“Non sa nulla e pensa di sapere tutto. Ciò indica chiaramente una propensione per la carriera politica” (George Bernard Shaw).
C’erano voluti fatica e un lavorio paziente, ma finalmente e in pompa magna era stato annunciato l’incombente, inesorabile ed inevitabile avvento dell’egemonia culturale della nuova destra. Finalmente sarebbe mutata la narrazione nel nostro Paese, sarebbe stato cancellato il pensiero unico della sinistra, da sempre dominante, e sarebbe stata abbattuta la dittatura del politicamente corretto.
Purtroppo il sogno si è infranto, è svanito per colpa proprio di quello che avrebbe dovuto essere il suo profetico architetto, il Ministro della Cultura, il quale con indiscutibile civetteria intellettuale aveva riscoperto Antonio Gramsci, fondatore del PCI, perseguitato dal fascismo e morto in prigione, e aveva tentato di ricalcarne, a novant’anni di distanza e in direzione esattamente opposta, la teoria dell’egemonia culturale, declinandola secondo un’interpretazione neo-destrorsa, conseguente al dominio, prodotto di consenso, convinzione e vicinanza da parte degli intellettuali organici al popolo-nazione.
È stato sufficiente che Gennaro Sangiuliano inanellasse una serie di svarioni culturali, storici e scientifici che il miraggio meloniano si dissolvesse in un baleno. Un disastro per la destra estrema, giunta al potere nel nostro Paese per via democratica, dopo i lunghi anni in cui era stata tenuta ai margini in quanto impresentabile, indecente e agli antipodi rispetto ai valori della Costituzione della Repubblica.
L’ultimo strafalcione del Ministro della Cultura, pronunciato sul palco taorminese di Taobuk, ha provocato un’onda di irrefrenabile ironia, social e non solo, e quando l’eco dell’infausta frase si è lentamente spenta sono rimaste solo le macerie.
“Colombo, sapete, non ipotizzava di scoprire un nuovo continente, ma voleva raggiungere le Indie circumnavigando la Terra sulla base delle teorie di Galileo Galilei” ha declamato il buon Ministro della Cultura nello sbigottimento generale dei presenti. Non si è trattato semplicemente dell’errore di una data, ma di qualcosa di più grave, di imperdonabili lacune nei campi della scienza, della filosofia e della storia d’Italia. Se fosse stato uno studente alla prova della maturità avrebbe meritato una bocciatura sonora e senza appello.
Quando Cristoforo Colombo salpò da Palos Galileo Galilei non era ancora nato, tutti sapevano già da mille e settecento anni che la Terra non era piatta e a contrapporre Galileo Galilei alla Chiesa non fu la sfericità del nostro pianeta, ma la teoria copernicana dell’universo: la Terra cioè gira intorno al Sole e non il contrario. Gennaro Sangiuliano è una celebrità per la capacità di inanellare gaffe, come quando ha piazzato Times Square a Londra invece che a New York, ha promesso, in diretta televisiva, di leggere i libri dei finalisti del Premio Strega pur avendo appena finito di votarli o ha arruolato Dante Alighieri tra le fila del suo partito, definendolo il fondatore del pensiero della destra. Tuttavia qui siamo in presenza dello svelarsi di un vuoto culturale senza fondo, un abisso autentico.
Indubbiamente uno degli aspetti più avvincenti e divertenti del governo Meloni è la sfida all’ultima stupidaggine tra Francesco Lollobrigida e Gennaro Sangiuliano, a chi la spara più grossa, una sorta di Gran Premio delle assurdità.
Non se la prenda la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ma il livello culturale del suo governo è decisamente imbarazzante. Il problema non sono le insulsaggini propugnate da ministri e autorevoli rappresentanti della maggioranza o l’ossimoro costituito da un Ministro della Cultura come Gennaro Sangiuliano, ma l’evanescenza culturale della destra al governo, i cui esponenti vorrebbero sostituire l’“egemonia culturale della sinistra” (frutto non di una imposizione da Minculpop ma della consapevole adesione della stragrande maggioranza degli intellettuali) con il nulla. Infatti quali sono le figure italiane culturalmente eminenti e collocabili a destra a parte Flaiano e Prezzolini? Dopo di loro cosa ha prodotto la destra italiana negli ultimi cinquant’anni, a parte i nomi “forti” di Barbareschi, Veneziani e Sgarbi? Marco Tarchi, Giordano Bruno Guerri o Franco Cardini, pur culturalmente collocabili a destra, non vengono neppure presi in considerazione perché “ingestibili” e poco controllabili e funzionali alla narrazione che si vorrebbe imporre.
A confermare il piattume culturale della destra al governo sta il fatto che molti suoi esponenti, a partire da Giorgia Meloni, probabilmente per darsi un tono, raccontano di adorare musicisti come De André, Gaber, Battiato e Guccini, lontani anni luce da loro per l’idea del mondo e delle relazioni che incarnano.
Il quadro complessivo che emerge è preoccupante, rivela che la logica politica seguita da molti esponenti della destra non è quella del tanto sbandierato merito, quanto piuttosto della capacità di fiutare l’aria e di schierarsi lestamente dalla parte dove tira il vento in quel momento. Davvero un pessimo esempio per chi si approccia alla politica e in generale per tutti i cittadini: per raggiungere ruoli e posizioni bisogna conoscere le persone giuste e non avere capacità e competenze e rispettare le regole.
La speranza è che i cittadini si rendano al più resto conto dell’inadeguatezza di questa classe politica a governare un paese complesso come l’Italia.