La magistratura italiana è nel caos e, dopo la vicenda Palamara, è esploso il caso Davigo – Storari. Pessime davvero le notizie dal fronte giustizia.
Partiamo dai fatti, almeno i più rilevanti. Tra fine 2019 e inizio 2020 l’avvocato Piero Amara, imputato a Milano per corruzione e depistaggio delle indagini nella vicenda ENI-Nigeria, raccontò ai PM Paolo Storari e Laura Pedio dell’esistenza di una loggia massonica denominata Ungheria (ora ha corretto il tiro e parla di associazione), composta da magistrati, ufficiali delle Forze di Polizia, imprenditori e professionisti e finalizzata a condizionare la politica e l’amministrazione pubblica. I verbali vennero secretati in attesa di completare la raccolta delle dichiarazioni di Amara ed eseguire i riscontri necessari per aprire un fascicolo di indagine. Tuttavia ad aprile 2020 Storari, ora indagato a Brescia per rivelazione di segreto d’ufficio, consegnò copie dei verbali a Piercamillo Davigo, all’epoca magistrato in servizio e consigliere togato del CSM. Interrogato dai colleghi, Storari ha raccontato che Davigo lo aveva autorizzato a consegnargli i verbali in quanto qualificato a ricevere materiale coperto da segreto per il suo ruolo nel CSM e che l’obiettivo era denunciare l’inerzia o comunque la lentezza del proprio superiore, il Procuratore di Milano Francesco Greco, nell’aprire le indagini sulle rivelazioni di Amara. Motivazioni censurabili, non ultimo perché la pandemia aveva paralizzato anche i tribunali. Comunque se veramente sospettava che Greco volesse insabbiare tutto, avrebbe dovuto rivolgersi al Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Milano, che per legge poteva avocare l’inchiesta e aprire direttamente il fascicolo. Invece non seguì le norme. Davigo, sempre così attento a formalismi e procedure da essere soprannominato piercavillo, ha confermato di aver ricevuto le copie dei verbali, non gli originali ma semplice materiale a corredo della segnalazione, utile a farsi un’opinione, e solo dopo essersi accertato della liceità dell’acquisizione. L’ex PM di Mani Pulite ha spiegato di non aver consigliato all’amico Storari di seguire le vie formali in quanto avrebbero comportato il disvelamento delle indagini con i guai conseguenti. Ricevuti i verbali Davigo non li consegnò né ne parlò solo con i vertici del CSM, ma li mostrò a un altro magistrato, consigliere anch’egli del CSM, per spiegare la rottura del proprio rapporto con il collega di corrente Ardita, accusato falsamente da Amara di far parte della loggia massonica, e per le scale del palazzo del CSM all’on. Nicola Morra, presidente della Commissione Antimafia. Dopo che Davigo andò in pensione, la responsabile della sua segreteria al CSM inviò una copia dei verbali a dei giornalisti, che li giudicarono una polpetta avvelenata e non li pubblicarono e per questo è anche lei indagata. I PM De Pasquale e Spadaro, che hanno sostenuto l’accusa nel processo ENI-Nigeria, conclusosi con l’assoluzione degli imputati da parte del Tribunale di Milano, su segnalazione di Storari risultano a loro volta indagati per aver omesso di produrre nel processo dichiarazioni e documenti che scagionavano gli accusati. Insomma un vero e proprio ingarbuglio…..
Sulla base delle leggi vigenti le attività delle procure, compresa la scelta di avviare un’indagine, rientrano nella discrezionalità dei procuratori capo ed è esclusa una competenza valutativa del CSM, cui spetta solo la funzione di controllo e vigilanza delle condotte dei magistrati sotto il profilo disciplinare. Edmondo Bruti Liberati, già presidente dell’ANM ed ex Procuratore della Repubblica di Milano, ha giudicato la vicenda dei verbali e delle presunte indagini frenate dal Procuratore Greco incomprensibile. Infatti a definire i rapporti tra CSM e uffici giudiziari è una circolare del 1994, che Bruti Liberati sostiene vada letta integralmente e non parzialmente, come ha fatto Davigo per giustificare il proprio operato. Il principio generale è che al CSM è precluso ogni intervento su indagini e processi e possono essere acquisiti elementi sui procedimenti penali in corso, anche coperti da segreto istruttorio, solo al ricorrere di questioni disciplinari, di incompatibilità ambientale dei magistrati o criticità organizzative degli uffici giudiziari. Alle procure spetta inoltre valutare se trasmettere subito o ritardare l’invio degli atti in base alle esigenze investigative, fermo l’obbligo della segretezza su quanto trasmesso. La circolare non prevede che tale attività possa essere svolta dai singoli consiglieri del CSM.
Intanto Piero Amara è stato nuovamente arrestato, questa volta nell’ambito di una indagine promossa dalla Procura di Potenza per aver corrotto l’ex Procuratore di Taranto Carlo Maria Capristo, il quale è sottoposto a obbligo di dimora.
Al di là di tecnicismi e formalismi giuridici, il tema vero è che la magistratura vive la più grave crisi nella storia della Repubblica, una crisi di credibilità, nel rapporto con la società e le altre istituzioni, e soprattutto di identità, che viene da lontano e che dovrebbe interrogare i magistrati sulle responsabilità individuali e collettive per linguaggi e comportamenti per lo meno imbarazzanti. In gioco ci sono l’equilibrio tra i poteri dello Stato e i diritti dei cittadini. Il CSM è ridotto ad una agenzia di bollinatura di decisioni prese altrove dalle correnti e spesso vengono promossi magistrati senza competenze ma con gli agganci giusti. In tal modo viene di fatto messa in discussione l’autonomia e l’indipendenza della magistratura e sottoposto a controllo l’esercizio dell’azione penale. È perciò urgente una riforma complessiva e di sistema. L’avvocatura propone la separazione delle carriere, che in questo momento potrebbe rivelarsi sfavorevole perché, a parte ogni altra implicazione, potrebbe moltiplicare i centri di spartizione dei posti anziché eliminarli. Istituire una corte disciplinare esterna al CSM, composta con i medesimi criteri della Corte Costituzionale, permetterebbe valutazioni dei magistrati più obiettive sotto il profilo disciplinare e l’applicazione di sanzioni fuori dagli scambi di favori tra correnti. Una nuova legge elettorale per il CSM potrebbe essere positiva se congegnata per scardinare il correntismo ed eleggere magistrati di prestigio e valore. Tuttavia è illusorio pensare che possa essere risolutiva: dal 1958 è stata cambiata sette volte senza grandi risultati. Se il Vicepresidente del CSM fosse scelto dal Presidente della Repubblica si eviterebbero patti preliminari tra candidati e esponenti di correnti e partiti che ne condizionano il funzionamento e inficiano l’autorevolezza. Soprattutto occorre il coraggio di proporre un modello di magistratura alternativo a quello burocratico e impiegatizio, che tutela a qualsiasi costo i giudici senza tener conto il più delle volte di capacità e professionalità. La perdita di credibilità può essere fermata solo se la magistratura riacquisterà una prospettiva istituzionale, superando l’attuale autorappresentazione corporativa, e la consapevolezza di essere al servizio della giustizia e non delle carriere dei singoli.