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Il DDL Zan e i diritti negati

Nov 07, 2021 Scritto da 

 

 

Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi.
I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”.
(Art. 54 della Costituzione della Repubblica Italiana)
 
Nella seduta di mercoledì 27 ottobre 2021 l’aula del Senato ha votato a scrutinio segreto, autorizzato dalla Presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati, la richiesta di “non passare all’esame degli articoli” (chiamata anche “tagliola”) del disegno di legge contro l’omotransfobia, noto come “Ddl Zan”. Approvata in prima lettura dalla Camera dei Deputati, la proposta di legge puntava ad introdurre nel nostro paese una tutela contro le discriminazioni fondate su sesso, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità. Il voto favorevole della maggioranza dei senatori presenti ne interrompe l’iter parlamentare. In teoria i gruppi politici, a norma del regolamento del Senato, trascorsi sei mesi dal voto e perciò ad aprile del 2022, potrebbero chiedere di riprendere l’esame del progetto di legge in Commissione Giustizia. Tuttavia appare difficilissimo che a pochi mesi dalla fine della legislatura, fissata appunto nel 2023, ci siano i tempi necessari e soprattutto i partiti siano disponibili a raggiungere un’intesa su un tema tanto delicato e divisivo, ancor più che la scadenza elettorale imminente aumenterà la conflittualità tra gli opposti schieramenti, che punteranno a radicalizzare le posizioni per fidelizzarne le rispettive aree di consenso. Peraltro l’impossibilità di arrivare ad una approvazione della legge in questa legislatura è stata certificata dal senatore leghista Roberto Calderoli, che con il senatore di Fratelli d’Italia Ignazio La Russa ha avanzato la richiesta di non analizzare gli articoli, secondo il quale la votazione del 27 ottobre “affossa definitivamente il ddl Zan”.
 
La stessa aula del Senato che quattro anni fa, sia pure con differenti rapporti di forza tra i partiti rappresentati, non era riuscita ad approvare a fine legislatura la legge sullo jus culturae, ha dimostrato ancora una volta la propria indifferenza quando di tratta di legiferare per garantire i diritti civili e le libertà e tutelare l’integrità delle persone. La società civile va da una parte e il Parlamento, la politica politicante interessata solo a garantirsi le rendite di posizione, a far valere il proprio peso nelle spartizioni di posti e prebende e in questo specifico frangente impegnata a posizionarsi in vista dell’ormai imminente elezione del nuovo Presidente della Repubblica, va da tutt’altra parte. Le forze sovraniste hanno fatto dei diritti civili una questione identitaria e un terreno di scontro per affermare la propria visione ultraconservatrice della società, del tutto disconnessa dalla realtà delle relazioni personali, funzionali a rastrellare facili consensi alimentando le paure, la conflittualità e individuando nella diversità e nel pluralismo il nemico, mentre le forze democratiche e liberali sono manifestamente incapaci di assumere un ruolo guida nella battaglia per i diritti sociali, economici e civili, di far valere le loro buone ragioni perfino con la forza dei numeri e di far comprendere che il futuro si costruisce solo attraverso l’inclusione e l’accoglienza.
Ovviamente essere o non essere d’accordo con questa proposta di legge è legittimo. Nessuno pretende l’unanimismo o l’omologazione acritica delle posizioni politiche, particolarmente poi su tempi sensibili che toccano la coscienza individuale. Tuttavia a disgustare è l’esultanza e le urla sguaiate per il blocco di una legge, diretta a garantire pari diritti e non a riconoscere privilegi, da parte di quanti dovrebbero rappresentare i cittadini e hanno trasformato l’aula del Senato in una curva da stadio.
È difficile comprendere come ci si possa ergere a paladini della diseguaglianza, come si possa osteggiare una norma che tutela le vittime di violenza e intolleranza a causa dell’orientamento sessuale, del genere e della disabilità. Il no pronunciato a scrutinio segreto, che sottrae i singoli senatori all’assunzione della responsabilità per la propria scelta, rappresenta di fatto una legittimazione di quanti discriminano e aggrediscono gli altri perché gay, lesbiche, trans o disabili. In fondo perché complicarsi la vita con paroloni come disabilità, politiche attive per la parità uomo / donna, orientamento sessuale, identità di genere? Ancor più poi se trattasi di questioni che non ci toccano personalmente o riguardano comunque minoranze! Se per strada un adolescente viene picchiato perché a qualcuno non piace quello che è, come si veste, se cammina mano nella mano o si bacia con uno del suo stesso sesso, se le donne sono molestate e insultate perché considerate “femmine” a disposizione del branco o del maschio di turno, prede da accaparrarsi, se un disabile viene deriso per la sua condizione, chi se ne frega! A cosa serve fare una legge che punisce chi discrimina e usa violenza in nome di quello che una persona è?
Altro che libertà di espressione! Qui in gioco è la qualità della nostra democrazia, che si misura dal modo in cui le minoranze vengono tutelate. La maggioranza dei senatori ha scelto di voltare le spalle al diritto e alla giustizia e di fare in modo che il nostro paese continui ad essere il fanalino di coda dei diritti civili in Europa, al pari di Polonia ed Ungheria.
La Costituzione afferma che i cittadini chiamati a svolgere funzioni pubbliche debbono assolvere al proprio compito con disciplina e onore. Ebbene cosa c’è di onorevole in questa scelta e nell’esultanza dei nostri senatori? Nulla, solo un enorme disprezzo per i principi solennemente proclamati nella nostra Carta Costituzionale.      
Il risultato è che così si alimenta ulteriormente la sfiducia nella politica, viene gettato discredito e si delegittimano le istituzioni, viste sempre più come distanti dalla vita dei cittadini che si sentono traditi da quanti dovrebbero rappresentarne istanze e aspirazioni e la democrazia diventa più fragile.
La nostra sedicente classe politica dovrebbe interrogarsi e magari prendere coscienza che la crescente astensione dalla partecipazione al voto ad ogni passaggio elettorale e il disinteresse dei cittadini per la politica sono anche una reazione a tutto questo.
Forse è pretendere troppo o forse no…..
Pubblicato in Riflessioni

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