Si è svolto a Tecchiena nella provincia di Frosinone il 1° campionato Regionale 2022 Lazio Csen settore karate. La manifestazione sportiva ospita nel palasport circa 700 atleti giunti da tutta la regione Lazio appartenenti a 51 società affiliate. L’ ente di promozione sportiva Csen persegue uno scopo promozionale e di propaganda sportiva di alto valore socialem, contribuisce allo sviluppo della pratica sportiva ed alla realizzazione dell’obiettivo di uno sport per tutti e di tutti; crea inoltre le condizioni di un più largo sviluppo della educazione fisica, dello sport e della salute. Tutte le gare si sono svolte in due giornate, sabato 2 e domenica 3 Aprile, grazie alla professionalità degli organizzatori nonostante il momento storico ha ottenuto ottimi risultati. Il maestro Grassucci Nilde, regolarmente iscritta per l’anno 2021/2022 all’ente sportivo sopracitato, di cui ne è responsabile provinciale Latina del settore karate e responsabile regionale Lazio di stile, ha partecipato con la sua squadra sportiva Setia Sport Karate Grassucci, con la collaborazione dell’allenatore Tuzi Francesca. Il Team Grassucci si è portata a casa 24 medaglie. Una nuova straordinari affermazione.
- Oro
Mastrantoni Pietro , Orsi Enrico, Murgea Matteo ,Pecorilli Gabriele,Venditti Chiara,Basile Luna,Regine Vincenzo,Tuzi Francesca,Fabbri Caterina,Pierotti Aaron.
- Argento
Santamaria Nicole,Fiore Samuele,Cavaricci Diego,Mattei Nicolas,Rossi Christian, Mattei Aurora.
- Bronzo
Palma Gabriele, Pellegrini Alice,Pellegrini Valeria , Battisti Aurora, Bevilacqua Matteo , Santamaria Sofia, Lippi Syria, Felici M.Stella.
Fieri del risultato il team si prepara già per la prossima coppa Nazionale Csen che si terrà a Parma il prossimo 6-7-8 Maggio 2022. Nel frattempo la Setia Sport è impegnata ad organizzare il “memorial Grassucci” dedicato alla famiglia, previsto il 28-29 maggio presso il tensostatico comunale di sezze intitolato alla sorella Linda Grassucci. "Un ringraziamento - afferma Nilde Grassucci - va anche al contributo attivo degli sponsor: M.C.Auto (Sezze scalo) di Michael Consoli e BMM Motors (Sezze Scalo) di Roccasecca Bruno".
"Un confronto programmato e continuo con la cittadinanza nei diversi quartieri di Sezze". Il sindaco di Sezze Lidano Lucidi annuncia il primo incontro di quartiere che si terrà venerdì 8 aprile, a partire dalle 19:30, presso il ristorante “Da Mena” in via del Murillo. “Quello in programma venerdì prossimo – ha spiegato in una nota il sindaco di Sezze Lidano Lucidi – è il primo di una serie di incontri sui quali stiamo definendo un preciso calendario. Monitorare costantemente le varie aree di Sezze è uno degli obiettivi che come amministrazione abbiamo deciso di perseguire con molto orgoglio. Con questi confronti puntiamo non solo a conoscere nel dettaglio le problematiche, piccole o grandi che siano, che quotidianamente si vivono in alcune zone periferiche della città, ma al tempo stesso miriamo a rendere meno evidente il distacco tra Comune e cittadino. Crediamo fortemente – ha concluso il primo cittadino – nel sano confronto dialettico e personale con la cittadinanza, che troppo spesso si rifugia nei Social, troppe volte anche anonimamente, per sfogarsi e segnalare le proprie difficoltà. In questo modo, invece, ci sarà un contatto diretto e costante e insieme cercheremo proprio di superare quelle criticità e fornire risposte concrete ai nostri concittadini”.
Ci sarà spazio anche per l’olio, l’oro verde italiano prodotto a Sezze, durante l’edizione 51 della Sagra del Carciofo, che si svolgerà a Sezze il prossimo 24 aprile. A darne notizia è stato l’assessore alle Attività Produttive, Lola Fernandez, che ha spiegato come nel corso dell’evento che ha come protagonista l’ortaggio principe dei Lepini si svolgerà la VII Edizione "L'Olio delle Colline di Sezze", organizzato da diversi anni dal Capol, l’associazione di assaggiatori professionisti di olio vergine d’oliva che promuove l’oliva Itrana e l’olio DOP Colline Pontine: “Le domande di partecipazione dei produttori setini – ha spiegato l’assessore – dovranno essere inviate entro il 14 aprile prossimo. I partecipanti dovranno far pervenire al Comune di Sezze, servizio Attività Produttive in Via Roma 22 (0773.803838/328.6794800) insieme alla scheda di adesione, un campione di olio in un contenitore di dimensione minima di 0,50 litri, disponibili presso l’ufficio”. Il 24 aprile, in occasione della sagra del carciofo, alle 12 presso l’auditorium San Michele Arcangelo si svolgerà la cerimonia di premiazione. All’iniziativa interverranno il sindaco Lidano Lucidi, l’assessore Lola Fernandez, il presidente di Capol Latina Luigi Centauri e la preside dell’Isiss “Pacifici e de Magistris” Alberghiero Sezze Anna Giorgi. Al termine ci sarà la possibilità di assaggiare gli oli classificati, oltre alla degustazione di carciofi in insalata a cura dell’Alberghiero di Sezze e della Capol: “Sarà una bella occasione per valorizzare uno dei prodotti più apprezzati del nostro territorio – ha spiegato ancora l’assessore Fernandez – e mi auguro che siano tanti i produttori che decideranno di partecipare e farci conoscere il loro impegno in questa attività”.
La conservazione nonché il restauro del complesso edilizio dell’acropoli setina è stato sempre oggetto di particolari studi storici ed architettonici riguardanti i principali monumenti che si ergevano attorno a Piazza Margherita ( Ex Collegio gesuitico e Seminario vescovile diocesano; Chiesa Parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo - meglio conosciuta come San Pietro -, piazzetta dell’ex chiesa di San Rocco – distrutta nel 1944 in seguito a bombardamento aereo tedesco - , casa Lombardini , palazzo comunale De Magistris…) .
