Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalita' illustrate nella cookie policy. Chiudendo questo banner o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie, per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

Il governo Draghi o del fallimento della politica

Feb 07, 2021 Scritto da 

 

 

Avverto pertanto il dovere di rivolgere un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché conferiscano la fiducia a un governo di alto profilo che non debba identificarsi con alcuna formula politica. Conto quindi di conferire al più presto un incarico per formare un governo che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili che ho ricordato” (Sergio Mattarella – Presidente della Repubblica).

È riassunto tutto in questo passaggio del discorso del Presidente Sergio Mattarella il senso della fase politica che il nostro paese sta attraversando. Il conferimento dell’incarico di formare un governo tecnico – istituzionale, di larghe maggioranze e alto profilo, non identificato con nessuna formula politica, al Professor Mario Draghi, ex Presidente della Banca Centrale Europea, rappresenta la certificazione chiara ed inequivocabile del fallimento politico dei partiti e movimenti, nessuno escluso, presenti in Parlamento, della loro incapacità di uscire dall’autoreferenzialità e dal piccolo cabotaggio, dalle logiche spartitorie e di potere, di anteporre a tutto gli interessi del Paese superando le divergenze e dando vita ad un governo all’altezza delle sfide che abbiamo davanti in questo momento tragico, segnato dalla pandemia che miete centinaia di vittime ogni giorno e ci ha precipitati in una crisi economica e sociale senza precedenti. 

L’aspetto più sconfortante è che dalle dichiarazioni rilasciate ai giornali o postate sui social da molti esponenti dei diversi partiti e schieramenti emerge tutto il divario esistente tra l’operare ordinario della classe politica e la concretezza dei problemi dei cittadini, insieme alla palese incapacità perfino di comprendere l’esatta portata dei propri comportamenti irresponsabili e le devastanti e inevitabili ripercussioni, prime tra tutte la perdita di fiducia verso le istituzioni democratiche e la funzione stessa della politica, che hanno costretto il Presidente della Repubblica a imboccare la strada di un “governo tecnico”, scelta che Sergio Mattarella aveva fin qui sempre cercato di evitare preferendo soluzioni politiche. Pertanto non ci sono vincitori ma solo sconfitti, non c’è nulla di cui essere soddisfatti o di cui esultare per l’incarico conferito a Mario Draghi, il quale potrà anche riuscire nell’impresa di governare ottimamente e risollevare le sorti del nostro paese (personalmente me lo auguro per il bene di noi tutti), mettendo insieme il meglio delle competenze e compiendo le scelte necessarie nell’interesse esclusivo della collettività, ma non possiamo ignorare che tale governo è conseguenza di un sistema politico rivelatosi estremamente fragile, di una classe dirigente inadeguata, priva dell’indispensabile lucidità e capacità progettuale e impegnata in un teatrino deprimente, niente altro che un avvitamento incessante in discussioni sterili e senza costrutto, nel quale a prevalere è la volontà narcisistica di apparire, di guadagnare effimeri consensi, certificati magari da sondaggi compiacenti, di saggiare il proprio peso politico e numerico ricorrendo a veti e ricatti e sistematicamente tralasciando l’obiettivo primario di perseguire il bene comune. Il Presidente della Repubblica è stato costretto a chiedere ai partiti e ai movimenti politici presenti in Parlamento, a coloro cioè che hanno ricevuto il mandato di rappresentare noi cittadini di compiere un passo indietro perché si sono rivelati incapaci di compierne uno in avanti, a commissariare una politica che da tempo ha deciso di abdicare alla propria funzione, dimenticando che suo preciso ed unico dovere è farsi portatrice di idee e progetti e non di dedicarsi a ripicche, rivalse ed inciuci di vario genere, a ricercare l’occupazione delle poltrone, a ritagliare spazi di potere fine a se stesso per i propri esponenti.

La mancanza di un collante politico – culturale, di una visione condivisa del futuro del Paese sono la causa vera e profonda della crisi in atto. Il funambolismo e la faciloneria con cui si è passati da una maggioranza di destra populista ad una di centrosinistra, mantenendo peraltro a capo della compagine governativa sempre lo stesso Presidente del Consiglio, sono rivelatori non solo dell’indifferentismo culturale e dell’assenza di una precisa fisionomia ideale e valoriale del Movimento 5 Stelle, ma anche la ragione vera della debolezza del governo, il cui cemento è stato un amalgama mal riuscito, uno stringere accordi con compagni di viaggio improvvisati solo perché in quel momento disponibili. Non era affatto difficile prevedere che una simile esperienza alla lunga si sarebbe consumata fino a venir meno: il potere fine a se stesso non è mai un buon viatico, destra e sinistra esistono e le politiche messe in campo per dare soluzione ai problemi sono qualificanti sotto questo profilo. Matteo Renzi è stato inventore ed artefice del governo giallorosso dopo la follia estiva del Papeete ad opera di Matteo Salvini, ma non ha mai metabolizzato l’alleanza con i 5 Stelle, tanto che in queste ultime settimane ha nuovamente indossato le vesti tanto amate e invero mai abbandonate del rottamatore, del demolitore seriale ed è arrivato allo strappo irreversibile per effetto di un conflitto che ha avuto per oggetto pressoché esclusivo il potere, la distribuzione di incarichi e poltrone. Prova ne è che i contenuti tanto sbandierati e presentati come la ragione dell’apertura della crisi ora sono completamente spariti dai discorsi del senatore di Rignano, il quale ha annunciato che appoggerà il governo presieduto da Mario Draghi senza conoscere il programma e la squadra dei ministri con cui si presenterà in Parlamento per ottenere la fiducia. Tuttavia la crisi ha fatto emergere anche i limiti politici dell’azione del Partito Democratico, da tempo inspiegabilmente schiacciato sulla linea dei 5 Stelle, anche su temi storicamente appartenenti alla tradizione della sinistra, dal lavoro alla giustizia, appiattimento che nulla ha a che vedere e non può giustificarsi certo con la rivendicata lealtà a Giuseppe Conte e agli alleati.

La speranza è che quanto sta avvenendo non segni l’inizio di un inesorabile commissariamento delle istituzioni democratiche e che partiti e movimenti politici colgano l’occasione per avviare una riflessione profonda e un processo radicale di rinnovamento, che alla rifondazione identitaria e valoriale accompagni un ricambio dei gruppi dirigenti, aprendosi, lasciando spazio e dando voce alle eccellenze che l’Italia possiede e soprattutto porti a riconsiderare la politica come un servizio capace di influenzare in positivo la vita dei cittadini e di dare soluzione a quei problemi che frenano il vivere civile.

Pubblicato in Riflessioni

Lascia un commento

Assicurati di aver digitato tutte le informazioni richieste, evidenziate da un asterisco (*). Non è consentito codice HTML.

Calendario

« Novembre 2024 »
Lun Mar Mer Gio Ven Sab Dom
        1 2 3
4 5 6 7 8 9 10
11 12 13 14 15 16 17
18 19 20 21 22 23 24
25 26 27 28 29 30