Atti e parole posseggono un potenziale misterioso e innegabile, tendono a riprodursi, a moltiplicarsi, a creare nel proprio ambito di diffusione un circolo virtuoso se esercitati in modo positivo, una dinamica contraria se invece si qualificano in senso negativo. Prudenza, scrupolosità e sensibilità dovrebbero essere perciò guidarci nell’esercizio dei nostri compiti e di tale dovere dovrebbero sentirsi investiti soprattutto quanti ricoprono funzioni di rappresentanza politica e di governo, i quali dovrebbero possedere una moralità cristallina, un rigoroso senso delle istituzioni democratiche, la coscienza che proprio compito è perseguire il bene comune e le loro parole e azioni possono essere esemplari o devastanti per i cittadini che hanno loro accordato fiducia e guardano.
Lo scadimento morale e culturale della classe politica italiana è cosa nota e sempre più se spesso dalla folla dei politicanti emergono personaggi “fenomenali”, punte di diamante inverosimili. Nella speciale classifica dei politici peggiori primeggiano quasi senza rivali Angelo Ciocca, deputato al Parlamento Europeo della Lega e la neovicepresidente della Regione Lombardia ed assessore alla sanità Letizia Moratti, già sindaco di Milano e Ministra dell’Istruzione.
Qualche settimana fa l’eurodeputato pavese, intervistato nella trasmissione televisiva “Lombardia nera” su Antenna 3 ha denunciato la scelta di mettere a disposizione della Lombardia, un numero di vaccini non commisurato alla popolazione rispetto al Lazio: “E’ possibile se qualcuno vuole fare politica sulla salute della gente, se qualcuno pensa di fare clientelismo territoriale. Si premia una Regione rispetto a un’altra perché una a livello democratico ha un colore rispetto a un altro. I fattori che devono portare alla distribuzione del vaccino devono essere il numero di abitanti, una proporzione fra quanti abitanti ho e quanti vaccini. Non è pensabile che la Lombardia che ha il doppio degli abitanti del Lazio possa ricevere meno vaccini. Poi bisogna valutare quanto l’importanza economica del territorio. La Lombardia, è un dato di fatto, è il motore di tutto il Paese. Quindi se si ammala un lombardo vale di più che se si ammala una persona di un’altra parte d’Italia”. “Addirittura?” ha esclamato sbigottito il conduttore Marco Oliva. Il deputato ha proseguito: “Sì, è un dato di fatto. Se si ammala un lombardo, economicamente, da imprenditori, vale di più rispetto a un laziale. Sulla salute non si può fare politica, ma bisogna fare anche un ragionamento economico per il Paese perché purtroppo, è un dato di fatto, un cittadino lombardo paga più tasse rispetto un cittadino laziale”. Il Lazio avrebbe il doppio dei vaccini rispetto alla Lombardia perché “qualcuno ha detto che vogliono proteggere i ministeriali. Per me invece vale di più un lavoratore, un magazziniere, un commesso, un imprenditore lombardo rispetto a un ministeriale romano. Non perché ce l’ho con lui ma solo che per uscire da questa pandemia dobbiamo investire in debito pubblico e allora dobbiamo mettere in condizione chi produce nel mondo privato di farci affrontare il debito pubblico. Bisogna prima proteggere i lavoratori del privato poi i ministeriali, questo è il concetto, molto semplice. È una riflessione di buon senso, pare strano non investire dove c’è l’incendio maggiore. I dipendenti privati della Lombardia tengono in piedi il paese e allora mi chiedo perché venga prima l’apparato dello Stato, con l’amministrativo del ministero che pure è in smart working. Roma non ruba nulla, semmai prende, la colpa è di chi li distribuisce che fa un torto alla Lombardia e all’intero paese perché si corre il rischio che ci siano tempi più lunghi rispetto a una distribuzione intelligente”.
Ovviamente quanto sostenuto da Angelo Ciocca è totalmente falso. La ripartizione dei vaccini, pur con le difficoltà legate alle ridotte forniture delle case farmaceutiche, sta avvenendo in proporzione agli abitanti delle regioni. Il fatto grave è che non si tratta di semplici dichiarazioni scriteriate di un politico in cerca di visibilità, il quale ha rispolverato le pulsioni padaniste della Lega vecchia maniera. Dopo qualche giorno infatti identica richiesta è stata avanzata, solo in modo meno volgare, da Letizia Moratti, chiamata a sostituire l’assessore alla sanità Giulio Gallera, distintosi per la pessima gestione della pandemia, le memorabili gaffe e il rinvio dell’inizio della campagna vaccinale a dopo le feste natalizie per garantire le ferie al personale mentre la sua regione era travolta dai contagi ed ha il record mondiale di morti per Covid-19 in proporzione alla popolazione. Letizia Moratti ha inviato una lettera al commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, in cui sostiene l’opportunità che i vaccini vengano distribuiti più in fretta alle regioni con maggiore densità abitativa e mobilità, più colpite dal virus e che contribuiscono in modo significativo al Pil nazionale: insomma la Lombardia. La proposta presentata ai capogruppo regionali di maggioranza e opposizione e definita in “in fase di invio” a Roma per essere discussa nella conferenza Stato-Regioni, ha ricevuto il plauso del presidente Fontana, il quale l’ha giudicata “coerente e appropriata”. Dinanzi alle unanimi condanne levatisi, sono arrivate le imbarazzate precisazioni, una tiritera di sciocchezze e giustificazioni penose e senza senso. Secondo la giunta lombarda il vaccino non è un diritto di tutti i cittadini a prescindere dalla ricchezza del territorio in cui vivono e la salute non è un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione, ma un privilegio di quanti hanno di più: idee agghiaccianti, palesemente razziste e indegne di persone che ricoprono incarichi nelle istituzioni.
Come se questo non bastasse il presidente Fontana e l’assessore Moratti hanno fatto finire la Lombardia in zona rossa perché si sono dimenticati di sottrarre dai contagiati i guariti e hanno cercato di far ricadere le colpe sull’Istituto Superiore di Sanità che per ben 54 volte li aveva sollecitati a rivedere i dati inviati. Un errore gravissimo, costato centinaia di milioni di euro alle imprese, ai lavoratori, alle famiglie e alla scuola. Dopo che gli uffici della regione Lombardia hanno corretto i dati e chiesto per e-mail il riconteggio, Letizia Moratti ha dichiarato che non hanno rettificato le cifre sbagliate ma le hanno rivalorizzate (sic!). Ciliegina sulla torta: in seguito alle verifiche effettuate finora il 51% dei vaccinati in Lombardia non è costituito da operatori sanitari, medici ed infermieri in trincea contro il Covid-19, ma persone che in molti casi non ne avevano diritto in questa fase.
Veramente la Lombardia, uno dei motori economici dell’Italia, merita una classe politica così inqualificabile e sconveniente? Quanto accade a Milano, come anche in qualsiasi altra regione, ci tocca e ci riguarda perché ha ripercussioni sullo sviluppo dell’intero paese ed è uno scempio insopportabile.