La questione è tornata molto di moda, diventando un caso molto spinoso da contendere, quando si è dovuto risolvere il problema del restauro della facciata della citata chiesa di san Pietro, malauguratamente “scivolata” , con il trascorrere degli anni, in uno critico stato di decadimento esterno ed interno anche per le burrascose vicende religiose che hanno scosso, anni fa, la parrocchia.
In tempi diversi, e con interventi sempre parziali, sono state adottate soluzioni di tamponatura di varie necessità di restauro( rifacimento tetto e soffitto interno a cassettoni lignei, ristrutturazione pareti ed intonaci vari nella navata e nelle cappelle …, degrado e rovina del campanile e della torre dell’orologio…).
Per il problema del restauro della facciata, che si è posto, sul finire del secolo scorso, con particolare delicatezza e difficoltà, è stata malauguratamente eseguita una frettolosa procedura di recupero e di conservazione architettonica che ha portato ad una soluzione molto discutibile sul piano dell’impatto visivo del complesso e della conformità dell’intervento al progetto originario dei padri Gesuiti.
Per fare un punto sulla situazione di questo problema architettonico-ambientale cerchiamo, ancor ora, di offrire sinteticamente, ai concittadini e studiosi interessati , delle note storiche ed architettoniche della costruzione di tutto questo complesso tessuto edilizio. Ancor oggi manteniamo una pur esile speranza, di poter offrire una riflessione seria e documentata di questa gravosa questione che ha avuto, ahimé, una soluzione poco consona all’originalità costruttiva gesuitica di San Pietro. Alla fine del XVI secolo il governo cittadino di Sezze, per poter trovare soluzione alla mancanza di edifici scolastici nel centro del paese, pensò bene di affidare ai padri Gesuiti del posto la realizzazione di un complesso architettonico che fungesse sia da luogo di istruzione scolastica, sia da residenza religiosa che da collegio gesuitico. A tal fine nel 1589 fu affidato ai Gesuiti di Sezze l’onore e l’onere di impegnarsi nella cosiddetta “Fondazione gesuitica”, mediante un’obbligazione reciproca stipulata il 27 febbraio 1589.
In realtà l’idea di creare un’istituzione religiosa-scolastica era stata del nobile Nicolò Pilorci , allora sindaco e notaio di Sezze, che mise per iscritto, nel proprio testamento datato 23 marzo 1584, la volontà di affidare ai suddetti padri la fondazione di un apposito collegio , soprattutto per i bisogni di pubblica istruzione , erogando loro ben 3000 scudi , con l’obbligo di ultimare l’impresa in dieci anni, trascorsi i quali senza efficaci interventi il lascito doveva intendersi restituito a favore dei legittimi suoi eredi. A tale scopo, quattro anni dopo, il comune setino mise a disposizione dei Gesuiti ben 13.440 scudi ( tremila dei quali provenienti dal citato lascito Pilorci ) per l’inizio dei lavori : i restanti 10.000 scudi furono raccolti tramite i proventi dell’affitto dei boschi civici.
Cominciò così un lungo periodo di messa in opera del progetto attraverso continui lavori che, rguardo alla sola chiesa , si protrassero per ben cinquant’anni. Per quanto concerne infatti l’edificazione della chiesa gesuitica ricordiamo che la posa della prima pietra risale al 1601 mentre la sua consacrazione è datata al 1622, con la chiesa ancora da ultimare : la chiesa infatti venne ultimata soltanto nel 1730 mentre proseguirono ininterrotti i lavori relativi alla residenza collegiale. Senza addentrarci in lungaggini storiche e venendo al nocciolo del discorso diciamo che l’entrata e la facciata di San Pietro, posta quasi ad angolo con piazza “Margerita”, già orto della famiglia De Magistris, nella sua elementare semplicità e funzionalità corrisponde ad un preciso stile di “architettura povera”, tanto cara ai padri Gesuiti in ossequio al loro “stile architettonico gesuitico” e praticato in modo così efficace laddove fosse stato possibile approfittare di materiali locali ( pietra calcarea , mattoni e canali ) , a basso costo ma non per questo scadenti , per la realizzazione della struttura progettata , soprattutto utilizzandoli per la composizione della facciata di una chiesa .
Tale metodo e stile gesuitico fu adottato a Sezze dai padri diretti da Claudio Acquaviva che affidò al padre De Rosis, peraltro eminente architetto, la realizzazione del complesso architettonico.
Per la prima costruzione della chiesa, e della sua facciata, furono ordinati e forniti svariati materiali laterizi tra cui ricordiamo una prima messa in opera di 1800 mattoni e di 1000 canali (coppi).
Chi ricorda la struttura esterna di facciata della chiesa di san Pietro , inopinatamente ristrutturata senza rispetto dell’antica struttura in lesene di calcare e di cortina a mattoni , non potrà non biasimare tale intervento di recupero architettonico che ha previsto un’intonacatura di facciata assai discutibile e che , pur rifacendosi ad uno stile costruttivo gesuitico diffuso in molte parti d’Italia , non tiene conto della peculiarità della costruzione setina in cui sono stati usati i locali mattoni e il locale calcare.
L’architetto De Rosis , per i suoi ideali costruttivi di essenzialità messi in atto in tutte le sue opere, adottò per san Pietro il “modo ideologico” dei gesuiti, una progettazione che prevedeva funzionalità ed economicità costruttiva nonché semplificazione delle forme; una precisa semplificazione , quindi , che doveva distinguere la semplicità di tante famose chiese gesuitiche prima che fossero appesantite da opinabili decorazioni barocche.
La partitura di facciata della nostra chiesa venne quindi inquadrata da un semplice ordine a fasce in pietra calcare. Le ali estreme della facciata presentarono in alto una cornice di poco arretrata rispetto al filo del timpano centrale. E sullo stesso tono costruttivo vennero composti altri elementi decorativi di facciata ( fasce, mensole e modiglioni...).
