La nazionale di calcio a luglio ha sorpreso tutti vincendo il campionato europeo e ad agosto i nostri atleti hanno sbalordito alle Olimpiadi e alle Paraolimpiadi: nessuno è più veloce, salta più in alto e marcia meglio di noi al mondo. Tra i traguardi sportivi di questo anno straordinario mi piace citare anche l’impresa realizzata qualche giorno fa a Sezze dal ciclista setino Cristian Nardecchia, il quale ha stabilito il nuovo World Official Record di dislivello in bicicletta percorrendo una variazione di altitudine di 18.075 metri, pari a due volte l'altezza dell'Everest, in 22 ore, 18 minuti e 20 secondi, strappando letteralmente il primato al portoghese Tiago Ferreira, campione di cross-country marathon MTB, che lo scorso anno aveva stabilito il precedente record di 17.753 metri in 23 ore e 24 secondi. In un periodo particolarmente difficile per la vita collettiva a causa della pandemia e della crisi sociale ed economica, raggiungere così importanti traguardi sportivi ci ha fatto riscoprire l’orgoglio di un’appartenenza e rafforzati nella consapevolezza di possedere risorse, energie e talenti per risollevarci e guardare fiduciosi al futuro.
I presupposti di questi successi sono molteplici.
La serietà e lo spirito di sacrificio, la determinazione esistenziale ed etica, l’impegno e la professionalità, la capacità di soffrire e la voglia di vincere, unite ad una attenta programmazione si sono dimostrati la miscela giusta che ha permesso ai nostri atleti di primeggiare. Lo sport inoltre possiede una straordinaria capacità inclusiva, unisce senza pregiudizi e discriminazioni, considera la diversità di provenienza e culturale una ricchezza, un valore e un punto di forza, educa a lavorare fianco a fianco, in unità di intenti e soprattutto nel rispetto reciproco.
L’efficienza dimostrata dalle federazioni sportive è motivo di grande soddisfazione, nonostante difficoltà e ristrettezze economiche soprattutto per le discipline meno popolari, e ancor più per le insufficienti strutture dove praticarle sul territorio. Tuttavia non dobbiamo perdere di vista la necessità di introdurre cambiamenti nella mentalità, nei comportamenti individuali e collettivi e nelle scelte politiche se vogliamo tenere il passo con le altre nazioni e migliorare ulteriormente. È importante evidenziare come la stragrande maggioranza delle medaglie olimpiche sono state conquistate da atleti appartenenti ai gruppi sportivi di Esercito, Guardia di Finanza, Polizia di Stato e Carabinieri, che li hanno arruolati quando erano giovani promesse, hanno scommesso sul loro talento e messo a disposizione le strutture e le professionalità per consentire loro di allenarsi. Soprattutto hanno dato loro un posto di lavoro fisso, una sicurezza economica, una prospettiva esistenziale anche dopo la fine dell’attività agonistica, senza i quali probabilmente i loro talenti sarebbero rimasti inespressi. I risultati sono anche il frutto di un incontro virtuoso tra il ruolo pubblico e quello privato, principalmente familiare, oltre poi la proverbiale arte italica di arrangiarsi. Infatti durante i lunghi mesi di restrizioni per via della pandemia gli atleti non hanno smesso di allenarsi, di prepararsi, utilizzando spazi e strutture inconsuete come i parchi pubblici, la pista costruita all’interno del giardino della villa di un amico e i garage trasformati in palestre.
In Italia il calcio ha una posizione preminente, possiede strutture e mezzi non comparabili con quelli degli altri sport sia di squadra che individuali. Appassiona milioni di italiani e i ragazzi, fin da piccoli, guardano ai campioni, si identificano con loro, sognano di imitarli e di raggiungere i loro stessi traguardi. Le società programmano gli obiettivi sportivi e non a medio lungo termine, investono sui talenti potenziali ed emergenti, a partire dalle scuole calcio fino al livello professionistico, rimunerano i calciatori e sostengono economicamente anche le famiglie. È una vera e propria industria, con un indotto importante, che dà lavoro a tante persone e produce utili. La crisi economica costringerà a ridimensionare tanti assetti, ma il movimento è forte e la ristrutturazione, sebbene inevitabile, avrà effetti limitati.
Le olimpiadi ma anche i campionati europei e mondiali delle diverse discipline hanno il merito di accendere un faro, di richiamare l’attenzione su tante pratiche sportive, individuali o collettive, dall’atletica al nuoto, dalla pallacanestro alla scherma, che normalmente sono in ombra, sebbene vadano sempre più diffondendosi, riflettano in qualche misura l’evoluzione sociale ed economica del nostro paese e ci regalino grandi soddisfazioni. La verità è che mancano strategie a lungo termine, politiche pubbliche di sostegno concreto allo sport, attraverso la messa a disposizione di risorse significative o almeno adeguate, la realizzazione di strutture sull’intero territorio nazionale e soprattutto una azione sistematica di ricerca dei talenti a partire dalla scuola. È fin troppo facile entusiasmarsi per le medaglie conquistate, definire eroi i vincitori e non considerare che esse sono il punto di arrivo di un percorso difficile e di sacrifici spesso affrontati in solitudine dagli atleti e dalle loro famiglie.
Le politiche dello sport sono concentrate quasi esclusivamente sulla programmazione e realizzazione di grandi eventi, invece che sulle pratiche sportive ordinarie. È giusto pensare alla promozione turistico - sportiva ed economica dei territori, ma occorre rimettere al centro le persone, il loro benessere fisico, la qualità della vita. L’accesso alle discipline sportive deve essere garantito attraverso nuove forme di regolazione, di incentivazione e finanziamento per la realizzazione, la gestione e la manutenzione degli impianti sportivi. Nei nostri comuni abbiamo tanti campi di calcio e poche piste di atletica, l’attenzione alle attrezzature è scarsa, la spesa corrente e in conto capitale per lo sport è risibile se non inesistente, comunque non costituisce una priorità. È vero che spesso gli impianti sportivi sono cattedrali nel deserto, realizzati senza fondarsi su analisi e informazioni che ne giustifichino utilità e vantaggi, ma non dobbiamo dimenticare che essi rappresentano un’opportunità sia di aggregazione, sia di diffusione del benessere, sia di attivazione di processi virtuosi di trasformazione e rigenerazione urbana. Le riqualificazioni della città per mano pubblica non migliorano soltanto la qualità urbana, ma stimolano e favoriscono anche gli interventi degli operatori privati. La buona amministrazione passa attraverso la capacità di programmare lo sviluppo del territorio, innescando meccanismi di partecipazione e di sostegno al bene comune.