L’ARCHEOLOGO
Nel biennio 1704-1705, quale esperto archeologo, pubblica i due volumi (in tre distinti libri) del celebre “Latium Vetus Profanum et Sacrum”, opera monumentale caratterizzata da analisi scientifica capace di sezionare le “viscere” e tutto il “corpus” sostanzioso della storia del Lazio. Per questa rilevante caratteristica tale dotta produzione diviene un testo fondamentale per tutti gli eruditi e gli archeologi, sia di allora sia di questi nostri tempi. L’opera venne subito ricolma d’elogi dagli esperti del tempo quale fonte preziosa e chiara per gli archeologi affascinati dalle antichità del Lazio, sia sacro sia profano. L’autore, nel primo volume, illustra le vicende dei primitivi coloni del Lazio mentre nel secondo narra le storie locali degli abitanti di Sezze e del Circeo. I due volumi furono arricchiti da artistiche e pregevoli riproduzioni riguardanti monumenti di Sezze e opere pubbliche d’altre città laziali. Tutta la variegata raccolta costituì subito una fonte preziosa per la ricostruzione analitica delle famose ventitré città pontine scomparse (quelle citate da Plinio), per la ricostruzione topografica (in territorio setino) delle ville di Marco Antonio,di Augusto, di Mecenate …d’Attilio, di Vitellio, di Cornelia… ed infine per una probabile ricostruzione genealogica del poeta Valerio Flacco e delle altre estinte famiglie locali. Il Corradini analizza con affetto anche alcuni resti archeologici di siti religiosi pagani e cristiani: per primo descrive i ruderi del monastero eretto nella palude di Sezze (nell’anno mille) da San Lidano abbate, futuro patrono della città; è quindi analizzato il tempio della dea fortuna di Praeneste e quello di Giove (“Jovis Anxuris”) di Terracina. Non mancano ulteriori indagini su un tempio di Saturno in Sezze e di quello dorico dedicato ad Ercole nella città di Cori. l’archeologo Corradini, per sopraggiunti onerosi impegni presso la “Santa Sede”, dovette interrompere l’opera intrapresa ed affidarne il completamento al gesuita padre Rocco Volpi che chiuse il lavoro aggiungendogli altri ricchi volumi d’arte e di storia laziale. Questa pregiatissima ricerca sul Lazio archeologico è segnalata ancor oggi dall'enciclopedia Treccani che così la contraddistingue: “l’opera è tutta di prima mano, frutto di sopralluoghi accurati e di un diretto esame dei documenti, grazie al quale il Corradini entrò nel numero degli archeologi ed eruditi settecenteschi”. Tutti i dati raccolti saranno un valido strumento di ricerca per molti studiosi italiani e stranieri, tra i quali citiamo Goethe e Chateaubriand, Gregorovius e Andersen, tutti affascinati dalla conoscenza delle pietre e della razza “latina”.
IL “FEDELE” AVVOCATO DI SANTA ROMANA CHIESA
Il nostro Corradini, diviso tra la passione umanisticoarcheologica e quella di natura giuridica, sempre più attratto in ciò da complesse problematiche dello stato pontificio, lascia lo stesso “le creature della sua terra latina” e si dedica fortemente alla soluzione di questioni di diritto, per la cui finalità compone ulteriori pregevoli lavori, tra i quali ricordiamo, a mero titolo esemplificativo, il “De primariis precibus imperalibus” (Pubblicato nel 1706 con lo pseudonimo di Corrado Oligenio) e la “Relatio iurium sedis apostolicae in Civitatem Comaclensem” (pubblicata anonima in Roma nel 1711). Nel primo lavoro l’animo del giurista, che sente di dover perseguire innanzitutto il bene comune della sua chiesa, si erge a difesa del papato ( negli anni 1705-1711) contro varie ingerenze politiche e militari di Giuseppe I d'Austria, che con la forza del suo esercito persegue continue rivalse e arbitrii contro lo stato pontificio: l’imperatore,che pretendeva di imporre quale vescovo di Hildesheim ( senza il placet di Clemente XI ) il suo favorito Ugone Francesco Fustenberg, si ritrova sconfitto da questa giuridica controffensiva corradiniana. La difesa del Corradini farà sì che Clemente XI abolirà il privilegio delle cosiddette “primariae preces”, che per anni aveva causato i soprusi ecclesiatico-religiosi degli imperatori e dei principi tedeschi. Il secondo lavoro giuridico fu composto dal Corradini a difesa dell’autorità pontificia sulle terre di Comacchio, indebitamente occupata da truppe imperiali nel corso della guerra di successione spagnola (ai tempi di Giuseppe I, Carlo II e Carlo VI…) in vista di un sostanzioso sfruttamento di appetitosi terreni di coltivazione ittica. Ritornando alla sua “carriera” religiosa ricordiamo che il Corradini, dopo essere stato ordinato sacerdote, in seguito è eletto arcivescovo titolare d’Atene. Più tardi, nel concistoro tenutosi il 12 maggio 1712, egli è nominato “cardinale di Santa Roma Chiesa”, sotto il titolo di San Giovanni a Porta Latina, alla cui carica è ritenuto degno soprattutto per il suo essere persona pia ed integerrima. Dei 17 nuovi cardinali, infatti, un terzo era stato proposto al papa dai sovrani mentre gli altri erano chiamati a tale onore solo per il loro disinteressato servizio alla Chiesa e allo Stato del Vaticano. Nello stesso concistoro, fra l’altro, fu proclamato cardinale il famoso siciliano Giuseppe Maria Tomasi di Lampedusa, legato da stima ed amicizia con il nostro Corradini che gli resterà sempre legato. Lo studioso Gioacchino De Sanctis, nel suo poderoso studio, ricorda che fra i diciotto nuovi cardinali due di loro, Corradini e Tomasi, manifestarono l’intenzione di rinunciare alla porpora cardinalizia ma furono obbligati ad accettarla “per obbedienza” verso il papato. L’anno successivo il neo porporato, in qualità di “Ponente della causa“ sostiene l’iter per la beatificazione di fra’ Benedetto da Palermo, un moro di origine etiope, nato a San Fratello sui monti Nebrodi, la cui figura aveva già suscitato un vivo interesse già presso i suoi contemporanei. In quest’anno sembra che il nostro neo cardinale abbia collaborato alla redazione della “Unigenitus Dei Filius”, bolla papale dell’8 settembre 1713 nella quale Clemente XI espresse la ferma condanna di 101 tesi ereticali ricavate dalle “Rèflexions morales sur les Evangiles” di Pasquier Quesnel (1634-1719).