Precisiamo quindi che ai primi spettatori , quelli che videro la nuova chiesa di san Pietro nei suoi primi anni di costruzione ( 1595-1608) , la suddetta facciata si presentava, fino al 1999, in modo diverso dai nostri tempi. Infatti i mattoni della facciata furono utilizzati e messi a “cortina” in fasce alternate di colore giallo-paglierino e marrone-rossiccio , allo scopo di ottenere un ricercato effetto cromatico. I mattoni utilizzati, appositamente policromi, vennero impiegati quasi a contrappuntare l’estremo rigore della progettazione planimetrica della Chiesa. Anche il timpano posto in cima alla facciata venne impiegato come elemento decorativo per nobilitare la semplicità della costruzione, al di là del suo aspetto sobrio e severo.
L’uso della muratura di mattoni nella facciata di san Pietro avvicina tale chiesa a quella di Ancona, che presenta un medesimo ordine di laterizi. Allo stesso modo la nostra chiesa , sempre per la citata struttura in laterizi, è simile a quella di Arezzo, di Fabriano, di Fermo, di Macerata, di Perugia e di Recanati e, per finire , a quella di Tivoli. Similmente progettate furono anche la chiesa gesuitica di Catanzaro e quella de L’Aquila.
Dove sono andati a finire quei bei mattoni policromi di inizio seicento , o ,se non altro , quei bei mattoncini rossicci , inquadrati appositamente in fasce di locale pietra calcare ? Frettolosamente, inopinatamente e sprovvedutamente ricoperti da un monocromo intonaco che ha sbiancato la facciata di san Pietro “regalandole” , con tale pallore, una facciata di smunta ottuagenaria ! Tale è risultato l’intervento di restauro effettuato con poco studio, poca pazienza, poca avvedutezza e con poco rispetto dell’impatto ambientale. Ma soprattutto tale intervento è risultato poco rispettoso dell’originario complesso dell’Arce setina e dei canoni costruttivi originari di padre De Rosis e dei padri Gesuiti.
Eppure non erano mancati , né potrebbero mancare ancora oggi, peculiari studi architettonici sulla trasformazione e la conservazione del tessuto dell’acropoli di Sezze che ha quasi definitivamente perduto le sue particolari originalità ambientali ed architettoniche.
Vogliamo qui ricordare , fra tutti , l’immenso lavoro di approfondimento culturale ed architettonico svolto dall’architetto Giancarlo Palmerio che molto si è profuso per l’analisi e lo studio di restauro e/o recupero di tutto il complesso tessuto che insiste nel centro cittadino, già arce, acropoli del paese, in cui sorse e si sviluppò in periodo romano, attorno al tempio di Ercole, tutta la struttura di Setia, Secia, Sezze.
Tale studioso , ahimè, non è mai riuscito a vedere una pratica applicazione delle sue indicazioni di recupero e restauro di tale complesso setino.
Egli ci ha lasciato, per gli opportuni interventi conservativi, ben tre approfonditi lavori sul Collegio gesuitico e sulla Chiesa di san Pietro. Noi, come lui, speriamo ancora che non tutto sia perduto e che molto ancora si possa recuperare e conservare dell’acropoli setina e della Chiesa di san Pietro, rimettendo tutto agli interventi, ancora possibili , dei dovuti amministratori civili e religiosi. Ai posteri l’ardua sentenza di giudicare quanto detto e fatto finora.
Noi , umilmente, “chiniam la fronte al Massimo Fattor...”, nell’attesa di sempre possibili lavori ed interventi a tal proposito.
Il prossimo 24 aprile a Sezze si terrà la 51esima Sagra del Carciofo. Nel corso degli anni la produzione locale è precipitata e uno degli eventi più importanti delle città da vetrina per i produttori si è trasformato in una kermesse dove tutto si trova tranne che i carciofi locali. Ecco le domande che si pone Vittorio Accapezzato, consigliere comunale negli anni '80/'90.
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La sagra del carciofo a Sezze è nata nel 1970.Sono trascorsi 52 anni e si sono avute delle trasformazioni in tutti i settori compreso quello agricolo. Essa nacque con il desiderio e l'auspicio di valorizzare e diffondere il consumo del carciofo romanesco ritenuto una risorsa economica dell'agricoltura locale. Ai tempi la sagra era una vetrina per i produttori locali. Rappresentava la valorizzazione del lavoro degli agricoltori che, oltre a produrre qualità, garantivano la produzione di provenienza di coltivazione nel territorio locale. Oggi nel campo setino la produzione raggiunge circa 80 ettari che soddisfano appena il nostro fabbisogno. Mi chiedo quali carciofi si acquistano negli stand? Prodotti nostrani o importati da altri luoghi per venderli come carciofi romaneschi spacciati come locali? Perché nessuno scrive la verità. Si continua ad essere degli struzzi per quali ragioni?
Nella foto Vittorio Accapezzato
LETTERA APERTA PER LA PACE
E’ trascorso un mese e lo spettro della guerra si aggira ancora in Europa.
Una guerra orribile come tante altre, ma che sentiamo inevitabilmente più vicina e che ci spaventa ancora di più per la minaccia distruttiva delle armi nucleari.
Dalla voce dei bambini della Scuola della Pace di Sezze nasce un appello ai Presidenti delle nazioni d’Europa perché possa cessare la guerra in Ucraina e in tutti i paesi del mondo.
Alle loro voci si aggiungono quelle dei nostri alunni delle classi IV A e IV B della Scuola di Melogrosso, Istituto Comprensivo Valerio Flacco di Sezze.
Con i bambini abbiamo affrontato e discusso notizie, paure e preoccupazioni per il loro futuro e per quello dell’umanità a cui appartengono, in un orizzonte dove loro ci insegnano lo spontaneo confronto tra le culture e l’inclusione delle diversità, vissute come scambio e ricchezza.
Abbiamo faticosamente deciso di pubblicare queste lettere, come segno di solidarietà per quei bambini che hanno perso la vita, la speranza e la gioia in questo e in altri conflitti. I bambini sono dalla parte non solo dei bambini, ma di tutte le persone che soffrono e si chiedono disperatamente “Perché?” senza riuscire a capire le logiche di potere del mondo adulto.
