani. Dovevamo registrarci nella città di origine di Giuseppe, come stabilito dalle leggi e dalla tradizione. Fu faticoso, soprattutto per me. E poi giranno in lungo e in largo Betlemme, bussammo alla porta di parenti, amici e conoscenti ma nessuno aveva posto per ospitarci -.

- Non deve essere stato piacevole -.

- E’ la stessa esperienza dei poveri e dei migranti di oggi: vengono rifiutati, calpestati, muoiono di fame, in mare, per le guerre e pochi se ne preoccupano e intervengono. L’egoismo e l’indifferenza sono peccati gravi davanti a Yahweh -.

- Alla fine Giuseppe riuscì a trovare un alloggio di fortuna dove fermarvi e passare la notte e, mentre eravate a Betlemme, si compirono per te i giorni del parto -.

- Speravo di partorire mio figlio circondata dall’affetto dei miei familiari, di avere un minimo di tranquillità e di comodità, ma le cose andarono diversamente -.

- Cosa provasti in quel momento?-.

- Esattamente quello che prova ogni madre nel dare alla luce il proprio figlio. È una sensazione indescrivibile, che ti ripaga di fatiche, difficoltà e dolori -.

- Gesù però non era un bambino come gli altri -.

- In quel momento ho pensato solo a stringerlo tra le mie braccia, a farlo sentire amato e protetto. Lo stesso ha fatto Giuseppe -.

- I primi giorni di vita di Gesù sono stati costellati di presenze straordinarie e di pericoli: i pastori, i Magi, Simeone ed Anna, ma anche Erode e il suo tentativo di ucciderlo, l’esilio in Egitto….-.    

- Tutto è accaduto in modo rapido e imprevedibile e c’è voluto del tempo per capire. Poi pian piano ogni tassello è andato al suo posto, anche se sono cresciute in me e in Giuseppe le ansie e le paure -.

- Come sono stati quegli anni?-.

- E’ stato bellissimo vedere Gesù crescere, diventare un uomo e poi prendere la sua strada, iniziare la sua missione, compiersi in lui e attraverso di lui la promessa fatta da Yahweh ai nostri padri, anche se eravamo consapevoli che ci sarebbero stati momenti molto dolorosi -.

- Ti sei pentita del sì pronunciato quel giorno?-

- Mai!- Maria scuote la testa – Ho scelto di mettermi nelle mani di Yahweh, ho accolto suo Figlio nel mio grembo e lui è divenuto parte di me, sangue del mio sangue. È il mio ieri, il mio presente e il mio futuro. Senza di lui, senza Gesù la mia vita non avrebbe alcun senso -.

- Cosa vorresti dire alle persone del mio tempo?-.   

- Non abbiate paura, amate mio figlio e fate quello che vi dice -.

Abbiamo conversato ancora un po’, mi ha raccontato di Gesù, del loro rapporto e mi ha aiutato a capire. Al momento di congedarmi mi ha abbracciato e ho ritrovato in lei il calore mai dimenticato dell’abbraccio di mia madre, la gioia del Natale autentico, fatto non di luci, lustrini, regali e frivolezze ma dell’essenziale.

 

 

Pubblicato in Riflessioni

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