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La bestia, la gogna e l'ipocrisia

Ott 09, 2021 Scritto da 

 

 

 

Colui che mente a se stesso e dà ascolto alla propria menzogna arriva al punto di non saper distinguere la verità né dentro se stesso, né intorno a sé e, quindi, perde il rispetto per se stesso e per gli altri” (F. M. Dostoevskij – I Fratelli Karamazov).
 
Nella vicenda che ha visto coinvolto Luca Morisi, spin doctor di Matteo Salvini e ideatore della Bestia, la micidiale macchina dei social che ha determinato in questi ultimi anni la repentina ascesa politica della Lega, si intrecciano avvenimenti e personaggi che sembrano usciti più dalla penna di un romanziere che dalla cronaca giornalistica di una vicenda reale.
 
Un moderno Rasputin capace di un uso micidiale dei social. Una cascina avvolta nelle nebbie delle campagne del profondo Veneto, lontana da occhi indiscreti, eletta a luogo di incontri riservati a base di sesso a pagamento con ragazzi immigrati e droga. Il castello di menzogne ed ipocrisia che crolla e svela a tutti un grumo irrisolto di debolezze e miserie umane. Il Capitano che punta il suo dito accusatore contro certo giornalismo guardone, che spia le vite delle persone dal buco della serratura e distrugge carriere e reputazioni. Il novello convertito al garantismo biasima e censura le strumentalizzazioni di una politica a corto di argomenti, che sfrutta indagini giudiziarie ad orologeria, pronte a scattare ad ogni passaggio elettorale. Il perdono incondizionato, la vicinanza e la comprensione elargiti all’amico che ha sbagliato dal capo, il quale per l’occasione mette da parte faccia truce e parole sprezzanti riservate di solito a quanti si trovano nella medesima condizione. Si sa, l’amicizia è sacra e al sodale che sbaglia è giusto tendere la mano, aiutarlo a rialzarsi e risparmiargli la citofonata a casa per rivolgergli domande scomode o imbarazzanti.
 
I protagonisti della politica nostrana ci riservano sempre rappresentazioni originali, amano le polemiche stucchevoli, le usano come un velo che tutto copre, obnubila e travisa, spostando opportunamente l’attenzione su altro ed evitando così di dar conto dell’indifferentismo etico e del trasbordante narcisismo che li consuma. Coerenza di ragionamento e serietà di comportamenti sono merce rara.
 
Soffermarsi sulle fragilità umane di Luca Morisi, sulla sua difficoltà di esprimere liberamente e pienamente la propria identità sessuale, sull’uso di sostanze stupefanti sarebbe addentrarsi nella sfera della sua intimità, cedere ad inutili pruderie. Ogni persona è mistero, capolavoro irripetibile, impasto di grandezze e debolezze. Tuttavia la sua vicenda trascende il privato e investe la politica di cui è stato, fino a qualche settimana fa, indiscusso protagonista con la sua intelligenza e la sua spregiudicatezza nell’uso dei social, al servizio di un capopartito importante. La sua azione comunicativa ha influenzato fortemente l’elettorato, ha sconvolto e perfino distrutto tante vite, fatte bersaglio della macchina propagandistica e del fango di cui era responsabile.
 
Il lavoro sui social di Luca Morisi ha dato sostanza alla narrazione politica di Matteo Salvini mediante una propaganda martellante e un uso disinvolto dei temi, con prese di posizione strumentali e mutevoli a seconda delle convenienze, capace di attacchi violentissimi contro gli avversari politici, di offese personali particolarmente odiose soprattutto se rivolte contro le donne, di proporre selfie con i figli e di stigmatizzare la strumentalizzazione dei bambini per fini politici, di no urlati alla droga anche quando si tratta di un paio di canne, di evocare una giustizia avente il carattere della vendetta, della punizione esemplare, con tanto di palle di ferro da incatenare ai piedi dei delinquenti, fatta salva la presunzione di innocenza riconosciuta alla ristretta cerchia di amici e sodali. Come dimenticare le vergognose campagne contro Laura Boldrini, Ilaria Cucchi, Michela Murgia, vittime dei suoi pestaggi per nulla virtuali. In questi anni tremendi Luca Morisi ha costruito una potentissima e pericolosissima macchina di consenso e insieme di odio, tossica, subdolamente razzista, smaccatamente oscurantista, orgogliosamente populista e ferocemente giustizialista che ha ridotto la politica a scannatoio pubblico. Questa comunicazione fascinosa e sprezzante, feroce con i deboli e accondiscendente con i potenti, si è insinuata nel tessuto vivo del nostro paese, ne ha incattivito il sentire ed ha sdoganato un linguaggio violento, rendendolo un modo di relazionarsi comune.
 
All’improvviso però è caduta la maschera e Luca Morisi si è rivelato come colui che ha predicato alcune cose ed è stato sorpreso a fare l’opposto. Al netto degli esiti processuali e della presunzione di innocenza, il punto è che quando per anni usi certe armi per combattere ed affossare gli avversari, politici e non, il minimo che tu possa fare è di essere puro e non avere scheletri nell’armadio. Altrimenti rischi di essere travolto miseramente e di restare schiacciato dalla tua stessa ipocrisia. Personalmente non faccio sconti a Luca Morisi, non festeggio sul suo cadavere e non esprimo giudizi morali, mi limito a solo sottolineare la sua imbarazzante incoerenza.
 
Sicuramente ha ragione Umberto Galimberti quando afferma: “Il suo successo è dovuto proprio a una diffusione dell’ignoranza. In una società complessa, dove la gente fa fatica a orientarsi, chi offre una soluzione semplice e, magari a livello emotivo, inapplicabile, funziona. Ma funziona dove l’umanità è diventata gregge che, come dice Nietzsche, desidera l’animale-capo. È l’ignoranza che funziona. La domanda è: costoro sono all’altezza della politica che dovrebbe provvedere al bene comune o semplicemente si preoccupano di quante persone li seguono sui social? Questo è il problema grave”.
 
Sarebbe auspicabile che partiti e movimenti politici si interrogassero seriamente sulla loro identità e funzione nelle istituzioni e nella società, ripensassero radicalmente al modo aggressivo e violento attraverso cui troppo spesso veicolano i propri messaggi sui social, insomma che con Luca Morisi finissero non solo quello che lui ha rappresentato ma anche le varie Bestie che inquinano il tessuto vivo della società, affinché non si ripetano più simili esperienze da chiunque e da qualunque parte vengano.
Pubblicato in Riflessioni

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