Ci lasciano una domanda accorata, disperata e disillusa sul loro futuro e sul senso di tutto questo orrore, che spezza le loro vite insieme ai loro sogni.
Mettiamoci in ascolto, sono i nostri figli che ci guardano interdetti e supplicano la Pace.
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LETTERA DELLA SCUOLA DELLA PACE
AL SINDACO DI SEZZE, AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA, ALL’O.N.U.
AI GOVERNANTI DELLE NAZIONI E RESPONSABILI DELLA COMUNITA’ EUROPEA
Gentilissimi governanti e responsabili delle Nazioni, in Europa e nel Mondo, rappresentanti dell’ONU e della NATO, vi preghiamo e vi supplichiamo con tutto il cuore perché con la vostra autorevolezza possiate fermare la guerra.
Ci presentiamo: noi siamo i bambini della Scuola della Pace di Sezze, ci chiamiamo Adelaide, Anastasia, Kristina, Denise, Sofia, Sara, Gabriele, Cristian, Katerina, Michela, Matteo, Stefano, Klein, Brice, Matteo, Ania e Yasmine… e tanti altri amici. Proveniamo da paesi diversi: Albania, Romania, Burundi, Marocco, Italia, frequentiamo classi e scuole diverse, abbiamo religioni e culture diverse, ma siamo tutti amici.
Noi alla Scuola della Pace facciamo i compiti, giochiamo insieme, mangiamo insieme e ci vogliamo bene. Abbiamo saputo della guerra in Ucraina dalla Tv e dai giornali e ci dispiace molto per tutti i bambini che soffrono e muoiono, come fossero nostri fratelli. Ci dispiace moltissimo per tutti i bambini come noi che devono fuggire lontano, come è successo a tanti di noi per motivi diversi. Sappiamo che è difficile lasciare tutto e doloroso perdere persone care.
Purtroppo sappiamo che nel mondo ci sono tante altre guerre non ancora risolte, che hanno lasciato ferite e distruzione: in Medio Oriente, come in Siria, in Africa, come in Yemen o in Afghanistan… ma fino ad oggi guardavamo all’Europa come ad un giardino di Pace.
La vostra guerra ci sembrava un triste ricordo del passato, che si studia a scuola nelle giornate della memoria. L’Europa un porto sicuro, che ha accolto tante famiglie venute da altri paesi lontani. Noi tutti insieme, ogni mese, preghiamo per tutte le guerre, cerchiamo di far capire agli adulti che facendo la guerra non risolvono niente e non vincono niente. Infine sappiamo che il nostro pianeta avrebbe bisogno di cura e che le spese delle armi potrebbero essere utilizzate per salvare il mondo da mali come la pandemia, l’inquinamento e la fame.
Anche Sara, che ha otto anni, ci dice che non conosceva il significato della parola guerra finché non ha visto case rotte, paesi frantumati, i bambini che piangono e sono feriti, padri morti in combattimento e bombe che cadono dal cielo, ma non sono stelle e portano morte. Questo vuol dire per voi governare e vincere?
Per favore smettete di fare la guerra, perché la guerra porta soltanto dolore!
E Sofia scrive: non si conquista per liberare, non si uccide per comandare e non si invade un popolo per la differenza di idee. L’odio è il nemico di tutta la Terra. Vogliamo una terra senza soldati, vogliamo la Pace in ogni paese. Ci sono troppe persone che muoiono e bambini che perdono i genitori. Speriamo che la guerra finisca.
Per favore, fermate le armi e fate un accordo di pace!
Noi vorremmo farvi riscoprire il dialogo, come facciamo noi alla scuola della Pace. Non vi sembra sbagliato rischiare di distruggere il mondo per vincere il dominio di un solo paese? Che guadagnate se dominate una terra distrutta? Se seminate odio tra fratelli? Forse non siamo tutti fratelli della stessa umanità? Noi bambini lo abbiamo capito insieme, perché ci piace stare insieme ed avere tanti amici da paesi diversi. Per favore, smettete di fare la guerra: vogliamo un futuro di Pace!
Insieme vogliamo condividere l’appello di Papa Francesco con la nostra preghiera, seguendo il suo esempio di amore per il mondo e lo spirito della Preghiera di Assisi per la pace, che dal 1986 si rinnova ogni anno, con tutte le religioni. Insieme ci stiamo attivando con iniziative di solidarietà. Condividiamo l’impegno della Comunità di S. Egidio a favore di diverse emergenze umanitarie e per tutti i paesi del mondo, anche per conflitti e popoli più lontani da noi, spesso dimenticati.
Vi ringraziamo per averci ascoltato e confidiamo nei vostri valori, nella vostra buona volontà di pace per tutto il mondo. In attesa di una vostra gentile risposta, vi inviamo un cordiale saluto di pace e ci scusiamo sinceramente se vi sembra che abbiamo osato troppo, ma siamo convinti che voi ci aiuterete a salvare il futuro. Vi saremo grati per sempre. Noi e tutti i bambini del mondo.
La scuola della Pace
Comunità sant’Egidio di Sezze
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LETTERA DELLE CLASSI IVA –IVB di MELOGROSSO
Nelle due classi della Scuola Primaria di Melogrosso sono inseriti bambini che provengono da paesi dell’Est e con loro i docenti hanno svolto un percorso interdisciplinare sulla Pace che li ha molto coinvolti, risalendo fino alla memoria delle guerre mondiali. Loro hanno voluto diffondere, con la condivisione dei genitori e della nostra Dirigente, questo breve appello per la Pace.
Ascoltiamo la loro tristezza e la loro preoccupazione per un futuro che ci sembra privato di sogni.
CLASSE IVA
- Alla cortese attenzione del Sindaco di Sezze
- Al Presidente della Repubblica Italiana e al Ministro degli Esteri
- Ai responsabili dell’ONU e della Comunità Europea
Oggetto: Richiesta di Pace in Ucraina e nei paesi del mondo.
Gentilissimi signori membri e responsabili dell’Italia, dell’Europa e del mondo, noi siamo gli alunni della classe IV A di Melogrosso di Sezze (Italia); noi viviamo felici in pace con le nostre famiglie e i nostri amici che vengono da diversi paesi del mondo.
