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No all'Europa dei muri

Nov 14, 2021 Scritto da 

 

 

Falsa indicazione

“Confine, diceva il cartello.
Cercai la dogana. Non c’era.
Non vidi, dietro il cancello,
ombra di terra straniera”. (Giorgio Caproni)

 

Dodici paesi dell’Unione Europea (Austria, Cipro, Danimarca, Grecia, Lituania, Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia e Repubblica Slovacca), hanno inviato qualche settimana fa una lettera alla Commissione di Bruxelles chiedendo alle istituzioni comunitarie di finanziare un sistema di protezione delle frontiere, dei muri, per impedire l’accesso ai migranti ed evitare di dover affrontare le conseguenze di un sovraccarico delle strutture e di un esaurimento della capacità di accoglienza. Sostengono che: “Queste soluzioni europee dovrebbero mirare a salvaguardare il sistema comune di asilo riducendo i fattori di attrazione (‘pull factors’)”. L’altro giorno il Cancelliere austriaco in una intervista a Repubblica ha ribadito questa posizione a favore della costruzione di muri alle froniere.        

Qualcosa di grave sta accadendo in Europa e finora è mancata una risposta veramente forte a questa visione allucinata e populista del mondo e delle relazioni tra i popoli.

In Europa sono ormai oltre mille i chilometri di recinzioni realizzate lungo i confini, che stanno trasformando gli stati in fortini: lasciano passare le merci ma sbattono la porta in faccia alle persone che fuggono da guerre, miseria, cambiamenti climatici. In molti paesi europei l’emergenza migranti è però solo una scusa per perseguire altri obiettivi, per limitare l’esercizio dei diritti civili e politici dei cittadini e imbavagliare l’informazione indipendente e non asservita al potere.

Ad iniziare è stata la Grecia, che nel 2013 ha realizzato un muro al confine con la Turchia per impedire l’arrivo dei profughi siriani che fuggivano dalla guerra civile. L‘Ungheria di Viktor Orban, emblema di sovranismo, identitarismo e nazionalismo tra i più deleteri e beceri, ha costruito una recinzione al confine con Serbia e Croazia per impedire il passaggio dei rifugiati. Una posizione estrema che ha avuto un effetto domino sull’intera regione. La Slovenia ha realizzato un muro per difendere la propria sovranità nazionale, la propria sicurezza e tutelarsi dall’invasione dell’islam. L’Austria ha eretto una barriera al confine con l’ex Stato iugoslavo. Nel 2017 la Bulgaria ha portato a termine un muro al confine con la Turchia per gli stessi motivi. Estonia, Lettonia e Lituania hanno costruito una recinzione al confine con la Russia per impedire l’accesso ai profughi siriani, afghani e iracheni, che seguono la rotta del Mar Nero. Un flusso assai scarso invero, tant’è che il reale obiettivo è impedire l’ingresso a tanti russi che carezzano il sogno di una libertà negata nel loro paese. Al di là della propaganda, della scusa dell’invasione dei migranti alcuni Paesi hanno colto l’occasione per prendere le distanze da vicini troppo ingombranti e da cui li dividono ostilità storicamente sedimentate. Dietro la difesa dei confini insomma vanno riprendendo fiato le logiche nazionali e nazionalistiche, c’è il tentativo di svincolarsi dall’Unione Europea, minandone le fondamenta ideali e culturali e mettendo in discussione le istituzioni comuni.

Costruire muri è una stupida illusione. I muri non proteggono e non proteggeranno le piccole patrie, le quali saranno erose internamente dalla crisi demografica e non riusciranno a fronteggiare la sfida della globalizzazione e di una economia controllata da giganti come la Cina. Una Europa che segue la strada del dominare gli spazi, più che generare processi d’inclusione e trasformazione, del trincerarsi nel proprio ristretto ambito, nega se stessa e la sua storia, che si è realizzata superando la logica dei muri, della difesa delle proprie coste, del proprio piccolo mondo ed esplorando l’ignoto, conquistando territori, commerciando prodotti, incontrando popoli e culture.

L’Europa di fronte al movimento migratorio, che spinge milioni di persone a ricercare lontano dai paesi d’origine il benessere loro negato e una vita migliore, rischia di farsi guidare dalla paura, da un allarmismo funzionale solo a logiche politiche deleterie e ad alimentare narrazioni falsificate della realtà. Gli stati devono garantire la sicurezza, sentiamo ripetere continuamente, ma “sicurezza” è una parola logora, abusata, piegata alla logica del potere. Si parla di diritto alla sicurezza e invece dovremmo parlare di sicurezza dei diritti per tutti. È la giustizia lo snodo fondamentale. La crescente diseguaglianza genera miseria ed emarginazione all’interno delle nostre società e nelle relazioni internazionali. La vera minaccia non sono i migranti ma l’individualismo, l’egoismo, malattie dell’io che ci fanno perdere il senso di umanità, ci rubano la speranza, la dignità e la libertà. Serve urgentemente una legge europea sull’immigrazione per aiutare i migranti nei loro paesi e da noi, politiche chiare per combattere il mercato degli esseri umani e la violenza perpetrata contro uomini, donne e bambini, per promuovere politiche di accoglienza condivise da tutti i paesi europei. Dobbiamo avere il coraggio di pronunciare parole di verità a cominciare dal fatto che gli stranieri non ci rubano affatto il lavoro, ma immettono aria fresca nelle nostre economie in declino e ci sostengono demograficamente. Dovremmo raccontare anche le storie riuscite di integrazione, non solo quanto accade di negativo. Se la cultura è decisiva per l’integrazione di chi viene in Europa, anche per noi europei sono necessarie cultura e informazione e non allarmismo.

Massimo Franco scrive nel suo libro L’Assedio: “Oscuramente, con fastidio, s’intuisce che c’è più speranza in quella disperata ricerca di futuro di chi anela all’Europa, che nei muri freschi di cemento e nelle barriere di filo spinato... La sindrome dell’assedio è solo il paraocchi per non vedere che il nostro continente è entrato non in un altro millennio ma in un’altra era”.

Abbiamo bisogno di nuove visioni politiche e consapevolezze e soprattutto di speranza. Occorre ritornare all’Europa dei padri fondatori, della carta costitutiva, del Trattato di Roma. L’Europa autentica è quella dell’inclusione, che non innalza muri, non chiude i porti, non respinge, non reprime e non marchia i reietti.

L’Europa dei sovranisti senza umanità non ci appartiene.

In questa Europa non ci riconosciamo e non ha da esistere. 

 

Pubblicato in Riflessioni
Ultima modifica il Domenica, 14 Novembre 2021 07:31 Letto 1033 volte

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