Era una festa organizzata dagli studenti universitari che con spirito goliardico e al motto “gaudeamus igitur” riusciva a coinvolgere l’intero paese e celebrava la presenza sempre più numerosa degli universitari. Con tale festa gli studenti accompagnavano alla necessità dello studio il gusto della trasgressione, la ricerca dell' ironia, il piacere della compagnia e dell'avventura. Ad ogni studente, al momento dell’iscrizione al primo anno, veniva attribuito un numero di matricola che l’accompagnava per tutto il corso. Nel 1973, con l’introduzione del codice fiscale, il numero di matricola pur restando in vigore ha perso molto della sua originaria importanza. Nelle librerie universitarie, insieme ai libri era possibile acquistare la felùca, una sorta di cappello alla Robin Hood che si usava personalizzare con spille, medaglie e gadget di ogni genere, da sfoggiare alla festa della matricola del proprio paese. Il colore della felùca variava secondo la facoltà frequentata. Nel corso di laurea in Scienze Naturali avevamo una feluca di colore verde, gli studenti di Medicina e Farmacia di colore rosso, Lettere e Filosofia bianco o beige, Giurisprudenza azzurro, Ingegneria nero e via discorrendo. La festa della matricola non aveva un giorno prestabilito, cadeva normalmente in autunno all’inizio dell’anno accademico o nella primavera successiva. Ci si preparava una quindicina di giorni prima con la “questua” per le vie del paese, bussando ad ogni porta e chiedendo un modesto contributo in denaro con cui pagare le spese e la cena collettiva degli studenti. Gli universitari veterani sceglievano la malcapitata (ma non tanto) matricola tra gli iscritti al primo anno e nel giorno della festa la “battezzavano” attribuendole un nome demenziale e vergognoso, sottoponendola a sberleffi e canzonature. Per tale motivo non tutte le matricole ambivano ad essere prescelte, anzi, c’era sempre qualcuno che al momento della scelta si rendeva irreperibile, mentre le studentesse ne erano ovviamente dispensate. La matricola veniva condotta come un trofeo su uno dei carri allegorici trainati dai trattori e si faceva più volte il giro del paese con un enorme fracasso di fischietti, trombette, chitarre, cuticù e quant’altro capace di produrre suoni, tra canzonacce cantate in coro a squarciagola, fiaschi di vino bevuti a garganella e coriandoli gettati sui passanti e sui compagni come in un carnevale di Rio. Alla festa venivano ammessi anche gli studenti del Liceo e delle altre scuole superiori. Più il numero dei partecipanti era alto, maggiore era il divertimento. Alla fine di questa vera e propria scorribanda per le strade del paese la matricola veniva condotta su un palco precedentemente allestito in piazza dei Leoni oppure a piazza De Magistris per il tradizionale “processo alla matricola”, davanti ad una giuria di studenti veterani che quasi sempre erano anche i più “brilli” per il vino. La matricola sceglieva tra gli studenti uno o più avvocati di difesa che talvolta, anziché difenderla, si lasciavano andare a sproloqui più grandi dell’accusa, suscitando le risate ed il divertimento della nutrita folla di cittadini accorsi a godersi la serata. L’ultima festa della matricola a Sezze, se ben ricordo, si svolse alla fine degli anni Sessanta. Da allora tanta acqua è passata sotto i ponti, il 1968 e l’autunno caldo del 69 dirottarono altrove l’interesse degli studenti, esplosero le proteste studentesche con tutta una serie di occupazioni delle Università e di rivendicazioni di diritti, alcuni legittimi, altri meno (voto politico, esami di gruppo, ecc) che sfociarono in scontri con la polizia e nelle lotte sindacali al fianco dei lavoratori. Era l’inizio di una nuova era. Peccato però che una così bella tradizione sia stata interrotta!