Siamo una scuola di campagna, nuova e accogliente e ci aiutiamo tutti insieme. Stiamo uscendo dalla pandemia del Coronavirus, ma abbiamo sentito in televisione che c’è un’altra emergenza in Europa: la guerra in Ucraina, che si aggiunge ad altre guerre nel mondo e che mette in pericolo la nostra Pace.
Noi pensiamo alla popolazione, ma soprattutto ai bambini come noi, che hanno perso giochi, case, mamma e papà, ma soprattutto la vita e molti stanno fuggendo lontano.
Noi bambini chiediamo alle vostre eccellenze di fare un accordo per non continuare la guerra e fare la Pace, perché così rischiate di distruggere la Terra, il futuro dei bambini e la bellezza della vita. Vi supplichiamo, vogliamo la Pace per sempre e in tutto il mondo.
Vi salutiamo con fiducia e speranza. Distinti saluti.
Gli alunni della classe IVA di Melogrosso. (Istituto comprensivo Valerio Flacco Sezze)
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CLASSE IV B
Gentilissimi responsabili e governanti delle nazioni dell’Europa e del mondo,
Noi siamo dei bambini italiani che vivono a Sezze e frequentano la classe IV B di Melogrosso.
Vi scriviamo questa lettera perché siamo molto tristi per il conflitto, accaduto in questi giorni con l’intervento militare della Russia in Ucraina, vicino a noi, perché la guerra secondo noi non è mai una soluzione dei problemi.
Non vi ricordate il disastro che è successo nella I e nella II guerra mondiale?
Noi pensiamo che i bambini non c’entrano niente e anche ai bambini che sono morti per colpa delle decisioni dei grandi, che dovrebbero proteggere la loro vita. Anche i bambini in Ucraina hanno il diritto di vivere come tutte le persone del mondo.
Noi saremmo molto contenti e vi saremmo grati se faceste pace e finissero tutte le guerre, purtroppo noi queste cose non le decidiamo, perciò vi chiediamo di promuovere un accordo tra i paesi coinvolti, per ottenere la Pace.
Speriamo di essere ascoltati e porgiamo cordiali saluti.
Vorremmo che questo messaggio ci aiutasse tutti ad aprire e convertire il cuore alla Pace, seguendo l’esempio di Papa Francesco, che difende la Pace in tutto il mondo.
Gli alunni della classe IV B di Melogrosso (Istituto comprensivo Valerio Flacco Sezze
Grazie di cuore
Improvvisazione e sgrammaticature istituzionali
Scritto da Luigi De Angelis
Agli albori della storia ( inizio età eneolitica ) il Lazio meridionale ci appare abitato da popoli autoctoni del paese, ritenutisi tali perché stanziatisi da tempi remotissimi. Una tradizione, peraltro non ritenuta molto antica dal De Sanctis, li faceva chiamare Aborigeni e ad essi, dal re Latino, sarebbe derivato il nome di Latini. Il popolo latino, già agli albori della storiografia greca, ci appare distinto da quello etrusco abitante sulla riva destra del Tevere. Tutte queste vicende molto tempo prima che dal cuore dell'appennino partissero le grandi emigrazioni dei popoli italici, che avrebbero occupato progressivamente tutta l'Italia centrale e meridionale. I Latini, seppur dagli scarsi reperti archeologici, ci appaiono nettamente distinti, per quanto ad essi affini, dai popoli umbri e sabini che si vennero ad impiantare in tante zone delle pianure tirreniche. Tale popolo, stabilitosi in epoca remotissima nella regione pontina, in genere pose i propri villaggi su alture forti per la loro posizione e difese anzitutto con argini di terra e di pietra. E' logico quindi supporre che i Latini abbiano intrapreso la grandiosa opera di costruzione di alcuni grandiosi lavori di drenaggio rinvenuti nel territorio pontino, attraverso la realizzazione di una estesa trama di cunicoli : la supposizione è avvalorata anche dal fatto che costoro siano stati spinti a tale opere sia dalla necessità di respingere gli abitatori dei monti ma anche dal bisogno di organizzare l'opera idraulica nei terreni in cui vivevano. Resta il dubbio se i Latini siano stati gli inventori del sistema di drenaggio sotterraneo o se lo abbiano appreso dai vicini Etruschi. Non è neanche accertato se i Latini abbiano costruito i citati cunicoli di loro iniziativa e in regime di piena libertà politica o se invece essi siano stati costretti a costruire tale opera dal predominio degli Etruschi, nell'epoca in cui costoro possedevano, direttamente o meno, tutto il Lazio. La ricostruzione, seppure generica e parziale, della storia di questa parte del Lazio, prima che esso cadesse sotto il dominio degli Etruschi e di quello successivo dei Volsci è possibile solo partendo da qualche raro reperto preistorico ed archeologico (epolcreti di Caracupa di Satrico e di Velletri). Altri indizi storici si intravvedono dalle notizie dei più antichi scrittori greci attinte dai primi navigatori delle coste laziali ( i Focesi ed i Calcidesi ). Infine un altro contributo di ricerca ci è stato tramandato dalla tradizione di leggende antichissime elaborate prima del periodo greco. Una seconda opinione contrastante alla prima è quella di alcuni scrittori moderni che affermano che i primi abitatori dell'Agro Pontino siano stati i Volsci per cui hanno pensato che ad essi fossero da attribuire alcuni grandiosi lavori di drenaggio rinvenuti nel territorio pontino. I Volsci in realtà scesero nella pianura pontina in tempi relativamente recenti e quasi in epoca storica, circa agli inizi del V secolo a.C. In tale periodo costoro, sboccando dalla grande valle dell'Amaseno, spinti dal bisogno dei pascoli invernali e dalla sete di conquista dei ricchi territori dei Latini Pometii si affacciarono alle nostre distese pianeggianti, forse anche incalzati da altri popoli nomadi. Subito dopo la venuta dei Volsci succede un periodo di guerre accanite tra loro e la lega romano-latina. E' illogico pensare che in tale periodo bellico i Volsci dedicassero le loro energie a compiere la poderosa impresa della