“Ogni uomo e donna è da rispettare, ha diritto di mangiare, a una casa, a un lavoro, e questo vale per ogni emarginato, emigrante, immigrato, profugo. Se non doniamo dignità e speranza non potrà mai esserci una giusta e corretta società. Abbiamo tutti il dovere di non alzare barriere, né muri” (Fratel Biagio Conti).
In questi giorni convulsi, ricchi di avvenimenti importanti, a Palermo si è spenta la voce di quanti non hanno voce, la luce che sottraeva dall’ombra gli ultimi, gli emarginati, i senza fissa dimora, gli sbandati, i clandestini, gli immigrati, i portatori di disagio mentale, i reietti, gli invisibili e i disprezzati.
La notizia della morte di fratel Biagio Conte si è incrociata con quella dell’arresto, sempre a Palermo, del boss Matteo Messina Denaro. Una vicenda criminale, di mafia e di sangue si conclude e si intreccia con la storia di un uomo capace di donare se stesso in modo totale e radicale, che invece non finirà mai. Una certezza questa che nasce dal messaggio potente di fratel Biagio, dai sentimenti forti che ha suscitato con la sua esistenza e le sue scelte, divenute seme di speranza e di futuro, innestate nel cuore delle persone che lo hanno incontrato e conosciuto.
Biagio Conte era un missionario laico, non un sacerdote, né un frate, semplicemente un cristiano autentico, che ad un certo punto della sua esistenza ha deciso di seguire Cristo in modo radicale, di incarnare il messaggio evangelico senza compromessi e mezze misure. Nasce a Palermo nel 1963. La sua è una ricca famiglia di costruttori edili e il suo destino sembra essere segnato. A sedici anni lascia la scuola e va a lavorare, a fianco del padre, nell’impresa di famiglia, la più grande di Palermo. Apparentemente possiede tutto quanto si possa desiderare, auto, vestiti firmati, ragazze. In realtà è insoddisfatto. I tanti beni materiali non lo appagano e dentro di sé avverte un crescente desiderio di completezza e realizzazione. Una profonda crisi spirituale imprime una svolta decisiva alla sua esistenza e si convince che deve cambiare radicalmente. Dopo un periodo di ritiro a vita eremitica, all’inizio degli anni ‘90 intraprende un lungo pellegrinaggio verso Assisi. Attraversa a piedi l’Italia per andare ad incontrare i frati francescani. Il messaggio e gli insegnamenti di San Francesco costituiscono un’esperienza spirituale fortissima.
Per qualche tempo di Biagio si perde ogni traccia e della sua scomparsa si occuperà anche il programma televisivo”Chi lo ha visto?”, cui i familiari si rivolgono per cercare di ritrovarlo. Viene rintracciato, accetta di tornare a Palermo, ma annuncia ai genitori di voler lasciare tutto e di consacrare la sua vita all’aiuto dei poveri. Desidera recarsi come missionario in Africa e comincia ad organizzare la propria partenza, quando accade l’imprevisto. Biagio si accorge che la sua città, Palermo, ha bisogno di lui. Apre i suoi occhi e il suo cuore ai poveri, agli ultimi, che in tanti soffrono a pochi passi da casa sua e comincia con il portare conforto ai senza tetto che occupano il porticato della stazione centrale. Durante le notti trascorse sotto i portici, in compagnia degli ultimi, comprende che deve fare qualcosa di concreto per loro. Non bastano le parole e la sua vicinanza personale. Battendosi ostinatamente con la forza della fede, della disobbedienza civile e del digiuno, ottiene dalle istituzioni cittadine alcuni locali in via Archirafi, dove con grande sacrificio e l’aiuto di tantissimi volontari, nel 1993, fonda la Missione di Speranza e Carità, dove dà riparo e sostentamento a circa 200 persone bisognose. Si dà tutto instancabilmente ai fratelli e alle sorelle, ma le fatiche gli causano lo schiacciamento di alcune vertebre, costringendolo per alcuni anni su una sedia a rotelle. Dopo un viaggio a Lourdes riesce miracolosamente a rimettersi in piedi e torna a combattere per strada, accanto ai suoi poveri. Nel 2018, dopo la morte di alcuni clochard per le strade di Palermo, inizia lo sciopero della fame e decide di andare a vivere in un cartone sotto il porticato del palazzo delle poste centrali. La sua protesta pacifica viene ricompensata con la concessione di alcuni spazi, in via Decollati, dove comincerà ad accogliere ed aiutare altri bisognosi.
Nel 2019 fratel Biagio si rimette in cammino. Percorre più di mille chilometri a piedi per raggiungere Strasburgo, dove consegna al Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, una lettera con la quale chiede che le istituzioni europee si impegnino attivamente e concretamente per realizzare una società giusta e stabile, che non lasci indietro i più deboli.
La Missione di Speranza e Carità rappresenta un punto di riferimento importante per Palermo, sostenendo i senzatetto con tre pasti al giorno, ospitando le donne in un ex convento, in cui vivono mamme con bambini, spesso vittime della tratta. Fratel Biagio, tra enormi difficoltà, quasi sempre nell’ombra, ha continuato ad occuparsi dei poveri della sua città fino all’ultimo giorno della sua vita in una pacifica guerra contro l’indifferenza, arma silenziosa in grado di uccidere lentamente.
Un piccolo, grande uomo, paragonato da alcuni al poverello d’Assisi, vestito di un saio logoro e dal sorriso disarmante disegnato sul volto, ha ridato speranza e dignità a coloro ai quali la vita ha riservato solo ferite e ingiurie: clochard, disoccupati, vagabondi, prostitute, alcolisti, ex detenuti, migranti. Lo ha fatto usando gli strumenti che la Chiesa conosce da sempre: il digiuno, la preghiera e la vicinanza agli ultimi, in tutto e per tutto. Non si è limitato all’assistenzialismo, donando un pasto caldo e vestiti, ma ha offerto a tutte le persone che ha incontrato un’occasione di riscatto, aiutandole a risollevarsi, a riacquistare autostima, ad acquisire competenze mediante la formazione, i laboratori di sartoria, la cucina e la coltivazione della terra.
“Rivolgo un grido disperato ma di speranza all’intera società, non possiamo rimanere inermi spettatori davanti alle tante difficoltà, sofferenze ed emarginazione” diceva e con la sua vita ci ha insegnato che se vogliamo costruire una società più giusta e felice ognuno deve fare la propria parte, alzando la voce quando serve, denunciando ciò che non va e operando concretamente nel quotidiano.
Fratel Biagio si è fatto prossimo degli ultimi, ha gioito, cantato e sofferto con loro, ha percorso la strada straordinaria dell’amore e della donazione, che noi persi nel buio di una notte che sembra non voler finire, abbiamo purtroppo smarrito.