Gli USA sono il Paese che stila le graduatorie di democrazia e ha cercato di esportarla oltre i propri confini, ma ha una predisposizione alla violenza che non riesce ad estirpare, conseguenza anche del fatto che le armi possono essere acquistate liberamente da qualsiasi cittadino maggiorenne e sono facilmente accessibili anche ai minorenni all’interno delle cerchie familiari.
Attentati e stragi nella “Land of Free” sono frequenti, ma l’elemento più allarmante è la crescente tendenza a mischiare politica e violenza.
I colpi esplosi contro Donald Trump durante il suo comizio a Butler, in Pennsylvania, da un ventenne sono la conferma di un contesto culturale, sociale e politico dominato da una pericolosa radicalizzazione che ha raggiunto livelli di guardia, anzi sotto molti aspetti li ha ampiamente superati.
Se consideriamo quanto avvenuto negli ultimi anni, possiamo constatare che i pozzi del confronto democratico negli USA sono avvelenati da tempo. Si tratta di un veleno che ha contaminato la dialettica politica e trasformato la contrapposizione di idee e programmi nella delegittimazione reciproca dei suoi protagonisti e di conseguenza delle stesse istituzioni. La violenza all’interno del confronto politico non è più un fenomeno occasionale, come accaduto in passato, tanto che ne sono rimaste vittime numerose figure politiche di rilievo di ogni schieramento, come la deputata democratica dell’Arizona Gabby Giffords, il deputato repubblicano della Louisiana Steve Scalise e il marito dell’allora Speaker della camera Nancy Pelosi.
La contrapposizione violenta rappresenta il brodo di coltura ideale dunque su cui si è innestato l’attentato a Trump e paradossalmente si è ritorta proprio contro la figura che negli ultimi anni, più di ogni altra, ha incarnato ed esasperato i conflitti ed ha contribuito al degrado del dibattito pubblico e del confronto politico. Infatti dal momento in cui ha deciso di impegnarsi in politica Trump ha dispiegato senza sosta una violenza verbale inaudita, attaccando in maniera gretta ed esasperata ogni avversario gli si parasse innanzi. Basti pensare che si è reso protagonista, nei mesi successivi al voto per le presidenziali del 2020, del gravissimo tentativo di eversione dell’ordine costituzionale, cercando di impedire la validazione del risultato elettorale e la pacifica transizione dei poteri, culminato in una delle giornate più buie per la democrazia americana con l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021.
Se anche nel campo democratico sono innegabili le responsabilità, non fosse altro perché il partito dell’asinello non si è sottratto al processo di radicale polarizzazione e anche i suoi esponenti hanno fatto spesso ricorso all’arma della delegittimazione degli avversari, trasformati in nemici esistenziali e non in semplici portatori di progettualità alternative, con le inevitabili conseguenze rispetto all’efficienza dell’azione di governo e alla qualità del confronto politico, è pur vero che questa tendenza è stata più marcata a destra, per effetto di una maggiore omogeneità demografica e ideologica dei repubblicani rispetto ai democratici.
Tuttavia affermare che Trump sia causa del suo stesso male, dell’attentato subito, sarebbe profondamente sbagliato e dimostrerebbe un approccio pressappochista ad una realtà più complessa. La verità va oltre la contingenza di un episodio sia pure assai grave.
Infatti occorre tenere conto dei profondi mutamenti intervenuti all’interno della società e del venir meno di punti di riferimento e sicurezze. La politica ha preso a coinvolgere tanti che per anni l’hanno vissuta in modo passivo, interessandosene a malapena, i quali oggi sono mossi dall’esigenza di proteggere se stessi e i propri interessi e sono costretti a misurarsi con un mercato sempre più ampio e competitivo e con una crescente incertezza rispetto al futuro.
I media hanno smesso di offrire un’informazione di livello, il più possibile obiettiva, spesso sacrificano la verità al profitto, anche a costo di acuire i conflitti sociali. Un ruolo decisivo lo hanno poi l’uso scorretto della rete e dei social.
L’esacerbazione della lotta politica anziché la ricerca del dialogo costruttivo e delle migliori soluzioni, dello scambio di idee e del convincimento, la contrapposizione tra quelli “che godono” e quelli “che rosicano” aiutano a racimolare facili consensi ma finiscono per ingrossare il numero delle persone convinte che la legge giusta è quella del più forte.
È indispensabile lavorare tutti per il consolidamento delle istituzioni democratiche, ripensare il ruolo di noi cittadini e dei leader politici, quali rappresentanti e guide dell’intera comunità, promuovere la cultura del dialogo e del rispetto reciproco, contrastare la diffusione dell’odio e della violenza che sono un pericolo esiziale per la democrazia e costruire una società in cui le divergenze di opinione siano considerate una risorsa e non una minaccia da reprimere brutalmente e senza mezze misure.