costruzione dei cunicoli di drenaggio. I Volsci, in realtà, alla loro discesa nella pianura pontina erano dediti principalmente alla pastorizia, come in origine i popoli montanari, e come anche la maggior parte degli Italici. E' cosa troppo meravigliosa che essi, d'un colpo, potessero diventare esperti idraulici e grandiosi bonificatori senza un lungo periodo di tirocinio e di un'assidua pratica. Esclusi quindi, una volta per sempre, i Volsci, restano gli abitanti che prima di essi occupavano la regione, cioè i Latini. L'opinione oggi più diffusa concorda nel ritenere che i Latini, gli Ausoni (o meglio Aurunci), gli Opici gli Itali e i Sicani dello Stretto, facciano parte della prima ondata di popoli italici che vennero ad abitare nei territori tirrenici. All'epoca dello storico greco Ecateo esisteva, sul territorio circostante la sua sponda sinistra del Tevere, il popolo dei Prisci o Casci Latini, in perenne lotta con quello abitante la riva destra dello stesso fiume. I limiti del Lazio, verso l'ottavo secolo a.C., all'epoca della fondazione di Roma, erano così definiti: a Nord il Tevere, a Nord-Est l'Aniene (Che forse , all'inizio, divideva i Sabini dai Latini ), a Sud e Sud - Ovest , con limiti più indefiniti e sfumati, il territorio dei Latini che verso Est e Nord-Est veniva a contatto con le terre degli Ernici , mentre a Sud confinava con gli Aurunci. Tornando, in conclusione, alla narrazione del periodo bellico tra la lega Romano-Latina ed i Volsci invasori ricordiamo che dopo circa un secolo e mezzo ( tra il V e il III secolo a. C.) di alterne vittorie e sconfitte la vittoria finale arride ai Romani che, tra l'altro, avevano eliminati i Latini. I Romani dunque divennero da allora i padroni assoluti di tutta la regione.
La situazione dello scalo ferroviario di Sezze, punto di snodo fondamentale della rete del nostro territorio, è tale da necessitare, da diverso tempo, di un intervento strutturale, cospicuo e risolutivo, sui diversi aspetti della messa in sicurezza, dei servizi, dell’innovazione tecnologica, dell’abbattimento delle barriere architettoniche, dell’ammodernamento strutturale.
In tal senso sono state utili nel tempo le diverse testimonianze e segnalazioni dei pendolari e dei viaggiatori che hanno svolto un prezioso lavoro di sensibilizzazione.
Mi corre però il dovere di evidenziare come alla base degli interventi che a breve rivoluzioneranno l’immagine e la funzionalità dello scalo ferroviario di Sezze non vi sia una casualità estemporanea ma un lungo lavoro di collaborazione e programmazione istituzionali che ci ha visto attori presenti ed attenti.
Ricordiamo come già in data 25 Aprile 2020 comunicammo che, nell’ambito del protocollo di intesa fra Regione Lazio e Ferrovie dello Stato che prevede investimenti per 18 miliardi di euro per i trasporti su ferro nella Regione Lazio, erano stati programmati e finanziati importantissimi interventi di restyling e riqualificazione della stazione di Sezze con un budget non inferiore ad 8 milioni di euro, così come di altre Stazioni della provincia; lavori che hanno subito dei ritardi per problematiche legate al COVID e al quadro burocratico-autorizzativo.
Si tratta del restyling completo dello scalo ferroviario con la disponibilità di Regione Lazio e RFI alla realizzazione di una piazza nell’attuale piazzale della stazione, il cui progetto e la cui idea sono state oggetto di deliberazione della Giunta della precedente amministrazione comunale; vi era stata anche la presenza e la sollecitazione in diversi momenti di interlocuzione istituzionale del Sindaco Di Raimo, del Presidente del Consiglio Eramo e del Consigliere Serafino Di Palma.
Così come, anche a seguito di una mia lettera del Settembre 2021, sono stati ripresi e si sono susseguiti incontri tecnici sull’intervento con Regione Lazio, i dirigenti di RFI, con i tecnici del Comune e con la nuova Giunta comunale di Sezze in cui, con spirito di collaborazione, si sono precisate le tempistiche e i dettagli dell’intervento, con l’impegno ad intervenire urgentemente sulle pensiline entro giugno ed a presentare l’intervento integrale e complessivo ai fini dell’inizio della restante parte dei lavori nel congruo tempo di qualche mese.
Mi preme ringraziare per la sensibilità e l’attenzione Ferrovie dello Stato, RFI, il Presidente Zingaretti e l’Assessore Regionale ai Lavori Pubblici, Infrastrutture, Trasporti Mauro Alessandri.
Continua, in questa fase difficile e di emergenza che vogliamo lasciarci alle spalle, l’impegno per il nostro territorio, con uno sguardo rivolto alla qualità dei servizi, alla ripartenza e al futuro.
Salvatore La Penna (Consigliere Regionale PD)
Altro...
Si riporta l'intervento delle opposizione consiliari di Sezze. No trasparenza no commissioni!
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Il compito di controllo e verifica degli atti e provvedimenti amministrativi è, al tempo stesso, diritto e dovere da parte dei consiglieri comunali che devono contribuire, insieme ad altre figure a ciò presposte in modo specifico, a garantire il rispetto della legalità e della trasparenza dell'operato dell'Ente.
Questo compito, affinché possa essere svolto nel migliore dei modi, ha bisogno di strumenti idonei, di conoscenza immediata e di nessuna forma di limitazioni/restrizioni se non quelle previste, in modo puntuale, da norme di legge.
Adesso, la restrizione che tutti i consiglieri hanno subito, attraverso una rimodulazione della modalità di utilizzo e di accesso della password, RAPPRESENTA una illegittima limitazione del diritto/dovere , prima richiamato, CHE NON PUÒ ESSERE ACCETTATA ne dal punto di vista sostanziale e nemmeno dal punto di vista formale (perchè anche i modi in cui è avvenuto dimostrano una incapacità al dialogo e alla collaborazione).
