Sui giornali da giorni domina la notizia della denuncia per stupro presentata contro Leonardo Apache La Russa, figlio del Presidente del Senato, da una ragazza milanese, la quale ha raccontato agli inquirenti che la mattina del 19 maggio, intorno a mezzogiorno, si è svegliata senza vestiti nel letto del giovane La Russa, che vive con i genitori in una abitazione nel centro di Milano. La ragazza ha riferito di non ricordare nulla, né la ragione per cui si trovasse lì, né cosa fosse accaduto quella notte, a parte quanto raccontatole da Leonardo Apache e precisamente di aver avuto un rapporto sessuale consensuale con lui e un suo amico, che aveva dormito nello stesso appartamento. L’incontro con il figlio del Presidente del Senato, che conosceva dai tempi del liceo, è avvenuto la sera del 18 maggio in una discoteca vicino a Piazza Duomo a Milano e la ragazza sarebbe entrata in uno stato di coscienza limitato dopo aver bevuto un drink, come anche confermato dalle testimonianze di alcune sue amiche. Lasciato l’appartamento in stato confusionale ed emotivamente provata, la giovane si è fatta visitare alla clinica Mangiagalli di Milano. I medici le hanno riscontrato una ecchimosi sul collo e una ferita sulla coscia. Gli esami clinici hanno rivelato tracce di cocaina e benzodiazepine nel suo sangue, ma nessuna di queste sostanze è in grado di produrre una perdita di coscienza tanto prolungata. Il 3 luglio ha sporto denuncia e sentita dai magistrati ha confermato le accuse. Sono stati interrogati dei testimoni, tra cui alcune sue amiche che erano con lei quella sera.
La macchina della giustizia ha le sue regole e i suoi tempi. Magistrati ed inquirenti devono poter svolgere il proprio lavoro, accertare i fatti penalmente rilevanti e le relative responsabilità. Di contro però essere accusati e sottoposti a indagine non significa essere colpevoli e aprioristicamente meritevoli di condanna. È un principio che vale per tutti, senza distinzioni.
Il Presidente del Senato, appreso che il figlio era indagato con l’accusa di violenza sessuale, ha dichiarato: “Dopo averlo a lungo interrogato ho la certezza che mio figlio Leonardo non abbia compiuto alcun atto penalmente rilevante. Conto sulla Procura della Repubblica verso cui, nella mia lunga attività professionale, ho sempre riposto fiducia, affinché faccia chiarezza con la maggiore celerità possibile per fugare ogni dubbio. Di sicuro lascia molti interrogativi una denuncia presentata dopo 40 giorni dall’avvocato estensore che occupa questo tempo per rimettere insieme i fatti. Lascia oggettivamente molti dubbi il racconto di una ragazza che, per sua stessa ammissione, aveva consumato cocaina prima di incontrare mio figlio. Un episodio di cui Leonardo non era a conoscenza. Una sostanza che lo stesso Leonardo sono certo non ha mai consumato in vita sua. Inoltre, incrociata al mattino, sia pur fuggevolmente da me e da mia moglie, la ragazza appariva assolutamente tranquilla. Altrettanto sicura è la forte reprimenda rivolta da me a mio figlio per aver portato in casa nostra una ragazza con cui non aveva un rapporto consolidato. Non mi sento di muovergli alcun altro rimprovero”. Cosa c’è di sbagliato in queste parole? Come padre istintivamente ha preso le difese del figlio. Il problema è che Ignazio La Russa ricopre la seconda carica dello Stato e avrebbe dovuto limitarsi ad esprimere fiducia nella magistratura, evitando di aggiungere altro per ragioni di opportunità istituzionale e non dare anche solo l’impressione di voler intimidire e fare pressioni.
Entrando nel merito della dichiarazione, le sue parole appaiono gravi.
Innanzitutto è inaccettabile anche solo lasciare intendere che una donna che denuncia una violenza, dopo aver fatto uso di stupefacenti, non sia credibile. Siamo in presenza di quella che viene definita vittimizzazione secondaria. Si cerca di minare la credibilità della donna che denuncia la violenza sessuale, basandosi sul tempo impiegato per presentarla o sull’eventuale assunzione di alcol o droghe, come se tali fatti ne facessero presumere automaticamente il consenso. L’idea che chi è “sotto effetto di sostanze” non è lucido per accusare ma lo è per dare il consenso è aberrante. Si incolpa la vittima che denuncia la violenza e non si pone l’attenzione sull’accusa e su chi è indagato. Proprio per questo genere di approccio e di parole tante donne non denunciano, temendo di non essere credute.
La convinzione personale di Ignazio La Russa che il figlio non abbia compiuto alcun atto penalmente rilevante, ovviamente non ha alcun riscontro e nessun valore per le indagini, ma carica la vicenda del giudizio non semplicemente di un padre ma di un uomo di potere. Qualificare poi l’accaduto alla stregua di una marachella è funzionale a minimizzare il ruolo del figlio e a gettare ancora una volta discredito sulla ragazza.
Il Presidente del Senato sostiene che suo figlio non ha mai fatto uso di cocaina: “ne sono certo”. Così facendo prende ancora una volta le distanze dalla ragazza, risultata positiva, e cerca di rimarcarne l’inaffidabilità. Tuttavia da importante avvocato quale è, sa bene che la legge stabilisce che se la presunta vittima è in stato di alterazione non è certo che abbia dato il consenso all’atto sessuale e ciò aggrava la posizione dell’accusato. Se la ragazza aveva assunto sostanze e Leonardo Apache invece no, le accuse contro di lui sono penalmente più gravi, perché era conscio della condizione di difficoltà in cui la ragazza si trovava e ne ha approfittato.
Ignazio La Russa, per sua stessa ammissione, è testimone primario dell’accaduto in quanto ha dichiarato che lui e sua moglie l’hanno incrociata quella mattina sia pur sfuggevolmente e che “la ragazza appariva assolutamente tranquilla”. Queste parole sono decisamente favorevoli alla difesa della ragazza. L’Avv. Stefano Benvenuto ha commentato: “Mi ha dato un grande assist: riconosce e conferma che la ragazza era in casa sua. Questo semplifica tutto, ora il Presidente del Senato è testimone primario di questo processo”.
Di fronte all’ennesima sgrammaticatura istituzionale di cui si è reso protagonista, Ignazio La Russa è stato costretto ad una parziale retromarcia: “Mi dispiace essere frainteso. Io non accuso nessuno e men che meno la ragazza. Semplicemente, da padre, credo a mio figlio”. È un recordman di fraintendimenti!
Ad ogni buon conto la magistratura stabilirà le eventuali responsabilità di Leonardo Apache La Russa, ma è evidente la totale inadeguatezza e mancanza di spessore istituzionale del Presidente del Senato a ricoprire tale ruolo.