“Il nostro è uno Stato laico, non è uno Stato confessionale. Quindi il Parlamento è certamente libero di discutere – ovviamente, sono considerazioni ovvie – e di legiferare. Il nostro ordinamento contiene tutte le garanzie per assicurare che le leggi rispettino sempre i principi costituzionali e gli impegni internazionali, tra cui il concordato con la Chiesa” (Mario Draghi).
Le parole del Presidente del Consiglio Mario Draghi, pronunciate nell’aula del Senato, pacate nei toni e ferme nella sostanza, costituiscono la riaffermazione solenne della laicità delle istituzioni e della sovranità del Parlamento, cuore della nostra democrazia, politicamente e costituzionalmente legittimato a legiferare senza limiti e condizionamenti di sorta in qualsiasi ambito e chiamato a rappresentare i cittadini, a perseguire gli interessi generali del paese, il bene comune, così come declinabile nel particolare momento storico. Si può essere o meno d’accordo con il suo contenuto ma il disegno di legge Zan, approdato in Senato dopo l’approvazione della Camera dei Deputati, non viola affatto il Concordato tra Stato Italiano e Chiesa Cattolica e la Nota Verbale della Segreteria di Stato è un grave errore sotto il profilo diplomatico, una indebita ingerenza nel processo formativo di una legge da parte di un soggetto estraneo alle istituzioni repubblicane, anzi propriamente di un altro ordinamento giuridico statuale. In Italia le leggi le scrivono i parlamentari, eletti democraticamente dai cittadini, i quali rappresentano la nazione tutta intera. Senza contare poi che questa entrata a piedi uniti nel dibattito politico, oltre a ridare voce allo scontro fuori tempo tra clericalisti e anticlericalisti, di cui davvero non si sentiva l’esigenza, finisce per collocare la Chiesa al fianco di uno schieramento partitico, per avvallare le posizioni politiche di quanti ne sposano argomenti e valori non per adesione a suoi insegnamenti ma per lucrarne vantaggi in termini di visibilità e di consensi elettorali.
La posta in gioco non è la libertà di culto o di pensiero della Chiesa, diritti tutelati e garantiti dalla Costituzione a tutti i cittadini e a tutte le organizzazioni sociali, ma la laicità dello Stato e la sua indipendenza da ingerenze esterne. Laicità non significa costruire uno spazio svuotato dal religioso, ma offrirne uno in cui tutti, credenti e non, possono trattare di ciò che è accettabile e di ciò che non lo è. Peraltro la Chiesa ha agito non sul piano del dibattito culturale e politico interno alla società italiana, come sua parte integrante e rilevante, ma si è mossa nell’ambito delle relazioni internazionali tra stati sovrani. La Costituzione, recependo con l’art. 7 i Patti Lateranensi, unica sopravvivenza del fascismo transitata nella nostra democrazia antifascista, parzialmente modificati a metà degli anni ottanta del secolo scorso, riconosce la Chiesa Cattolica non semplicemente come un soggetto sociale, operante all’interno dell’ordinamento italiano al pari di tutti gli altri corpi intermedi, ma come stato sovrano, da cui discende la titolarità di poteri, uno status specifico e una posizione di pari dignità e potestà con gli altri stati, anche all’interno delle organizzazioni sopranazionali come l’ONU, a cui dovrebbero accompagnarsi una serie di limiti e vincoli, che in questa vicenda invece sono stati totalmente ignorati e disattesi. L’art. 7 della Costituzione esordisce con una affermazione perentoria: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”. La norma pone un limite invalicabile nel momento in cui regola i rapporti tra Stato e Chiesa. Indipendenza e sovranità stanno a significare che Stato e Chiesa non hanno competenza a pronunciarsi sui rispettivi ordinamenti, è esclusa cioè ogni interferenza e condizionamento ed ogni limitazione reciproca di sovranità. I cattolici, le loro organizzazioni, la stessa gerarchia ecclesiastica hanno il diritto ed anche il dovere di far sentire la propria voce, di criticare e dissentire rispetto a proposte legislative e atti politici, facendo appello alla coscienza di tutti i cittadini, ma non lo può fare la Chiesa intesa come stato sovrano. L’elemento caratterizzante questa improvvida presa di posizione è proprio la messa in discussione da parte di una entità sovrana nel dialogo ufficiale con una sua pari, dell’autonomia e dell’indipendenza del processo democratico incardinato nella sovranità del Parlamento italiano. In uno stato democratico non esiste e non può esistere una titolarità di verità affidata a soggetti, fosse anche la Chiesa, sovraordinati e superiori al libero gioco democratico, una sorta di riserva intangibile di temi e principi su cui è escluso l’intervento del Parlamento. La democrazia poi è di per sé relativa, porta all’affermazione di visioni parziali e per essere autentica deve tutelare la diversità, le minoranze e il pluralismo, che non possono essere negati o cancellati dalla maggioranza, pena la sua stessa autodistruzione. Tale assunto traduce concretamente il principio di laicità ed esclude qualsivoglia confusione tra potere temporale e spirituale.
Le dichiarazioni del Cardinale Parolin volte ad abbassare i toni, il suo riconoscimento del principio della laicità dello stato e la precisazione che non è volontà della Chiesa bloccare l’approvazione del disegno di legge Zan ma sollecitarne una rimodulazione in alcuni passaggi, sono elementi significativi, anche se la sua affermazione che la Nota a Verbale doveva essere un passo diplomatico destinato a restare riservato suscita molte perplessità, sia perché dimostra che qualche mano infedele l’ha rivelata appositamente per alimentare lo scontro politico, ostacolare la libera scelta del Parlamento, per far emergere i contrasti esistenti all’interno della Curia e una certa ostilità nei confronti di Papa Francesco, sia soprattutto perché sono sempre preferibili trasparenza e chiarezza anche nelle relazioni internazionali.
A proposito i sovranisti nostrani, cantori dell’italianità hanno applaudito l’ingerenza, coerentemente..….
P.S.: Sono un cattolico praticante, non un anticlericale ma difendo la laicità dello Stato, unica garanzia per la libertà e l’autonomia di noi tutti e della stessa Chiesa.