In conseguenza di ciò, noi dell'opposizione, riteniamo non ci siano le condizioni per continuare a partecipate alle commissioni consiliari ( se non in casi che riterremo particolari ) fin quando non vengano ripristinati tutti gli strumenti necessari all'esercizio delle nostre funzioni e del nostro ruolo.
Dobbiamo essere messi in condizione di acquisire in modo immediato tutte le notizie e documenti funzionali all'esercizio delle nostre funzioni nel rispetto del mandato conferitoci dai cittadini.
Qualsiasi forma di visione e studio dei documenti che non rispetti il necessario requisito dell'immediatezza non è rispettosa del nostro ruolo, non è rispettosa della volontà del legislatore e non è ripettosa dei cittadini che in modo democratico ci hanno votato ed eletto.
"La chiusura di questa prima parte del progetto Uomo a Phi, iniziata nel 2016, è stata, per il Circolo Legambiente Sezze, motivo di grande soddisfazione perché si è raggiunto uno degli obiettivi statutari dell’associazione cioè riuscire a sviluppare una rete di rapporti capaci di mettere in relazione cittadini e istituzioni per migliorare la città". Con queste parole di soddisfazione Fabrizio Paladinelli, presidente del Circolo Legambiente di Sezze, parla dell'audizione svolta nei giorni scorsi in commissione cultura del comune di Sezze. Invitato dal presidente di Commissione Gianluca Lucidi, Palladinelli considera così conclusa la prima parte del progetto Uomo a Phi, la cui finalità è di restituire alla memoria comune uno dei simboli della città setina.
"L’attività è iniziata nel 2016 quando il Circolo di Legambiente rispose alla richiesta di una scuola che non riusciva a trovare sul territorio pontino un sito visitabile di epoca preistorica. In quel periodo sia la grotta Guattari che la grotta delle Capre - ricorda Paladinelli - erano state chiuse perché impraticabili. L’unico luogo potenzialmente accessibile era l’Arnalo dei Bufali, dove nella primavera del 1936, A.C. Blanc scoprì un dipinto che si ricollegava direttamente agli antropomorfi schematici detti uomini a phi (dalla forma che ricorda una “f”greca). Tale figura è tipica dell’arte rupestre, molto simile a quelle rinvenute nella cueva de la graja jimena de jaen probabilmente risalenti al Mesolitico, in Spagna. Fino ad allora non era mai stato rinvenuto in Italia un dipinto rupestre. Il dipinto fu asportato e conservato presso il museo Pigorini di Roma. Dove è rimasto esposto fino agli anni ottanta, quando si è capito che tali dipinti esposti alla luce solare si degradavano. Da quel momento il dipinto è stato conservato, al riparo della luce, nei magazzini del museo romano. Dal 2016 fino al 2019 il sito è stato visitato da circa 500 studenti all’anno sia di Sezze che di Latina. Una delle scuole che hanno partecipato al progetto ha potuto aggiungere anche la visita al Pigorini di Roma. Le visite sono state interrotte con la pandemia ma, con l’allentamento delle misure di prevenzione, si stanno organizzando nuove attività".
Da questa iniziativa il Circolo di Legambiente ha cercato di ravvivare l’interesse per questo dipinto con lo scopo di farlo tornare esposto. "Per raggiungere questo obiettivo - aggiunge Paladinelli - è stato necessario coinvolgere l’amministrazione comunale di Sezze. Prima con il sindaco Campoli, senza successo; successivamente con il sindaco Di Raimo che, nel 2018, con una missiva ufficiale, rivolta alla dirigenza del Museo Pigorini, chiese di valutare la possibilità di valorizzare l’Uomo a Phi. Dopo aver svolto tutte le indagini del caso nel dicembre del 2021 il museo Pigorini ha comunicato all’associazione ambientalista, che l’Uomo a Phi era stato restaurato (consolidato) e che una sua copia in stampa 3D (scala 1:1) sarebbe stata inserita nel prossimo allestimento museale della sezione dedicata all’arte preistorica del Lazio. La Legambiente di Sezze ha voluto condividere questa importante notizia con l’amministrazione comunale insediatasi da poco. Il Circolo Legambiente Sezze, con il sindaco Lucidi e l’assessore alla cultura Capuccilli, ha incontrato i tecnici del museo che hanno restaurato l’Uomo a Phi e da questo incontro, l’amministrazione comunale setina ha aperto un dialogo con la ditta chiamata a realizzare la copia dell’Uomo a Phi e con buona probabilità una seconda copia del manufatto tornerà esposta a Sezze. Tale iniziativa dimostra, ancora una volta - chiude Paladinelli - lo spirito e la pratica di Legambiente, tesa alla soluzione dei problemi del paese in maniera propositiva attraverso l’analisi, lo studio ed il confronto".
Dipinto rupestre Uomo a Phi
“Premetto che il nostro, e dico nostro, Parco della Rimembranza, è un parco commemorativo di Sezze che porta con sé un significato storico fortemente identitario, ma anche un luogo unico per la vita della comunità locale, fatto di relazioni, ricordi e memorie. Durante il question time ho cercato di spiegare che il bando del PNRR dedicato ai parchi e giardini storici, già scaduto il 15 marzo, poneva dei vincoli specifici all’ammissibilità di un intervento per poter essere finanziato. E questi vincoli, purtroppo, il Parco della Rimembranza di Sezze non li ha. Allo stato attuale il Parco della Rimembranza di Sezze risulta tutelato "ope legis", ai sensi dell’Art. 12 co. 1 del D.Lgs 42/2004. Quindi il bando del PNRR in oggetto esclude il Parco perché non tutelato con un provvedimento espresso, che doveva essere richiesto molto tempo fa. Si tratta di un formalismo che purtroppo determina l’esclusione del Parco dal bando specifico del PNRR per parchi e giardini storici, e non soltanto del nostro Parco, ma di tanti altri elementi culturali di pregio in Italia. L’area nel cuore di Sezze non è esclusa in toto dai finanziamenti del PNRR perché, tra l’altro, Il Parco è stato già finanziato dal bando del PNRR per la rigenerazione urbana con 45.000 euro e, inoltre, sarà oggetto di intervento con il Progetto Ossigeno, se la Regione Lazio lo finanzierà, per un importo stimato dì 77.000 euro circa. In questo caso si tratta di programmi di finanziamento ai quali il Parco può concorrere per la sua valenza ambientale, paesaggistica, di comunità. Continueremo a richiedere nuovi finanziamenti per il Parco, presentando progetti ai bandi nei quali sarà ammissibile, al PNRR o ad altri programmi di finanziamento a livello nazionale, regionale, europei, come faremo per tutti gli altri progetti strategici dell’amministrazione comunale””.
Queste le precisazioni di Lola Fernandez, assessore Attività Produttive, Sviluppo Locale, Politiche Attive del Lavoro, Innovazione e Finanziamenti Pubblici del Comune di Sezze, in relazione all’ammissibilità del Parco della rimembranza di Sezze al PNRR.
Una sfilata di carretti tradizionali con ragazze e ragazzi in costume setino. Tanti stand pieni di carciofi confezionati nei mazzi tradizionali ed allestiti dalle cooperative agricole locali con composizioni ispirate alla cultura contadina locale. Lunghe file per degustare carciofi preparati secondo le ricette della tradizione e distribuiti gratuitamente. Un asse stradale seppure ampio, comodo e pratico, dai Cappuccini a Porta Pascibella o all’Anfiteatro, non riusciva a contenere l’afflusso dei visitatori. E’ iniziata così la Sagra del Carciofo di Sezze, continuando per oltre vent’anni. Poi è apparsa come decontestualizzata. Non andò bene un tentativo di farne un evento audace, moderno e futuribile, seppur lodevole perché, se non altro, si ispirava ad un’idea, ad un progetto, coinvolgente il centro storico. A metà degli anni novanta, non più una sagra come una parata. Anche se, bisognerà ammetterlo, quel modello aveva una bellezza ed un fascino fondati sulla semplicità, sulla linearità. Ma Sezze aveva tante altre cose da proporre; un cuore con difficoltà a pulsare. Un motivo di viuzze, lungo e caratteristico, che si snoda nel centro storico; che unisce e collega le decarcie (gli antichi rioni); le vie grandi e le piazze, rare nei paesi di collina; una cultura contadina, e non solo, fatta di oggetti, di attività, di sudore, di parlate e di storie, di poeti e scrittori; di gente orgogliosa e accogliente, contagiata da nuove cittadinanze. Sezze aveva un’anima, sconosciuta agli stessi abitanti, da scoprire e mostrare in un museo vivente, all’aperto, animato dai suoi stessi cittadini e dai visitatori fattisi, tutti insieme, attori e protagonisti. La rivoluzione avvenne per l’interpretazione e la regia del nuovo scenario assunte da cittadini singoli e associati, da comitati e vicinati spontanei ed improvvisati. Non vorrei fare un elenco delle fantasiose e straordinarie iniziative promosse da chi interpretò un’idea dandole un’anima, un’impronta unica, tipica, non riproducibile altrove. Ma qualche iniziativa va citata per aiutare il ricordo e la memoria. Si cominciò banalmente con nuove tavolate allestite nelle piazze nel giro di qualche ora. Si proseguì con l’assegnazione di aree e slarghi storici, non perimetrati come qualcuno vorrebbe a mò di parcheggio, ad associazioni che li gestivano in autonomia secondo un canovaccio concordato. Insieme si discutevano dettagli e reciproci impegni. Si generò una sorta di emulazione. Cominciò, senza una manifestazione di interesse, Pio IX, dando un input incredibile ed un segno indelebile; seguirono i vicinati, come quello di Vicolo della Tinta; singoli cittadini che mettevano in mostra antichi cimeli di famiglia gelosamente conservati, come abiti, arnesi ed utensili. Associazioni radicate fecero conoscere dal vivo l’arte casearia dei pastori. In una strada semidimenticata commercianti associati interpretarono, rivisitandola con originalità e con un tocco di modernità, una tradizione certo non spenta. Quella strada divenne centrale. Comitati ed associazioni in un sol attimo ricrearono a Porta Pascibella atmosfere paesane di una volta; macchine e moto d’epoca comparvero con garbo in contesti superbi da rispettare. Novelli butteri evocarono quel Fagiolino che batté Buffalo Bill. Per non parlare della cucina sezzese interpretata ed improvvisata nei ristoranti all’aperto, mentre banditori e cantori popolari si aggiravano tra la gente. Si potrebbe continuare descrivendo dettagli che hanno reso la Sagra di Sezze, la sagra per eccellenza, uno degli appuntamenti più importanti del Centro Italia. Mi piacerebbe far conoscere un sondaggio somministrato in una di questa nuova versione di sagra per spiegare il livello e la natura del gradimento. Quell’atmosfera creatasi ha contribuito alla nascita di altre associazioni dedite alla riscoperta e valorizzazione della cultura del luogo, dimostrando che le tradizioni sono patrimonio di una comunità e ad essa appartengono; senza di esse hanno un destino segnato.
Oggi invece un asettico avviso, nella pretesa di disciplinare un evento, le sottrae l’anima a fatica costruita; chiede freddamente e con distacco a chi della Sagra è l’artefice, ovvero le diverse associazioni, di manifestare un interesse a partecipare alla 51ma. Nessun incontro, nessuna consultazione, nessuna voglia di interloquire, e manco la volontà di ascoltare qualche voce. Tutto volge alla monetizzazione ed alla commercializzazione, anche della solidarietà e del calore umano. La creatività convogliata a cercare uno stallo, uno spazio pubblico da occupare. Solo il buon suonatore, che il giorno della sagra con il suo banjo suonava al pianterreno di casa, non ne avrebbe il bisogno. Anzi no! L’odierno assessore, lo avrebbe invitato a pagare il dazio per la diffusione in strada della sua musica. Son certo però che lui, il suonatore, come nella favola famosa, avrebbe pagato con il suono della moneta. Nonostante il quadro, però, sono fiducioso che prima o poi qualcuno chiamerà il malcapitato assessore a rispondere del manifesto disinteresse per la cultura e la storia di una città perché ha pensato che una sagra come la nostra possa esser lo stesso bella senz’anima.